“L'illuminazione l'ho avuta su un aereo, 13 ore di volo: dopo Il gemello, sentivo l'urgenza di un altro film, e ho deciso di concentrarmi su un amministratore di condominio. Da sempre sono attento alla realtà, e quando giro a Napoli, la mia città, parto dai luoghi: lo stadio (Estranei alla massa, 2001), il tribunale (L'udienza è aperta, 2006), Bagnoli (Il grande progetto, 2008), il carcere (Il gemello, 2012). Il luogo prorompente del Paese oggi è la casa, quella dei ricchi e quella dei poveri, e l'amministratore è stato il mio Caronte”.
Così il regista Vincenzo Marra presenta L'amministratore, che apre il concorso CinemaXXI dell'ottavo festival di Roma inquadrando il quotidiano di Umberto Montella, amministratore di numerosi condomini nella città partenopea, focalizzandosi su quattro storie seguite in due riprese, nelle settimane prenatalizie e a luglio, e trovando “un'evoluzione esponenziale, perché la vita di queste persone è cambiata sensibilmente”: due fratelli e una villa da milioni di euro nell'altolocato Posillipo; due signore che litigano in un condominio al Vomero, quartiere medio-borghese; due vecchi nella Napoli storica del centrale Sanità; una signora  e l'anziana madre nella degradata periferia di San Giovanni a Teduccio, vicino a Scampia.
“Quattro microcosmi che raccontano un universo”, ma prima per trovare Montella è stato necessario un casting di oltre 100 amministratori, ma “quando sono entrato nel suo ufficio – ricorda Marra, anche protagonista a CinemaXXI di una retrospettiva – è scattata la scintilla, qualcosa s'è mosso nel mio stomaco, forse i ferri del mestiere, e ci siamo artisticamente fidanzati: l'importante che lui, come le due figlie e il collaboratore Bruno del suo nucleo di lavoro, accettassero la sfida senza alcuna preclusione, e così è stato”.L'avvocato Umberto, prosegue Marra, è “un eroe positivo, dimostra una grande solidarietà con un esercito di persone in grande difficoltà per la crisi. Due dei palazzi che vediamo nel documentario oggi stanno crollando, ed è una metafora del Paese intero: sono partito dall'IMU, ho cercato di entrare nelle case per essere aderente alla realtà e col mio Caronte sono arrivato all'Italia che va a pezzi”.
“Dopo un po' – interviene Montella – non ho e non abbiamo più sentito la presenza di Vincenzo e della troupe, e nemmeno i miei clienti l'hanno avvertita: quando qualche mattina Marra e gli altri arrivavano in ritardo, addirittura, ne sentivamo la mancanza, quando camminavo per strada mi ero abituato a essere accompagnato dai miei angeli custodi. E pensare che all'inizio credevo volessero solo informazioni sul mio lavoro, mai avrei immaginato di ritrovarmi in un film: non l'ho ancora visto, ma di certo Marra è un professionista, sa quel che vuole e come averlo, la sua non è stata un'invasione barbarica, non ha scatenato alcuna riottosità”.
Se spesso nel film, prodotto da Gianluca Arcopinto, Montella dà l'illusione di essere per presenza scenica ed eleganza un altro Toni Servillo, il rimando alla dimensione attoriale non è peregrino: “Sì, sono anch'io un attore, nel senso che per fare l'amministratore devi essere duttile: non puoi parlare e relazionarti nella stessa maniera con un professionista colto e chi fino al giorno prima ha fatto al vita o non sa nemmeno firmare”.