“L’idea è nata appena un anno fa” esordisce Adelina von Fürstenberg di Art for the World, producer di Interdependence, film tessuto da 11 cortometraggi sul tema del cambiamento climatico. “Lavorare con 11 registi di 11 paesi diversi è stato un grandissimo sforzo da parte nostra, ma non potevamo fare con calma perché il problema del clima è urgente. E il cinema è il mezzo più efficace per trasmettere un’idea al maggior numero possibile di persone”.

È d’accordo Francesco Pisano, delle Nazioni Unite: “Usare l’arte per stimolare questioni globali ci ha convinto subito. Il climate change oggi definisce le relazioni internazionali e occorre un’arte evocativa, più che descrittiva, per messaggi che finora non siamo stati capaci di trasmettere, altrimenti non ci troveremmo in questa crisi”.

Parola poi ai registi. Come ha ritratto il cambiamento climatico Shahbaboo Sadat, dell’Afghanistan? “Trovo sia importante ritrarre il mio paese nei dettagli, oltre i cliché della guerra. Non avevo mai affrontato il cambiamento climatico prima, così mi sono informata e ho approcciato l’argomento nello stesso modo in cui approccio il resto della cinematografia: attraverso i dettagli”.

“Dopo l’offerta di Adelina, ho pensato qualche giorno a come sviluppare il tema” interviene Àsa Hjörleifsdóttir, regista islandese. “Quando finisce una relazione ti senti come fosse la fine del mondo, anche i gesti quotidiani diventano drammatici. Quindi ho creato un parallelo con il clima: se rompessimo con la natura, lei sopravvivrebbe tranquillamente senza di noi, mentre noi non possiamo senza di lei”.

Arriva il turno anche di Silvio Soldini, cineasta nostrano e autore di Olmo, corto sul rapporto di tre generazioni con il mondo e con gli alberi: “Quella del clima è una tragedia che avviene da anni, e che tutti cerchiamo un po’ di rimuovere, andando avanti con la nostra vita. Ma oggi non possiamo più pensare che il problema non esista. Non è semplice andare oltre i propri interessi, finanziari ed economici. Ma è arrivato il momento di fare qualcosa”.