"Un viaggio dalla certezza al dubbio", dice l'attore Jakob Cedergren. Protagonista del caso europeo dell'anno, The Guilty di Gustav Moller: dal 7 marzo in sala
“E’ un viaggio dalla certezza e dalla sicurezza verso l’incertezza e il dubbio. Una dimensione che alla fine si rivela più positiva di quella precedente”. A parlare è Jakob Cedergren, attore svedese cresciuto in Danimarca, alla presentazione dell’opera prima del danese Gustav Moller Il colpevole (The Guilty), nella quale interpreta Asger Holm, un ex-agente della polizia e operatore telefonico ad un centralino per le emergenze.
Il film è il caso europeo dell’anno, ha vinto il premio del pubblico al Sundance ed è stato pluripremiato al Torino Film Festival (migliore sceneggiatura, migliore attore e premio del pubblico), ora arriva nelle sale italiane dal 7 marzo distribuito in circa ottanta copie da Bim e Movies Inspired.
Al centro della storia e della scena c’è sempre e solo il protagonista Asger al telefono mentre cerca di risolvere il caso del rapimento di una donna.
“L’idea è venuta al regista dopo aver visto un video su Youtube nel quale c’era una telefonata reale al 911, il numero del servizio di emergenza negli Stati Uniti. E’ rimasto così coinvolto da questa chiamata che ha deciso di farne un film”, racconta Cedergren. Ne è nato un thriller intrigante che riesce attraverso la registrazione delle voci dei vari personaggi coinvolti a farti immaginare tutto quello che succede al di fuori: la donna, il furgone bianco, le strade percorse fuori da Copenaghen e il rapitore seduto accanto a lei. Difficile riuscire a rendere sullo schermo questa rappresentazione mentale semplicemente parlando sempre e solo al telefono.
“Sicuramente può essere molto complicato, ma per me non lo è stato- dice il protagonista- Anche perché il regista ha creato subito la giusta atmosfera e così tutto è fluito in modo molto naturale.Abbiamo girato in senso cronologico dall’inizio alla fine. Con gli altri attori ci parlavamo veramente al telefono, mentre loro erano dall’altra parte del corridoio. Inoltre c’erano tre macchine da presa sempre fisse su di me che mi riprendevano, ma ad un certo punto sono diventate talmente parte dell’arredamento che non le notavo neanche più”.