"Difficile dire che sceglierò. Sarò presidentessa di giuria come sono attrice, ovvero eclettica, curiosa e aperta". Parola di Madame Isabelle Huppert, chiamata da Gilles Jacob e Thierry Fremaux a guidare la giuria del 62° Festival di Cannes. Sulla Croisette, la Huppert vanta ben 25 presenze in varie vesti, incluse quelle di membro della giuria e maestro di cerimonia, ha vinto due volte il premio di migliore attrice (nel 1978 per Violette Nozière di Claude Chabrol e nel 2001 per La pianista di Michael Haneke), e dell'impegno da giurata eccellente dice che "Cannes è la porta aperta a tutte le nuove idee del mondo: mi entusiasma l'idea di essere una spettatrice privilegiata".
Dopo il "muscolare" Sean Penn del 2008, è il secondo anno consecutivo che un attore presiede la giuria, ma quali scelte è lecito aspettarsi dalla Huppert?Nata a Parigi il 16 marzo 1955, esordiente al cinema nel ‘72 con Faustine et le bel été, battezzata a Hollywood da Michael Cimino nello sfortunato I cancelli del cielo (1980), in carnet collaborazioni eccellenti con Tavernier, Godard, Losey e Ferreri, due Coppe Volpi (nel 1988 per Un affare di donne e nel ‘95 per Il buio nella mente, entrambi di Chabrol) e un Leone Speciale (nel 2005, "per il suo straordinario contributo dato al cinema") a Venezia, la Huppert è oggi una delle stelle - se non la stella - del cinema internazionale di qualità, ma alla vigilia se le chiedi a chi andranno le sue preferenze di giurata, Madame dribbla e si trincera dietro un "delicato parlare di categorie: anche quella di cinema d'autore, che ho sempre difeso, va maneggiata con cura. Quella tra opere alte e film commerciali, non sempre è opposizione: pensate a Fellini, un autore che ha vinto 5 Oscar. In realtà, esistono solo buoni film".
Di certo, la Huppert privilegerà "le residue utopie nel cinema" e un occhio di riguardo l'avrà per colleghi e colleghe, che invita a un'assoluta libertà d'azione: "Un film è come una rapina, l'attore ha solo diritti, e nessun vincolo. Può decidere di occupare il salotto e la sala da pranzo, anziché restarsene in cucina o in soffitta: l'occupazione degli spazi è una metafora molto utile per il nostro lavoro". Se, come copione impone, non è decoroso per un presidente di giuria sbilanciarsi oltre, proviamo noi ad azzardare qualche favore dei pronostici, partendo dalle colleghe che a Cannes abbiamo visto sull'orlo - e oltre - di una crisi di nervi.
La contorta Pianista di Haneke, tormentata Gabrielle di Chereau e madre-non madre di Home dovrebbe guardare con empatia alla disperata Charlotte Gainsbourg, vittima dell'Antichrist misogino di Von Trier, ma nemmeno dovrebbe rimanere impassibile di fronte alla Ida Dalser di Giovanna Mezzogiorno, sedotta e abbandonata dal Duce nell'ottima prova per Vincere di Bellocchio. Se Vincere, con Looking for Eric di Ken Loach e, perche' no, pure Les herbes folles di Resnais, sono papabili anche per la Palma al miglior film (soprattutto se la giuria dovesse spaccarsi), come togliere dal cuore di Isabelle il "suo" Michael Haneke, sulla Croisette con il Das weiße Band, che passa questa sera per la stampa? Oppure, Madame sarà "aperta" a tal punto da preferire gli Inglourious Basterds di Tarantino, a partire dallo straordinario Christoph Waltz, SS tutto arguzia e dialettica?