Un amore di gioventù

Un amour de jeunesse

3/5
Le insostenibili coordinate della passione nel veritiero racconto della Hansen-Løve. Volutamente convenzionale

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FRANCIA 2011
La 15enne Camille e il 19enne Sullivan sono molto innamorati, ma dopo un felice periodo insieme lui parte per il Sudamerica. Camille è disperata e, quando lui cessa di scriverle tenta il suicidio. Anni dopo, Camille è una brillante studentessa di architettura e conosce Lorenz, un architetto con cui in seguito collabora professionalmente e con cui si instaura un solido rapporto sentimentale. Tuttavia, il destino ha in serbo per la ragazza un nuovo incontro con Sullivan e i sentimenti che sembravano sopiti non tardano a riemergere...
SCHEDA FILM

Regia: Mia Hansen-Løve

Attori: Lola Créton - Camille, Sebastian Urzendowsky - Sullivan, Magne-Håvard Brekke - Lorenz, Valérie Bonneton - Madre di Camille, Serge Renko - Padre di Camille, Özay Fecht - Madre di Sullivan

Sceneggiatura: Mia Hansen-Løve

Fotografia: Stéphane Fontaine

Montaggio: Marion Monnier

Scenografia: Mathieu Menut, Charlotte de Cadeville

Costumi: Bethsabée Dreyfus

Altri titoli:

Goodbye First Love

Durata: 110

Colore: C

Genere: DRAMMATICO ROMANTICO

Specifiche tecniche: DCP, 35 MM (1:1.85)

Produzione: JOUROR PRODUCTIONS, LES FILMS PELLÉAS, RAZOR FILM PRODUKTION GMBH, ARTE FRANCE CINÉMA

Distribuzione: TEODORA FILM (2012)

Data uscita: 2012-06-22

TRAILER
NOTE
- MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA AL 64MO FESTIVAL DI LOCARNO (2011).
CRITICA
"Ispirata da una magnifica frase di Proust («Là dove la vita alza un muro, l'intelligenza apre una breccia») e con una nonna che invece del colesterolo le scrive di Kierkegaard («La vita non può essere compresa che tornando indietro, ma deve essere vissuta andando avanti»), con un compagno come lo stimolante Olivier Assayas, la giovane Mia Hansen-Løve chiude felicemente la trilogia sentimentale di cui noi conosciamo 'Il padre dei miei figli'. Col coraggio di usare una storia nota, senza peccare di originalità né evitare il calvario delle banalità per cui siamo passati, si racconta la fenomenologia d'un amore giovanile. (...) Chiude in divenire una love story raffinata e precisa negli sviluppi psicologici, che non si abbandona mai al facile erotismo né alla retorica degli affetti eterni: Romeo e Giulietta sono lontani. Vicini invece appaiono Rohmer, Truffaut e tutto quell'impressionismo sentimentale di cui i francesi son maestri, le note cose della vita di Sautet, evitando le scene madri (anche se sono due madri a dar vani consigli) ma chiarendo che è sempre un pasticcio voler bene a qualcuno." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 22 giugno 2012)

"E ben vengano i film francesi, se a dirigerli è qualcuno come Mia Hansen-Løve: che alla sua terza regia (dopo 'Tutto sarà perdonato' e 'Il padre dei miei figli') ci regala una delle perle di questa stagione. (...)Viene voglia di fare il nome di François Truffaut; però Mia, che conosce l'amore forse quanto lui, è meno sentimentale, più severa nella limpida consapevolezza del destino di solitudine che tocca a ciascuno. Così il film, mentre racconta la forza della passione, è quieto e come avvolto in una sottile patina di memoria." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 22 giugno 2012)

"Al terzo film, Mia Hansen-Løve trae ispirazione dal cinema di Rohmer, con le sue fanciulle in fiore i cui comportamenti spesso contraddicono le idee professate: come Camille, sacerdotessa romantica dell'amore assoluto, che finisce per dividersi con tranquilla ambiguità fra due uomini. Di Rohmer la trentenne cineasta riprende con freschezza anche l'ambientazione naturalistica "en plein air"; l'uso di attori che sembrano presi dalla vita, i dialoghi volutamente letterari, ma troppo ondivago e inconsistente il suo film resta un po' una scatola vuota. Gli manca quell'invisibile struttura drammaturgica che permette di definire «morali» tanti meravigliosi racconti di Rohmer." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 22 giugno 2012)

"Dalla Francia arriva anche 'Un amore di gioventù' di Mia Hansen-Løve (...). A partire da uno spunto interessante il film però gira a vuoto su se stesso, su un'ossessione che dopo un po' diventa estenuante e procede senza crescere insistendo senza sfaccettature su un'unica nota." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 22 giugno 2012)

"Spiacerà a chi sulla base di un buon biglietto da visita (un premio all'ultimo festival di Locarno) si aspettava un bel ritratto di ragazza in amore. E invece è solo una vicenduola sdolcinata, prevedibile come un vecchio film di Deanna Durbin." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 giugno 2012)

"Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, e i versi successivi sono di Mia Hansen-Løve. 'Un amore di gioventù' non è il suo più bel film, ma è un bel film: boy-meets-girl, il grado zero della narrazione cinematografica, ma con una convenzionalità così efferata da riscoprirsi arma non convenzionale. In effetti, è la chimica a mettere insieme Sullivan (Sebastian Urzendowsky) e Camille (Lola Créton, rimane dentro) e a catalizzare la loro venuta al mondo delle relazioni: passione, senza maledettismi. Fino alla rottura: a Sullivan quello a due non basta più, vuole il Mondo, e Camille deve leccarsi le ferite. L'amore secondo Mia non è ricattatorio, nemmeno empatico, ha i Frammenti di Barthes e i fotogrammi di Rohmer, Doillon, Truffaut e altri cantori dell'amour fou: un film, complice l'esperienza ai «Cahiers» della regista, che passa più dalla Storia del Cinema che dalla quotidianità dei sentimenti, ma fino a un certo punto. Perché Mia si racconta, senza le trappole dell'autobiografismo, facendo poetico collage di tutti i battiti del suo cuore: ora Camille sta con un architetto padre e amante, ma rincontra Sullivan. E chissà che avrà pensato il marito di Mia, Olivier Assayas." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 21 giugno 2012)

"Appena trentenne, la regista francese Mia Hansen-Løve è al terzo lungometraggio e, dopo 'Il padre dei miei figli', starring Chiara Caselli, assai apprezzato anche in Italia, con questa storia di tormento e assillo della prima passione, 'Un amour de jeunesse' (...), si candida a diventare una cineasta acuta e prolifica, mischiando le carte di Truffaut, Sautet ed Assayas, suo mentore." (Silvio Danese, 'Nazione, Carlino, Giorno', 5 agosto 2011)