The Search

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FRANCIA 2014
Guerra in Cecenia, anno 1999. Carole è un'attivista per i diritti umani che lavora per l'Unione Europea; durante la sua raccolta di prove del terribile conflitto, la donna incontra Hadji, un bambino di 9 anni che si rifiuta di parlare. Hadji è profondamente traumatizzato dagli orrori cui ha assistito ed è convinto di essere l'unico sopravvissuto della sua famiglia; in realtà, sua sorella Raïssa è ancora viva e sta cercando sia lui che l'altro fratello. Kolja è un ragazzo russo di 20 anni, addestrato dai militari e trasformato in un soldato capace di uccidere civili senza rimorsi. Sullo sfondo della guerra, le vite di queste quattro persone saranno unite da un tragico destino.
SCHEDA FILM

Regia: Michel Hazanavicius

Attori: Bérénice Bejo - Carole, Annette Bening - Helen, Maxim Emelianov - Kolia, Zukhra Duishvili - Raïssa, Abdul-Khalim Mamatsuiev - Hadji, Lela Bagakashvili - Elina, Yuriy Tsurilo - Colonello, Anton Dolgov - "Pocket", Mamuka Matchitidze - Padre, Rusudan Pareulidze - Madre

Sceneggiatura: Michel Hazanavicius

Fotografia: Guillaume Schiffman

Montaggio: Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius

Scenografia: Emile Ghigo

Arredamento: Sofia Kharebashvili, Tamuna Guliashvili

Costumi: Les Rincali

Effetti: Georges Demétrau, Philippe Aubry

Durata: 159

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: ARRICAM ST, 35 MM (1:1.85)

Tratto da: ispirato al film "Odissea tragica" (1948) di Fred Zinnemann

Produzione: THOMAS LANGMANN, MICHEL HAZANAVICIUS PER LA PETITE REINE, LA CLASSE AMÉRICAINE, FRANCE 3 CINEMA, ORANGE STUDIO, WILD BUNCH, SEARCH PRODUCTION, SARKE STUDIO/GFIG

Distribuzione: 01 DISTRIBUTION (2015)

Data uscita: 2015-03-05

TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO AL 67. FESTIVAL DI CANNES (2014).
CRITICA
"(...) un film molto «tradizionale» ma non per questo banale, a cominciare dalle scelte di stile e di forma. (...) utilizza le regole di genere - principalmente quelle del melodramma - per raccontare il presente (o il passato prossimo: è ambientato durante la seconda guerra cecena, nel 1999) proprio come facevano Minnelli o Sirk o, appunto, Zinnemann (...). Hazanavicius lavora sulla stessa lunghezza d'onda, (...). Forse i modi in cui le due «storie» si intrecciano e si rincorrono rivelano una certa artificiosità di sceneggiatura (dello stesso regista), ma mi sembrano peccati veniali che non tolgono forza alla spina dorsale del film (...). Hazanavicius lavora soprattutto sul piano della «credibilità» cinematografica - quella delle location ricostruite in Georgia, quella dell'interpretazione (da notare anche Annette Bening come responsabile di un centro di accoglienza per bambini) e soprattutto quella della consequenzialità narrativa - per coinvolgere lo spettatore in una ricerca che sappia esaltare proprio le qualità melodrammatiche: passione, emozione, attesa. Come dimostra il finale che cita con precisione filologica le immagini di Zinnemann ma che non dimentica di porre allo spettatore qualche indispensabile domanda sulle vittime inermi di tutti i conflitti." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 3 marzo 2015)

"Dopo due remake-parodia (dittico 'Agente Oss 117' con un super Dujardin) e il recupero da Oscar del cinema muto 'The Artist', Hazanavicius lascia il citazionismo per il dramma bellico. Ma perde la guerra. (...) Un pizzico di postmoderno c'è pure qui: il regista si ispira a Odissea tragica (1948) di Zinnemann con la moglie Bejo al posto di Montgomery Clift (...). Brutte le parti tra delegata UE e bambino (si tocca il fondo quando lei lo fa ballare sulle note dei Bee Gees). Incisivo, invece, l'incubo militare dell'ex giuggiolone russo trasformato in macchina per uccidere. In Concorso a Cannes 2014 tra i fischi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 5 marzo 2015)

"E' un buon film, ma certamente molto lontano dalle aspettative che può nutrire chi ha apprezzato 'The Artist', con il pregio di stemperare ogni eventuale rischio di deriva retorica o melodrammatica con un andamento abbastanza secco, da reportage. Che per affinità di tema (a parte il debito riconosciuto al film di Zinnemann) può discendere più da 'Germania anno zero' (senza la disperazione assoluta del capolavoro di Roberto Rossellini) che dal più sentimentale 'Sciuscià' di Vittorio De Sica. Di sicuro Hazanavicius conosce entrambi." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 5 marzo 2015)

"(...) sensibilizzato alle tragedie del genocidio e della guerra dai racconti dei nonni ebreo-askenaziti - il cineasta francese ha badato a conferire un'europea pasta di verità alla pellicola, lavorando il copione sulla base di numerose testimonianze, ritagliando una credibile Cecenia nella confinante Georgia e reclutando in loco parte del cast. (...) un film di fattura, che ha il limite di restare imbrigliato nella gabbia di un prevedibile manierismo. Ma le scene di guerra hanno vivida efficacia; e il loro forte tono di denuncia suonerà di certo sgradito ai piani alti del Cremlino." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 5 marzo 2015)

"Rispetto al calligrafismo pop un po' cafone del dittico dedicato a 'Oss 117', 'The Artist' faceva la figura dell'esercizio di stile bolso e vano. L'Oscar ad Hazanivicius, però, lo hanno dato per 'The Artist.' E son cose che a un regista fanno male. La riprova dell'effetto nefasto lo si è avuto l'anno scorso al Festival di Cannes, dove il regista ha presentato 'The Search'. (...) Nonostante le intenzioni evidenti, portare sullo schermo la Cecenia e le sue guerre, ciò che latita dal film è proprio il contesto e una lettura dello scontro politico. Lo sfondo ceceno resta immobile, immagine esotica senza profondità, dove le sfumature etniche e religiose di un conflitto politico sono piallate via a favore di una visione banalmente manichea per ribadire un'idea che al cinema ha trovato formulazioni ben più audaci: la guerra è un male assoluto (...). Ciò che delude di 'The Search', avendo il regista optato per raccontare il conflitto da un'ottica intima, è (...) la scarsa, inesistente passione melodrammatica. Non si avverte mai l'impatto devastante della tragedia. Solo l'esibizionismo della macchina produttiva. L'evidenza scritta di una sceneggiatura banale, svolta assecondando tutti i luoghi comuni di una retorica sentimentale priva di mordente. E, soprattutto, gli interpreti, tutti inerti, che si limitano a declamare le intenzioni della pagina scritta. (...) Accecato dall'immagine di se stesso come «autore», Hazanavicius firma il peggiore film della sua carriera, che inizia ad assomigliare a un equivoco. (...) il film può essere adottato nelle scuole di cinema come libro di testo in negativo sulle cose da non fare mai e gli errori più comuni commessi dai registi ben intenzionati." (Giona A. Nazzaro, 'Il manifesto', 5 marzo 2015)

"(...) un Oscar ti consente qualunque potere, incluso quello di imbastire - autoproducendoti - brutti film pensandoli in formato epico. 'The Search' è questo, niente di più e niente di meno: un melò bellico buonista asservito al virtuosismo del montaggio in parallelo di due vicende non parallele, intriso di (neo)realismo copiato dai migliori esempi, furbo e accattivante guanto basta ad entrare in concorso a Cannes. Un aspetto positivo? Hazanavicius ci credeva, e la sua passione si sente tutta." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 5 marzo 2015)

"Piacerà a chi voleva una bella storia su una guerra troppo presto rimossa dalla memoria occidentale. Certo non è una storia nuova (è il remake di 'Odissea tragica' con Montgomery Cliff ). Certo è una leggera delusione per chi dopo 'The Artist' si aspettava dal regista Hazanavicius un altro film super ('The Search' è solo decorosa normalità)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 5 marzo 2015)

"Ambizioso e sentito progetto di Hazanavicius che abbandona la commedia per un film serio. Il risultato? Un lungo mélo bellico, poco toccante. Con scivolate di pietismo e qualche retorica di troppo che lo fanno sprofondare al limite della noia." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 5 marzo 2015)

"Remake di 'Odissea tragica' di Zinnemann (1948), il nuovo film del regista premio Oscar per 'The Artist' deve molto a reportage giornalistici, ai libri della Politkovskaia, a 'Se questo è un uomo di Levi', a 'Full Metal Jacket' di Kubrick. L'obiettivo è smentire la teoria per cui i Ceceni sarebbero tutti terroristi, ma anche ricordare che tra le vittime della guerra ci sono tanti giovani russi costretti a diventare feroci killer perdendo ogni briciolo di umanità. E nel suo melodramma bellico Hazanavicius denuncia l'impotenza delle organizzazioni umanitarie e le sofferenze di cui è vittima la popolazione civile, indirizzando un preciso atto di accusa al Parlamento Europeo, indifferente al genocidio." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 6 marzo 2015)

"Se vinci cinque Oscar con un film, e prima non eri Scorsese o Spielberg, ti aspettano al varco. (...) Incapace di controllare il limite oltre il quale, per diffamare la guerra, se ne fa maldestro spettacolo, passando per una sceneggiatura vecchia e risaputa, invece di emozionare il film inganna proprio dove vuole smascherare e manipola la commozione dove vuole drammatizzare. (...) Per Hazanavicius un'opera è ancora un'anguilla, e il cinema un fiume incontrollabile. (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 6 marzo 2015)