La settantaduesima edizione della Berlinale si apre questa sera con la prima mondiale di Peter Von Kant di François Ozon.

Un'edizione sino all'ultimo minata dagli ostacoli e imprevisti ingenerati dalla situazione pandemica e, in particolare, dall'ondata della variante Omicron. Dopo essere stato l'ultimo grande festival cinematografico internazionale a tenersi in presenza alla vigilia dello scoppio della pandemia nel febbraio 2020 e dopo aver spostato l'edizione 2021 integralmente online, il Festival di Berlino torna in una forma la cui natura ibrida si è venuta definendo nelle lunghe settimane che hanno preceduto il suo avvio. Il festival timoneggiato dall'olandese Mariette Rissenbeek (Direttore Organizzativo) e dall'italiano Carlo Chatrian (Direttore Artistico) si era votato fermamente al ritorno alla sala.

Nelle ultime settimane, però, il dialogo costante con le autorità politiche e sanitarie locali ha portato a spostare online l'EFM-European Film Market, la componente professionale del festival, uno degli appuntamenti più ferventi e affollati nel calendario dell'industria cinematografica internazionale. L'annuncio aveva fatto temere che il copione dello scorso anno si ripetesse. Grazie alle dovute restrizioni e cautele, invece, i tappeti rossi del Berlinale Palast si sono potuti srotolare: capienza delle sale al 50%, obbligo di mascherine, stampa internazionale costretta a test quotidiani per accedere alle sale e, soprattutto, programmazione delle première concentrata dal 10 al 15 febbraio, con l'annuncio dei premiati dalla giuria presieduta da M. Night Shyamalan il 16 febbraio.

Una scelta quest'ultima che ha creato polemiche: sul fronte dell'industria e della stampa, la prospettiva della compressione del programma riduce le possibilità di visibilità e di copertura per i circa duecento film in prima; dal punto di vista sanitario, l'idea di concentrare le presenze degli ospiti internazionali, dalle équipe dei film e venditori che li accompagnano e alla stampa stessa, rischia di alimentare l’affollamento nelle aree del festival, anziché diluirlo.

Resta da vedere se il programma della terza Berlinale messo insieme da Chatrian e dal suo gruppo giustificherà questi salti mortali. Curiosità suscita il film di apertura, in cui Ozon rivisita il classico Le lacrime amare di Petra Von Kant (1972), in una rilettura al maschile. Nel 2000 Ozon aveva già diretto una partitura fassbinderiana in uno dei suo primi e migliori film, il lancinante Gocce d'acqua su pietre brucianti, che era stato proprio alla Berlinale. Tra gli altri film di spicco in Competizione si segnala il nuovo lavoro, in solitaria, di Paolo Taviani, Leonora Addio, e le nuove prove di nomi di punta del circuito festivaliero, come Claire Denis, Avec amour et acharnement, con Juliette Binoche e Vincent Lindon, Ulrich Seidl, che con Rimini promette un'inedita visita invernale nella città adriatica, Rithy Panh con Everything Will Be OK e l'abbonato Hong Sangsoo con The Novelist's Film.

Le sorprese? Promettono bene i due spagnoli del Concorso, l'opera seconda di Carla Simón, Alcarràs, e Un año, una noche di Isaki Lacuesta, già due volte vincitore a San Sebastián, i due svizzeri, La ligne di Ursula Meier (già premiata a Berlino dieci anni fa con Sister) e Drii Winter di Michael Koch, che qualcuno descrive come un Le onde del destino delle Alpi, e Before, Now & Then dell'indonesiana Kamila Andini, vincitrice del concorso Platform di Toronto 2021 con il toccante Yuni. Senza dimenticare a Berlinale Special le prime mondiali di Occhiali neri del nostro Dario Argento e di Incroyable mais vrai di Quentin Dupieux e alcune opere curiose sparse nelle altre sezioni da Flux Gourmet di Peter Strickland e Coma di Bertrand Bonello (entrambi a Encounters), a Beautiful Beings dell'islandese Guðmundur Arnar Guðmundsson (Panorama) e Super Natural dell'acclamato cortista portoghese Jorge Jácome (Forum).

Che la caccia agli orsi abbia inizio!