"Come filmaker possiamo fare tante cose. Possiamo porre interrogativi agli spettatori che favoriscano il sorgere di movimenti politici; possiamo sfruttare situazioni come questa per dare la nostra solidarietà ai disoccupati, a quelli che lottano per la sicurezza sul lavoro, ai cineasti cui viene negata la libertà d'espressione, come in Iran; possiamo rifiutarci di dare il nostro appoggio a governi come quello del Sudafrica, e possiamo rispondere alla chiamata della Palestina di boicottare lo stato d'Israele, non gli israeliani".
E' il solito, netto e gagliardo Ken Loach. Quello che sa sempre da che parte stare. Ken Loach il "rosso". Anche se lui non ama le etichette, pure se a dare definizioni è bravissimo. La working class ai tempi del capitalismo finanziario? "Tutte le persone che fanno i soldi con il lavoro in un'epoca in cui il capitalismo spinge a crearli dal nulla". Chiaro, no? Andare d'accordo con un tipo così è facile. Basta sapere da che parte stare. Duro e puro Loach. Un sindacalista con la macchina da presa. 50 anni di carriera trascorsi ai vertici del cinema e ai margini del mondo, là dove ci sono gli ultimi.
Duro e puro, non antipatico. Ha le buone maniere di un vecchio signore inglese e una gentilezza congenita, l'abito su misura di una vita spesa in difesa della dignità. Umana, molto umana. "Dove c'è l'uomo c'è il vangelo", ricorda Dario Viganò, e allora può anche succedere che pianeti finora considerati paralleli s'incontrino. La Chiesa premia Loach, si è detto. Formula giornalistica, palesemente sbagliata. Suggerisce l'unilateralità dell'iniziativa. Il vero significato di questa edizione del Bresson è invece la possibilità di un incontro. Chiesa e Loach che si ritrovano nel nome dell'arte, nella difesa dell'altro. Viva il cinema e viva l'uomo. Lo stesso regista riconosce che "oggi abbiamo condiviso qualcosa di importante".
E non sono di certo le risposte sulla natura della crisi ("Una crisi più profonda - dice il regista - di quella che le soluzioni cosmetiche approntate dai governi vorrebbero risolvere"), sulle responsabilità dei politici ("E' evidente che i conservatori non sanno che pesci prendere") o sulle sue soluzioni ("Pianificare l'economia, difendere i diritti umani, proteggere l'ambiente") a garantire un effettivo punto d'incontro. Si può essere d'accordo oppure no. Il collante ha un altro nome, si chiama speranza. Per dirla con Loach, "la consapevolezza delle cose che possiamo cambiare".
Una piattaforma abbastanza ampia per iniziare un dialogo. Il cardinal Martini avrebbe apprezzato. Questo premio è dedicato anche a lui.