"La vendetta ti rende più bella e insieme più mostruosa". Così Jodie Foster, protagonista e produttrice de Il buio nell'anima (The Brave One) di Neil Jordan, che esce il 28 settembre in 250 sale italiane distribuito da Warner Bros.. In conferenza stampa con la Foster, che nel film interpreta Erica Bain, giovane donna prima vittima e poi carnefice a mano armata, il co-protagonista Terrence Howard (il detective della polizia di New York Sean Mercer) e Jordan, è la produttrice Susan Downey a presentare il film: "E' una fusione di thriller e character study. Abbiamo cercato di capire quali siano le trasformazioni dei personaggi, l'evoluzione di chi viene colpito dalla violenza, una violenza che può corrompere chiunque". "Per 3-4 mesi - prosegue Jordan - abbiamo girato New York alla ricerca di luoghi insoliti, perchè la città divenisse il set esistenziale di questo dramma di vendetta. Senza tracciare alcun parallelo politico, ho riflettuto sul bisogno americano di - e fascinazione per - violenza e vendetta". Per la Foster, che pure nega relazioni particolari tra questo ruolo e quello in Sotto accusa (che nel 1988 le valse un Oscar), "in Sotto accusa era utilizzata per trovare voce nel sistema legale, qui invece la rabbia di Erica si rivolta all'interno". Sul finale ambiguo di The Brave One, che ovviamente non sveleremo, regista e attori fanno fronte comune: "Tre - dice Jordan - erano le opzioni possibili: che Erica venisse punita; che Sean morisse a causa delle azioni di lei e quello effettivamente girato, su cui non ho mai avuto dubbi". E prosegue: "Revenge is in the air (La vendetta è nell'aria, NdR), ma molte persone la fanno franca, guardate Tony Blair...". Se ai due figli di 6 e 10 anni il film non lo farà vedere, mamma Jodie dice di "non essere mai stata in disaccordo sul finale: Erica ha un profondissimo senso di tristezza: avrebbe voluto essere punita da Sean, invece va avanti fino a trasformarsi in un'estranea". Le fa eco, Terrence Howard: "Il film inquadra la vita e le sue conseguenze, che sono assolutamente imprevedibili. Neanche il mio personaggio sa come potrà comportarsi, ma è un film degno di essere visto: quando compirà i 18 anni, anche mia figlia lo vedrà, insieme al Padrino". Da poco uscito negli States, "dove - dice il produttore Joel Silver - ha ricevuto un'ottima accoglienza di critica e pubblico, uomini e donne indifferentemente", Il buio nell'anima "è un film sofisticato, anche se ha un lato primitivo - dice la Foster - che provoca la reazione del pubblico. Come per Taxi Driver o Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, l'importante è che lo spettatore entri nel personaggio. Che poi provi disgusto, repulsione o tristezza è legittimo, ciò che conta è la riflessione sul messaggio del film, al di là del bene e del male, di ciò che è giusto o sbagliato". "Abbiamo la legge umana - aggiunge Howard - e la legge della natura, e ogni giorno ci troviamo sul filo del rasoio. Se seguiamo la legge della natura, la persona ferita ha il diritto di vendicarsi, secondo quella umana spetta invece all'agenzia (polizia, NdR) che abbiamo creato ad hoc". L'accento su etica e morale viene ribadito dalla Foster, che tra tre giorni sarà in Australia per le riprese del family Nim's Island: "Da giovane pensavo in bianco e nero, ora vedo le sfumature, la complessità delle situazioni. Per questo, Neil Jordan è stata la scelta ideale: da sempre rifletet sulla dualità della morale". In conclusione, il problema della sicurezza, e del senso di sicurezza, nelle metropoli. Se per Jordan la paura è la medesima al di qua e al di là dell'Oceano, la Foster dice: "Vivo a Los Angeles e mi sento strasicura. E New York è in assoluto la più sicura delle metropoli. Eppure, in profondità scorre una corrente di paura che finisce per impadronirsi delle persone. Che succede quando si tramuta in rabbia? Il buio nell'anima parla di questo".