"Una carezza, una carezza alla memoria di ciascuno". Per Fabrizio Bentivoglio è questo il senso del suo esordio dietro la macchina da presa Lascia perdere, Johnny!, in anteprima al Torino Film Festival e da venerdì 30 novembre in 60-80 sale, distribuito da Medusa. "Sin dall'inizio - dice Bentivoglio - ho pensato a Torino per presentarlo: non volevamo né lo smoking né il tappeto rosso, ma qualcosa consono al clima familiare del film". Interpretato dallo stesso Bentivoglio nei panni del pianista milanese in trasferta casertana Augusto Riverberi - "Il nome viene da Giampiero Riverberi, arrangiatore storico di Fabrizio De Andrè, e dalla fiamma di Mina Augusto Martelli, ma con il placet di Ornella Vanoni nel film viene presentato quale suo ex-amante" - , l'esordiente 17enne Antimo Merolillo nei panni del chitarrista Faustino Ciaramella alias Johnny, l'estetista Valeria Golino, il trombettista suonato Maestro Falasco Toni Servillo, l'impresario truffaldino Ernesto Mahieux, il crooner Peppe Servillo, e la madre di Faustino, Lina Sastri, Lascia perdere, Johnny! nasce dai "racconti sgangherati fatti a tavola a partire dal 1992 da Fausto Mesolella (chitarrista degli Avion Travel, autori della colonna sonora, capeggiati da Peppe Servillo, NdR), ma - precisa Bentivoglio - non è la biografia di nessuno, ambisce a esserlo di tutti, stimolando la memoria collettiva". "La musica è - prosegue il neo-regista - passione costante: chitarra tra le mani, un rapporto privatissimo e amatoriale, anche se ho inciso un disco". Co-sceneggiato da Bentivoglio, il film - dice - "può suddividersi in tre capitoli: Falasco e l'orchestra a Caserta, che echeggia gli anni ‘50; Riverberi e i nastri preregistrati degli anni '60; il viaggio di Faustino per Milano, che richiama i '70 con echi dei terribili '80, con un finale che vuole esprimere la nostra difficoltà a diventare padri". "Non ho dato la sceneggiatura a nessuno - prosegue Bentivoglio - perché non mi fidavo, c'era il rischio che non la capissero: ho fatto una proiezione del film senza film per attori e collaboratori, mettendo la musica e interpretando io stesso tutti i personaggi". "Una messa in scena commovente, per la prima volta mi sono trovato a produrre un film senza aver letto la sceneggiatura" commenta Domenico Procacci, produttore con Fandango; "Un vero show, di cui non capivi quasi nulla, salvo il grande affetto che Fabrizio nutriva per il film", aggiunge la Golino.  "Ho partecipato alla nascita dell'idea - dice Peppe Servillo - seguito il film passo passo, solo ora ho riacquistato la distanza necessaria per emozionarmi: condivido appieno la ricerca della peternità del ragazzo". "Le star di paese - gli fa eco il fratello Toni - mi appassionano, mi ricordo un tale Vito Bizzarro, cantante  e barbiere: ridimensionano da una prospettiva provinciale il luccichio della tv. E' una storia sugli inciampi e ritardi dei maestri, con il sorriso di Faustino che suggella un finale in levare, libero a diverse interpretazioni". "Ho pensato i personaggi - dice Bentivoglio - per questi attori: senza loro e senza la troupe non lo avrei fatto, perché l'atmosfera del set si stampa sul film come il volto di un attore". Un film, il cui titolo provvisorio era L'apprendista Bacone, che nello slang (parlesia) napoletano indica un "musicista che non si perde mai d'animo, che suona anche quando non sa che sta suonando", spiega Mesolella. "All'inizio mi sentivo un po' estranea alla "famiglia" di Bentivoglio - rivela la Sastri - ma Fabrizio aveva ritagliato su di me la madre di Faustino: grazia e leggerezza, per una donna che passa attraverso le cose, sente e valuta con sorriso e malinconia. E' un film sull'attesa, sulla bellezza dell'attesa". "In effetti - dice Bentivoglio - ho dei tempi antidiluviani: per girare i 30 minuti del mediometraggio Tipota ci avevo messo tre anni, qui per un'ora e mezza di film ne ho impiegati nove".