“La chiusura delle sale è stato un colpo durissimo, ma c’è chi sta peggio di noi registi. Si è fermato il mondo, tanta gente ha perso il lavoro, le industrie sono in crisi, le famiglie sono in difficoltà”, spiega Carlo Verdone in apertura dell’incontro “Il cinema che verrà”, organizzato dal Festival del Cinema Europeo di Lecce. A moderare è stata Laura Delli Colli, presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani e della Fondazione Cinema per Roma.

Si vive una volta sola di Verdone doveva uscire in Italia il 27 febbraio 2020, ma è rimasto bloccato per il Covid. “Abbiamo deciso di resistere, di aspettare, di dimostrare il nostro amore per la sala. La televisione è già strapiena di serie e film. Faremo il possibile. Mi auguro che in primavera le cose vadano meglio. In questo periodo ho continuato a scrivere, ho portato avanti la sceneggiatura della serie Vita di Carlo, in dieci puntate. Poi mi sto dedicando al soggetto di un film. Siamo in mano a dei numeri, alla scienza. Però sono convinto che il pubblico non ci abbandonerà. C’è voglia di aggregarsi, di uscire di casa, il cinema manca a tutti. Mi metto anche nei panni degli esercenti, e li incoraggio a resistere. Non c’è mai stata una pandemia di oltre due anni. Noi autori dobbiamo farci trovare pronti per ricominciare. Voglio essere ottimista, questa situazione non può durare in eterno. Sono convinto che tutti i vaccini siano affidabili. Ce la faremo”, spiega Verdone.

 

Si vive una volta sola

E conclude: “Non ho paura di andare sul set. Però bisogna essere molto rigorosi e disciplinati. Forse verrà a mancare quella scioltezza, quella leggerezza che servono a chi realizza commedie”.

Prosegue Francesca Cima, presidente della sezione produttori dell’Anica: “Siamo tornati a girare perché abbiamo lavorato duramente nel primo lockdown. Abbiamo messo in atto un protocollo molto severo, che consente un tracciamento costante. Molti set che sono ripartiti, appartenevano a progetti già consolidati. Abbiamo cercato di far rispettare i tempi il più possibile. In ogni caso tutto è cambiato, è più faticoso, ma ci sono attività ancora più problematiche. Come produttori, chiediamo una convivenza tra serie e film. C’è bisogno di armonia, perché hanno molti punti in comune. Le troupe sono state ingrandite, i presidi sanitari sono sempre presenti, è stata inserita la figura del Covid-Manager, tutti sono in movimento. Dobbiamo impegnarci perché nessuno rimanga indietro”.

Interviene Luigi Lonigro, presidente della sezione distributori dell’Anica. “Nel 2019 siamo cresciuti molto nel nostro settore, siamo stati i primi a livello europeo, superando anche la Spagna. E i primi due mesi del 2020 stavano andando bene. Senza la pandemia, sarebbe stato un anno positivo. Intanto in America la distribuzione sta cambiando, e queste nuove dinamiche influenzeranno anche noi. Però molti grandi film italiani che sono fermi stanno aspettando la sala, ed è un segnale forte. Da addetti ai lavori, pensiamo a una luce verde ad aprile. Abbiamo chiesto a più voci di non subire un nuovo arresto quando finalmente ci sarà la possibilità di riaprire i battenti. E in più non si può pensare a una ripartenza a macchia di leopardo, ma deve essere qualcosa che riguarda tutto il territorio nazionale”.

“Le sale sono luoghi pubblici, sono beni comuni, pezzi della nostra vita. C’è una forte preoccupazione, non riusciamo a monitorarle tutte. E nel resto d’Europa la situazione non è migliore. Dobbiamo avere la pazienza di restare uniti, dobbiamo intercettare quel pubblico che tanto si è arrabbiato per le chiusure di fine ottobre. Gli spettatori devono diventare i protagonisti. Bisogna guardare avanti, capire gli errori, e far meglio in futuro”, aggiunge Mario Lorini, presidente dell’Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici).

Per il Torino Film Festival, è presente il direttore Stefano Francia Di Celle: “Quest’anno abbiamo deciso di insistere, di non fermarci nonostante tutto, valorizzando gli autori del futuro. Il web ci ha permesso di raggiungere più persone. L’obiettivo è di recuperare nelle sale alcuni titoli che abbiamo visto in rete, e poi vogliamo essere sempre più capillari e attenti alla nostra area metropolitana, espandendoci sempre di più sul territorio”.

Chiude l’incontro Chiara Valenti Omero, presidente dell’Afic (Associazione Festival Italiani di Cinema): “Siamo partiti dallo scoramento, dal timore, dall’ansia. Poi siamo stati molto bravi a vedere un’opportunità in quello che è successo. L’Afic rappresenta più di novanta festival. Ci siamo confrontati, la partecipazione è stata tanta. Non avevo mai incontrato un tale entusiasmo, anche per questioni logistiche. Andare online un tempo sembrava sminuirsi, invece tutto sommato ci siamo resi conto che abbiamo attirato degli spettatori che prima non esistevano. Queste persone andranno valorizzate, dando loro la possibilità di proseguire con la fruizione anche su internet, tramite piattaforme dedicate, oltre che in presenza. Credo che delle soluzioni ibride verranno adottate anche in futuro”.