“E' stato un anno in salita, abbiamo avuto una riduzione di bugdet ma la fiducia del Comune di Milano ci è stata confermata. L'appoggio dell'Assessore Stefano Boeri è stato fondamentale. Il Ministero, invece, ha aumentato leggermente il contributo rispetto agli anni precedenti, non come qualcuno ha letto impropriamente su alcuni giornali”. Hanno commentato così Alessandro Beretta e Vincenzo Rossini i rumours dei giorni scorsi alla serata di inaugurazione del Milano Film Festival, ieri sera al Teatro Strehler. Sarà anche stato tagliato il budget, ma l'aperitivo era gratuito e i grossi progetti sono stati realizzati comunque. “Anche quest'anno - continuano i due curatori -  siamo riusciti ad avere una Casa dei registi, abbiano attivato in zona palestro uno spazio, non aperto al pubblico, che di sera si animerà per i 45 registi ospiti, in cui soggiorneranno e potranno scambiarsi idee e progetti”.
La prima serata della kermesse è stata aperta dal lungometraggio in concorso La Playa D. C., opera d'esordio del colombiano Juan Andrés Arango, presentata a Cannes nella sezione Un Certain Regard. Un'escursione tra le strade di Bogotà, una giungla d'asfalto, grigia, caotica e violenta, un groviglio di stradine tra lamiere e cemento circondato da verdi colline lussureggianti. La Playa D. C. del titolo è il nome ironicamente attribuito al barrio della periferia suburbana abitato dalla comunità afro-colombiana dove vive Tomas (Luis Carlos Guevara), tredicenne trasferitosi in città dalla costa pacifica. Dopo essere stato cacciato di casa dal nuovo convivente della madre, Tomas decide di andare alla ricerca di un lavoro e dei suoi fratelli, il maggiore Chaco (James Solis), tornato in Colombia dal nordamerica, e Jairo (Andrés Murillo), il minore, crack dipendente con un grosso debito con gli spacciatori. Tomas scopre di poter sfruttare il suo talento artistico per fare il barbiere realizzando acconciature con disegni, las “Tropas” (usate dagli schiavi per disegnare le mappe del luogo per la fuga) e tentare così di salvare il proprio futuro.
“Il protagonista - rivela il regista - è un ragazzo della costa pacifica che ha vissuto a Bogotà per 8 anni, quando abbiamo girato il film ne aveva 16, non è un attore professionista. Abbiamo fatto un casting nella comunità afro-colombiana e ho scelto lui perché aveva una storia simile a quella di Tomas, faceva parte di quegli sfollati che hanno dovuto lasciare la costa pacifica, in mano ai narcos, ed emigrare verso le grandi città”. Juan Andrés Arango ci porta nelle viscere della città. Con la camera sulle spalle del protagonista, lo pedina attraverso i vicoli tortuosi al ritmo di rap autoctono e reggaeton.  “Negli ultimi 10 anni - continua Arango - la città e cambiata: è storicamente bianca, ma con i flussi migratori hanno introdotto una nuova cultura, nonostante la città si sia opposta. Ho impiegato 5 anni a preparare il film e un mese di riprese. Per due anni sono stato a contatto con i teenager della comunità afro-colombiana di Bogotà, ho fatto interviste e ascoltato le loro storie perché volevo fare un ritratto il più possibile veritiero di questo gruppo sociale emarginato in cui la criminalità è la prima scelta di vita”. La Playa D. C. è una storia di lotta, resistenza paziente e redenzione, iniziazione e libertà: “Molti ragazzi spendono tutte le loro energie per reinventarsi, e nel finale infatti ho voluto riportare un messaggio di speranza”.
Il film uscirà in Colombia il mese prossimo e verrà distribuito in Francia e in Canada.