Rom, non scolarizzata e ragazza madre. La vita di Pamela (la brava Alina Serban) non è facile a Gălbinași, un piccolo villaggio innevato della Romania. Desiderosa di cambiare il suo destino e soprattutto quello di sua figlia, la ragazza partirà alla volta del Belgio, con un bagaglio di sole tre parole di francese (amour, merci e pizza!) pronta ad incontrare un uomo conosciuto tramite un’agenzia matrimoniale. Nella testa poche richieste: “che sia pulito, che si faccia la doccia e che sia gentile” e un solo desiderio: “Voglio che mi ami. Anche io lo amerò”.

Ci racconta questa storia la regista romena Marta Bergman nel film Sola al mio matrimonio, che uscirà al cinema il 5 marzo distribuito da Cineclub Internazionale. “E’ in continuità con i miei precedenti documentari che ho realizzato in Romania. Avevo già girato alcune cose in villaggi simili a quello dove vive Pamela, ma questa volta ho sentito anche il desiderio di fare una storia più romanzata perché volevo che lei fosse un’eroina”, dice la regista.

Il suo primo lungometraggio di finzione torna comunque ad affrontare un tema a lei caro come quello delle comunità rom, raccontando anche “una sorta di discriminazione e marginalizzazione nei confronti della comunità rom nella Romania”.

Ad interpretare Pamela è Alina Serban, un’attrice teatrale al suo primo ruolo cinematografico, attivista della causa rom (“ha scritto tante pièce su questo tema”). “Appena è entrata nella stanza per fare il provino non avevo dubbi che sarebbe stata lei- racconta la regista-. Indipendente, istintiva, estroversa, generosa, ha reso il personaggio pieno di sfumature e complessità”. Al suo fianco vi è l’attore Tom Vermier, qui nel ruolo di Bruno, il belga in cerca di moglie, un uomo timido e introverso, che nonostante questo importante arrivo nella sua vita non prende neanche un giorno di ferie per stare con lei e non rinuncia mai alle sue abitudini. Nel cast anche tanti attori non professionisti “per rendere tutto il più vero possibile”.

Ma tante donne si rivolgono a queste agenzie matrimoniali? “Sì, perché molte vogliono trovare marito in altri paesi. E poi si sentono più garantite da queste agenzie, si fidano di più, e le preferiscono a Internet e ai siti d’incontri”, dice Marta Bergman, che di donne in questa situazione ne ha conosciute diverse: “In Transilvania e nei dintorni di Bucarest ho incontrato molte ragazze che a sedici anni devono smettere di studiare perché si devono occupare dei propri fratellini o, in quelle rom più tradizionali, si devono sposare a quattordici anni. Molte quindi desiderano andare fuori per studiare e anche non sposare un uomo che venga dalle loro parti. Spesso partono per trovare marito lasciando più di un figlio”.

Presentato nella sezione ACID al Festival di Cannes, il film è stato acclamato a numerosi festival internazionali, tra cui il Rome Independent Film Festival, dove ha ricevuto la Menzione Speciale della Giuria e il premio alla protagonista Alina Serban come miglior attrice. “Un film che è anche sull’emancipazione di Pamela, di Bruno e anche di Marion, che è l’amico al quale lei lascia sua figlia. Sono personaggi che cambiano e si evolvono a contatto l’uno dell’altro”, conclude Marta Bergman.