"Antropologia e maionese sonora". Sono questi gli ingredienti di Hunters - Since the Beginning of Time di Carlos Casas, documentario su una comunità di cacciatori di balene del Mare di Bering, una sfida millenaria in condizioni estreme in cartellone per Italiana.Doc al festival di Torino. Terzo capitolo dopo Aral (vincitore a Torino nel 2004) e Solitude at the End of the World (sulla Patagonia) di una trilogia sulla vita ai confini del mondo, Hunters, co-prodotto da Fabrica e RTSI svizzera, è per il 34enne regista di Barcellona "metodologia antropologica e volontà di un poeta, per entrare nei ritmi di quella natura estrema". "La musica quasi angosciante del film, che contrasta con il rapporto quotidiano e non epico che gli abitanti hanno con il territorio, era necessaria - dice Casas - per comunicare una dimensione a noi estranea: il mio sound designer Sebastian Escofet la definisce una "maionese sonora", necessaria per una visione espansa". Condizioni ambientali a parte, anche raggiungere la Siberia, dove Casas ha seguito i cacciatori per un anno, non è stato facile: "E' una zona molto militarizzata, trovare i permessi è stato un'odissea".