Un'ampia rassegna, al Palazzo Roverella di Rovigo (dal 24 marzo al 1 luglio), da conto della singolare attrazione che il cinema ha provato, e continua a nutrire, per il Delta del Po, la dove il Grande Fiume si confonde con l’Adriatico. Si calcola che le acque, i lembi di sabbia, le piane dell’ampio Delta siano state protagoniste, più che semplice scenario, di almeno 500 tra film, documentari, fiction televisive, girati dai più grandi registi fra i quali Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Giuseppe De Santis, Michelangelo Antonioni, Alberto Lattuada, Mario Soldati, Pupi Avati, Ermanno Olmi e Carlo Mazzacurati.

Cinema! Storie, protagonisti, paesaggi, questo il titolo della mostra curata da Alberto Barbera e promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova con Accademia dei Concordi e Comune di Rovigo. Il percorso della ricostruzione, focalizzata sull’area del Polesine, è affidato all'utilizzo di diverse tipologie di materiali, esposti in originale o in copie, stampe e ingrandimenti realizzati per l’occasione: foto di scena e di set, manifesti, locandine e materiali pubblicitari, documenti originali, sceneggiature, materiali d’archivio, videomontaggi di sequenze di film, documentari e sceneggiati TV, interviste filmate ai protagonisti.

 

Nel 1943 Luchino Visconti gira Ossessione nel Delta del Po. Nell’immediato dopoguerra, Roberto Rossellini vi ambienta il suo Paisà mentre Giuseppe De Santis, esordisce con Caccia tragica, su una sceneggiatura sua e di Michelangelo Antonioni, Umberto Barbaro e Cesare Zavattini. Pochi anni dopo, il Grande Fiume è il protagonista de Il mulino del Po per la regia di Alberto Lattuada. Florestano Vancini ambienta qui i documentari “Uomini della palude” e Tre canne e un soldo e più tardi è aiuto regista di Mario Soldati che, con La donna del fiume, consacra definitivamente Sophia Loren. Qui avviene l’esordio di Michelangelo Antonioni, nel 1957 con Gente del Po. Il regista ferrarese scegli ancora più volte il Polesine per i suoi film. Qui ambienta Il grido del ’57, per scendere poi a Ravenna per Il deserto rosso e risalire a Ferrara per l’ultimo episodio di Al di là delle nuvole codiretto con Wim Wenders. E’ del ’58 Un ettaro di cielo, film d’esordio di Aglauco Casadio, per la sceneggiatura di Tonino Guerra con Elio Petri e Ennio Flaiano.

Anche l’altro grande ferrarese, Vancini, è di casa nel Delta. Ad esso dedica numerosi documentari e poi, nel 1984, il film tv La neve nel bicchiere. Nella valli di Comacchio, Giuliano Montaldo ambienta “L’Agnese va a morire”. Con La casa dalle finestre che ridono Pupi Avati trasforma la bassa nel teatro ideale di film horror. Il Po e il vicino Veneto sono protagonisti di molti film di Carlo Mazzacurati che nel Delta gira, bel 1987, il film d’esordio, Notte italiana.

 

Ma anche tanti altri, da Goffredo Alessandrini a Comencini ai Fratelli Taviani, Bertolucci, Luigi Magni, Bigas Luna, Silvio Soldini...

Senza tralasciare Scano Boa, per la regia di Renato Dall’Ara (1961) tratto dal romanzo di Antonio Cibotto, grande scrittore rodigino recentemente scomparso cui la mostra tributerà, proprio con la proiezione del film, un Omaggio.

Accanto alla produzione cinematografica di finzione, almeno 60 documentari sono stati dedicati a queste terre. Tra essi, Gente del Po di Michelangelo Antonioni (1943-1947), Delta padano (1951) e Una capanna sulla sabbia (1955) di Florestano Vancini, La missione del Timiriazev di Gillo Pontecorvo (1951), Quando il Po è dolce di Renzo Renzi (1951), Lungo il fiume di Ermanno Olmi (1992), sino al recente Il pesce rosso dov'è di Elisabetta Sgarbi (2015). A queste due categorie si affiancano infine sceneggiati e programmi tv da Il mulino del Po di Sandro Bolchi (1962) a De Gasperi l’uomo della speranza di Liliana Cavani.

 

“L’esposizione - afferma il curatore - si propone di ricostruire la storia del rapporto intenso, profondo e originale che si è instaurato in oltre ottant’anni di intensa frequentazione fra un territorio dalle caratteristiche pressoché uniche e i cineasti italiani, dando vita a opere indimenticabili destinate a rimanere nella storia del cinema”.