Folle, anarchico, incontenibile. A chiudere la 19ª edizione della Settimana della Critica è Koi no mon opera prima del commediografo teatrale, giornalista e scrittore giapponese Matsuo Suzuki. È una pellicola esilarante che viaggia per quasi due ore in una dimensione incline al grottesco se non addirittura al demenziale. Tratto dal manga di Hanyunyu Jun, il film di Suzuki racconta le peripezie di un giovane e goffo artista che disegna fumetti sui sassi e delle sue strampalate vicissitudini alla ricerca dell'amore, del sesso e dell'ispirazione artistica. Aoki Mon persevera, senza affermarsi e guadagnare alcunché, nel suo intento creativo, incontrando altri stralunati soggetti: Koino, anche lei disegnatrice misconosciuta con la quale Aoki Mon inizia un sodalizio sentimentale e "professionale", e soprattutto gli avventori e il gestore del Manga Bar (lo stesso Suzuki). Tutti e tre si scontreranno in un concorso di disegno, senza esclusione di colpi e di rock nipponico. Ed è proprio l'intervento degli impiccioni vicini di casa di Koino, con un improvviso e divertente pezzo musicale "live" dal titolo Apri la porta all'amore, a trasformare la commedia fracassona in un musical a cielo aperto dove i simbolismi si perdono nella notte dei tempi, il regista culto Shinya Tsukamoto interviene schiattando proprio al bancone del manga bar e dove l'amore universale trionfa su tutto e tutti. In chiusura del concorso SIC, infine, proviamo ad azzardare il titolo che vincerà. L'ipotesi più probabile, scontata (e meritata), è il primo posto per E prenderai moglie, dei fratelli Ronit e Shlomi Elkebetz. Noi ci permettiamo solo di suggerire motivazioni e titoli che avremmo premiato, in rigoroso ordine sparso: il coraggio e il rischio dell'opera argentina, Uno de dos, di Alejo Hernan Taube; la purezza e l'essenzialità dell'iraniano Saman Salur con Dalla terra del silenzio, oppure la devastante comicità proprio di Koi no mon.