L’ex manager bancario Vincenzo Imperatore [ora consulente contro gli abusi delle banche] e l’ex galeotto Peppe De Vincentis [ora attore e drammaturgo] in un vortice di soldi e scrittura catartica. La perdizione, prima, e la redenzione, più tardi, in due libri, due spettacoli teatrali e in un film documentario. Eccola riassunta LA CONVERSIONE, opera scritta e diretta da Giovanni Meola, che verrà proiettata in anteprima alla XIX edizione del RIFF nella sezione National Documentary Competition [27 novembre | 3 dicembre].

Peppe era scassinatore-maestro di rapine e contrabbandiere: 30 anni di galera vissuta.

Vincenzo era dirigente degli istituti di credito: poi, prima gola profonda del sistema finanziario italiano.

Dopo lunghi decenni di reati e accumuli di danaro illecito, Peppe e Vincenzo si incontrano grazie alla macchina da presa di Giovanni Meola. Nel 2013, il primo ha scritto l’autobiografia Il campo del male (Tullio Pironti Editore), nella quale ha raccolto i ricordi dell’adolescenza, il battesimo criminale, la detenzione in una dozzina di carceri [Poggioreale, Sulmona, Brescia, Rebibbia, Secondigliano, Civitavecchia, Avellino, Potenza, Reggio Emilia, Foggia … inclusi due ex-OPG], in sospensione tra confessione drammatica, sete di cocaina e ironia.  Il secondo, ormai un fuoriuscito, nel 2014 ha pubblicato il memoriale-rivelazione Io so e ho le prove (Chiarelettere), caso editoriale con decine di migliaia di copie vendute, illuminando le tenebre di 22 anni spesi al servizio della banca più importante del Paese. Nel documentario LA CONVERSIONE i due – reciprocamente – trovano il binario per la loro personale rinascita. Tra universo sub-proletario e apparati borghesi, penitenze e ricordi, ‘E cancelle di Renato Carosone e Beautiful Day degli U2.

Un racconto-documentario che si dipana su più livelli è questo firmato da Meola, regista/drammaturgo/attore napoletano, galleggiando fra impianto biopic, inchiesta e formula teatrale.

Peppe, originario dei Quartieri Spagnoli, poi sfrattato nella baraccopoli del quartiere Fuorigrotta, tra 1969/1970/1972 aveva già scontato parecchi anni in cella in quello che fu il Carcere minorile Filangieri, oggi trasformato in edificio occupato culturale-sociale e ribattezzato Scugnizzo Liberato. Così nel film si abbandona con purezza e crudele sincerità. Vincenzo, ex capo area delle strutture bancarie, perduto nelle correnti fra etica, bonus, sistema Q48 e bugie, rievoca procedure e indottrinamenti matematico-malavitosi, fino ad ammettere un patologico desiderio di competizione. Accomuna i due uomini – che da estranei diventano finalmente soci nel riscatto – il desiderio di indovinare un ascensore sociale. Qualunque esso sia. Spietato, credibile, pericoloso, imprevedibile.

Le musiche originali (fisarmonica e voce) di Daniela Esposito lasciano esplodere la volontà di confronto dei due protagonisti. Senza finzioni e senza rancori. “Sottrarre e ingannare – sostiene il regista Giovanni Meola – sono state, a lungo, le attività principali delle vite di Peppe e Vincenzo. Entrambi, a un certo punto, hanno detto basta. Ed entrambi hanno cominciato, fatalmente, a scrivere e a svelare quello che erano stati, quello che avevano fatto e i segreti dei mondi dai quali provengono. Una cena tra loro due, curiosi di conoscersi tra domande e risposte senza remore, è di fatto la spina dorsale del mio racconto. Ciò ha rafforzato la mia intuizione iniziale, cioè che sarebbe stato assai interessante provare a raccontare le loro storie in parallelo. Due facce di una Napoli matrigna e da sempre piena di insidie”.