Nessuno aveva mai fatto un film su Mario Capecchi, premio Nobel per la medicina nel 2007. Ci ha pensato Roberto Faenza con il suo Hill of Vision, co-sceneggiato insieme a David Gleeson, in uscita il 16 giugno distribuito da Altre Storie. La storia di quest’uomo merita davvero di essere raccontata perché, come sottolinea il regista, “è una lezione di vita emblematica”.

Seconda guerra mondiale. Mario (Lorenzo Ciamei da piccolo e poi Jake Donald-Crookes) ha quattro anni quando sua madre Lucy (Laura Haddock), americana, viene arrestata dai nazifascisti e deportata in un campo di concentramento. Lui trascorre l’infanzia per strada vivendo di espedienti. Finita la guerra, Mario e la madre miracolosamente si ritrovano e cominciano una nuova vita in America presso la comunità Quacchera “Hill of Vision”. Il ragazzo ha difficoltà a inserirsi a scuola e nel nuovo contesto, ma gli zii lo aiuteranno.

“Quando arrivò in America Mario era completamente analfabeta e non conosceva una parola di inglese. Ebbe la fortuna di incontrare i suoi zii quaccheri: loro capirono che quel bambino aveva un motore dentro di sé e gli diedero un’iniezione di fiducia”, dice Faenza, che ha deciso di raccontare solamente l’infanzia di Mario, e precisamente il periodo che va dai quattro agli undici anni. “Lui stesso mi disse che era l’unico periodo che meritava di essere raccontato - prosegue -. Per me era importante parlare di quel che lui era stato da bambino e di come era riuscito a farcela. È una storia di speranza per i ragazzi di oggi, che spesso sono soli, e spero che circoli nelle scuole”.

Aspettando (e sperando) che lo vedano tanti giovani, intanto il diretto interessato, ovvero Mario Capecchi, l’ha visto? “Sì, e ha pianto tutto il tempo”, risponde Faenza. E poi aggiunge: “Mi ha detto che era la prima volta che qualcuno gli restituiva qualcosa. Lo ha molto commosso vedere il suo rapporto con la madre. È stata per tutta la vita la sua croce e ha ancora un cassetto con dentro tante sue lettere mai aperte. Il suo ricordo più brutto è quello del padre, mentre il più bello è stato quando ha ritrovato la madre che l’aveva data per dispersa”.

Ed Elda Ferri, moglie di Faenza e produttrice del film, aggiunge: “Fare questo film è stata una lunga impresa. L’idea è nata casualmente perché in un ambulatorio lessi che Mario Capecchi aveva regalato al museo di Kyoto il suo cappello. Per lui era una specie di coperta di Linus perché glielo aveva donato sua madre dopo essere stata nel campo di concentramento. Questa storia mi incuriosì molto”.

Il film, girato su un altopiano vicino Bolzano dove è stata ricostruita un’America davvero credibile grazie anche all’aiuto della Film Commission dell’Alto Adige, vanta un cast internazionale con Laura Haddock, Edward Holcroft, Elisa Lasowski, Rosa Diletta Rossi e la partecipazione di Francesco Montanari. Un cast composto anche da tanti bambini (oltre al piccolo Mario). “A differenza di De Sica penso che la cosa più semplice sia lavorare con i ragazzi- precisa il regista-. Basta ovviamente trovare quelli giusti. Gli adulti chiedono, i bambini eseguono. Certo ci sono anche quelli che fanno le bizze: per esempio un bambino non voleva mettersi i vestiti dei vagabondi e alla fine ho dovuto scartarlo”.

Nel film ha collaborato anche la costumista Premio Oscar Milena Canonero. “Prima cerco di capire che tipo di film vuole fare il regista e poi penso ai costumi. Da anni ho un rapporto d’amicizia con Roberto ed Elda. Ho tanto piacere a lavorare con loro e mi piacciono i loro soggetti perché li trovo davvero interessanti. La storia di questo ragazzino mi ha profondamente colpita. Suo zio ha inventato la televisione, e questo non è neanche raccontato nel film, si potrebbe davvero pensare a un sequel”.

In attesa (chissà) di un possibile sequel sull’incredibile storia di Mario Capecchi intanto Roberto Faenza e Elda Ferri stanno già lavorando insieme al loro prossimo progetto: un film tv su Alda Merini: “Ce lo ha proposto la nuova direzione di Rai Fiction. La conoscevamo poco. Abbiamo scoperto le sue poesie. È stata una figura leggera, ironica, spiritosa, una delle poche persone che ha sconfitto il sistema manicomiale. Alda Merini sarà interpretata da Monica Guerritore”.