Il concorso di Berlino verso il gran finale con L'ivresse du pouvoir, lo spietato film di Chabrol sulla forza corruttrice del potere e l'attualissimo tema dei rapporti fra giustizia e concentrazioni economiche. Gelida e straordinaria protagonista della vicenda è Isabelle Huppert, qui alla sua settima collaborazione col regista francese, insieme al quale ha già vinto due volte la Palma d'Oro a Cannes. L'attrice de La pianista è per l'occasione un inflessibile giudice alle prese con un caso di corruzione e appropriazione di fondi pubblici, che coinvolge un grande gruppo finanziario. Soprannominata "il pirana" per la sua tenacia e incorruttibilità, la donna si trova a sperimentare in prima persona la forza degli interessi che è andata a toccare. Minacce e sabotaggi da parte delle stesse istituzioni costellano così la sua inchiesta, accompagnando la tagliente ironia che Chabrol affida ai dialoghi. Come rivela il titolo francese, oggetto principale del film è l'"ebbrezza" che può indurre il potere. "Quello che mi interessava - spiega il regista - era illustrare le dinamiche che è in grado di innescare nelle persone. Una forza quasi irresistibile, a cui finisce per cedere la stessa protagonista". Al di là della denuncia della corruzione dei vertici finanziari e politici, ad attrarre il regista è stata infatti la graduale consapevolezza che matura nel personaggio di Isabelle Huppert: "Quanto le accade nel corso dell'indagine - spiega - è rendersi progressivamente conto del prezzo che anche per lei il potere comporta. La sua relazione va a rotoli, la vita privata diventa un inferno". Sempre attraverso la sua vicenda, emerge poi un altro dei temi portanti del film: "Il caso del giudice è emblematico - dice Chabrol -: icona dell'esercizio del potere, si scontra con una serie di circostanze che dimostrano poi di fatto quanto limitata sia questa sua facoltà". Nonostante i chiari riferimenti alla realtà, e al cosiddetto "Affaire Elf", Chabrol dice di aver voluto evitare una precisa contestualizzazione. "Ancorare il film a circostanze chiaramente riconoscibili avrebbe significato limitarne il respiro. Fatti e personaggi della mia storia sono invece archetipi ed evitare riferimenti precisi ne incrementa il potenziale evocativo". D'accordo con l'interpretazione di Chabrol è anche Isabelle Huppert. "Leggo i suoi copioni perché devo - dice -, ma ormai accetterei di partecipare ai suoi anche a scatola chiusa. In questo caso a colpirmi è stata la parabola del personaggio. A differenza di tanti miei altri ruoli, non si tratta soltanto di una donna forte, ma di una persona costretta a confrontarsi con i limiti e le implicazioni del potere che esercita". Le stesse, scherza, con cui è costretto a fare i conti Chabrol sul set: "E' un regista che tiene sempre il film in pugno, ma è tutt'altro che un dittatore. La sua bravura è tutta nell'esercitare la sua autorità senza mai farne sentire il peso".