La Repubblica (Natalia Aspesi): "La vita è bella anche in Iraq, e il fantasioso omino che pareva morto in un campo di concentramento per salvare la sua dama e il suo bambino, scampato per un pelo anche alla trappola di Pinocchio, riappare a Bagdad, in piena guerra, con tutto il suo fardello poetico e la sua innocente energia, armato, come sempre, tra bombe e terrore, dell'arma più invincibile e aliena, l'amore. (...) Ancora una volta Benigni ha bisogno di usare la realtà come una favola. (...) Un film irrealista, melenso, di buoni sentimenti, opportunista? Forse. Ma in un momento di diffuso catastrofismo, di paura, di disimpegno e rassegnazione La Tigre e la Neve diventa un messaggio morale necessario: non perdere mai la speranza, non arrendersi agli orrori, non accettare lo sfacelo, lottare, essere certi di farcela".

Corriere della Sera (Tullio Kezich): "Uno applausino subito spento e via. Non credevo alle mi orecchie all'anteprima romana per la stampa di La tigre e la neve. Lassù sullo schermo, Roberto Benigni si era prodigato per due ore in uno dei più strepitosi assolo del cinema contemporaneo, tale da giustificare una standing ovation, e invece niente. Spero e confido che l'accoglienza del pubblico vero sarà ben diversa. In mezzo ai guai che attraversa l'Italia il solo fatto dell'esistenza di questo straordinario talento impegnato a spargere buonumore e ottimismo dovrebbe suscitare un'ondata di gratitudine".

Il Giorno (Silvio Danese): Robertaccio con questo nuovo film cerca di recuperare l'equilibrio tra realismo grottesco e sublime eterno di La vita è bella. E bisogna perdonargli, come sempre, qualche sconnessione di sceneggiatura e dispersioni di regia. Pensato come un inno alla vita e alla poesia, con orgoglioso senso del rischio che navigherà sull'onda della celebrità di Benigni, La Tigre e la Neve (...) si immette con fortunata comicità nel disastro di una guerra attuale, filma il suicidio di un poeta come volontaria protesta dell'umanesimo, segue la peripezia di Benigni alla guerra e torna all'ovile favolistico e sentimentale dell'amore.

L'Unità (Furio Colombo): In questo film-fiaba ogni cosa è esemplare e rappresenta qualche altra cosa. (...) E' una guerra con tanto di bombe e carri armati quella che si mostra Benigni. Senza rinunciare però a quell'ironia che da La vita è bella in poi ha creato un filone. (...) Un film che come tutti i film o l'arte in generale, conclude Benigni, "non può certo cambiare il mondo, ma può distrarre e commuovere". (...) L'idea è che non devi più ricostruire gli spezzoni di telegiornali perché ciò che avviene è al di là della realtà e ciò che provi non si presta più a essere contenuto fra indignazione e condanna. (...) Il clown bianco si spinge più avanti. Non c'è garanzia di non salatare sul campo minato. Nessuno è escluso. Ma un clown bianco non si rassegna. A suo modo, è l'eroe che non si arrende".

Il Giornale (Michele Anselmi): Abbiamo capito che Benigni è il poeta del cinema italiano. (...) Solo che la poesia, al cinema, è materiale deperibile. Se vuole suonar vera, deve affiorare per vie imperscrutabili, laterali, insinuanti, quando è programmaticamente cercata rischia di non toccare i cuori. (...) Troppa poesia annulla la poesia. (...) Per quanto buono e non buonista, l'attore-regista finisce col monumentalizzarsi un po', trasfromando il suo poeta nel milite ignoto della parola dinanzi al quale tutti dovremmo inchinarci".

Il Messaggero (Fabio Ferzetti): C'è sospetto di calcolo, preché è lo stesso schema sperimentato ne La vita è bella; ma se è già difficile ribaltare le icone della Storia, c'è addirittura da scottarsi a toccare la più incandescente attualità. Si capisce che Benigni cercasse una cornice estrema per questa fiaba in cui i sentimenti sconfiggono le peggiori avversità. Nondimeno la scelta dell'Iraq appare abbastanza strumentale, e all'epilogo italiano si tira un sospiro si sollievo. Quando Benigni riuscirà a costruire tutta una storia (o una non-storia) contando solo sulle sue forze, senza cercare alibi o scudi altrove, farà finalmente il grande film che ci aspettiamo.