The Eichmann Show - Il processo del secolo

The Eichmann Show

4/5
Convince il film sul primo processo trasmesso in Tv. Quando per la prima volta si incominciò a parlare di Olocausto

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GRAN BRETAGNA 2015
Gerusalemme, 1961. Per filmare il processo a uno dei uno dei più feroci criminali nazisti, il produttore televisivo Milton Fruchtman assume Leo Hurwitz, acclamato regista pioniere nell'utilizzo della multi-camera, ma inserito per oltre un decennio nella famigerata lista nera di McCarthy. Giunti a Gerusalemme, Hurwitz e Milton devono superare varie difficoltà tra cui quella di organizzare rapidamente una troupe composta da personale inesperto e soprattutto convincere i giudici a dare loro il permesso di filmare il processo. La pressione è tanta, ma il consenso alle riprese viene accordato e la squadra può piazzare in aula alcune telecamere appositamente nascoste. Nel corso di quattro mesi, i momenti salienti del processo vengono montati velocemente giorno per giorno e inviati tramite corriere in tutto il mondo, dando vita a un incredibile evento mediatico. Gli spettatori delle emittenti televisive internazionali vengono infatti messi a parte per la prima volta delle sconvolgenti testimonianze dei sopravvissuti all'Olocausto osservando, allo stesso tempo, l'imputato Adolf Eichmann rimanere impassibile e non mostrare alcun pentimento per quanto compiuto dichiarandosi «non colpevole» e di «avere solo eseguito degli ordini» ai quali non poteva sottrarsi.
SCHEDA FILM

Regia: Paul Andrew Williams

Attori: Martin Freeman - Milton Fruchtman, Anthony LaPaglia - Leo Hurwitz, Rebecca Front - Sig.ra Landau, Zora Bishop - Eva Fruchtman, Andy Nyman - David Landor, Nicholas Woodeson - Yaakov Jonilowicz, Ben Lloyd-Hughes - Alan Rosenthal, Ben Addis - Ron Huntsman, Dylan Edwards - Roy Sedwell, Justin Salinger - David Arad, Solomon Mousley - Perry Rudolph, Caroline Bartlett - Judy Gold, Ed Birch - Millek Knebel, Anna-Louise Plowman - Jane Hurwitz, Nathaniel Gleed - Tommy Hurwitz, Vaidotas Martinaitis - Adolf Eichmann, Zenonas Masiulis - Stan, Yitzchak Averbuch - Giudice Landau, Dziugas Siaurusaitis - Comandante Koppel, Maksim Tuchvatulin - Fred Csasznik, Justas Vanagas - Rolf Kneller

Sceneggiatura: Simon Block

Fotografia: Carlos Catalán (II)

Musiche: Laura Rossi

Montaggio: James Taylor (III)

Scenografia: Grenville Horner

Arredamento: Asta Urbonaite

Costumi: Daiva Petrulyte

Effetti: Linas Kuzminskas, DNegTV, Technicolor Creative Services

Durata: 90

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: FEELGOOD FICTION, BRITISH BROADCASTING CORPORATION (BBC)

Distribuzione: LUCKY RED (2016)

Data uscita: 2016-01-25

CRITICA
"Che ruolo hanno avuto la radio e la tv sulla comprensione della Shoah, in Israele e nel mondo? Per molti israeliani il processo Eichmann (aprile 1961), le cui udienze furono trasmesse in diretta, fu il primo contatto ravvicinato con l'Olocausto. In precedenza il loro approccio era stato caratterizzato da una incomprensione di fondo sull'ampiezza della tragedia e sulla terribile esperienza vissuta dai superstiti. Quell'evento, raccontato per la prima volta dalla tv, rappresentò una svolta nella memoria collettiva. Il processo ad Adolf Eichmann fu un momento drammatico per Israele e non solo. Basti pensare ai resoconti che Hannah Arendt scrisse per il New Yorker (raccolti poi nel libro 'La banalità del male') dove si sosteneva la «terribile normalità» della burocrazia nazista, capace di commettere le più grandi atrocità che il mondo avesse mai visto in nome di una cieca obbedienza. Il Male che Eichmann incarnava appariva alla Arendt «banale», e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori erano grigi impiegati. Il film 'The Eichmann Show' racconta appunto il ruolo che la tv ebbe nell'elevare questo processo a una sorta di presa di coscienza collettiva (è anche un piccolo trattato sulle riprese tv). (...) Ben 37 Paesi (tra cui Usa, Francia, Inghilterra, Australia, Argentina...) vollero mandare in onda quelle registrazioni. Soprattutto in Israele, la tv svolse un ruolo catartico, liberatorio: di fronte allo shock delle immagini, la popolazione si confrontò con se stessa e soprattutto con i sopravvissuti. I «salvati» non avevano voglia di parlare, non amavano raccontare la loro terribile esperienza, anche perché avevano la sensazione di non essere creduti. Gli scampati alla Shoah si coprivano con la camicia i numeri impressi a fuoco sulle braccia. Si sentivano «ebrei sconfitti» al confronto dei «pionieri» che apparivano invece come «ebrei vincenti». Queste anime così diverse che avevano vissuto la tragedia in maniera tanto dissimile riuscirono in un'aula di tribunale a esprimere insieme, per la prima volta dal 1948, un vero spirito unitario. Ci vollero quelle immagini televisive perché anche gli «altri» cominciassero a credere. Da allora, la tv, non diversamente dal cinema, ha assunto sempre più la duplice veste di fonte e strumento di narrazione storica. Se il Novecento è stato definito il secolo «della testimonianza», questo si deve alla sempre più massiccia e pervasiva presenza dei mezzi di comunicazione di massa che affiancano, registrano e, talvolta, si pongono al centro della vita politica e culturale delle società tardomoderne. Dal processo Eichmann, la tv diventa il luogo di dispiegamento - reale, simbolico o meramente retorico - dei fatti storici, che non possono sottrarsi all'occhio della pubblica visibilità (sebbene, ovviamente, il mito della visibilità totale lasci fuori ampi coni d'ombra). Le trasmissioni televisive cominciano a incidersi nella memoria collettiva, raggiungendo una grandissima audience, intervenendo direttamente sul contesto in cui la storia stessa si realizza. La tv diventa «agente di storia». 'The Eichmann Show' ci fa rivivere i quattro mesi del processo e la difficoltà delle riprese, anche dal punto di vista morale. Spesso l'etica (mostrare anche le fasi più noiose del dibattimento) si scontrò con l'estetica: drammatizzare il male attraverso i primi piani dell'imputato. Ma quelle immagini scioccarono il mondo per l'evidente mancanza di rimorso del colpevole." (Aldo Grasso, 'Corriere della Sera', 23 gennaio 2016)

"In Israele il processo andava in diretta, trasmesso dalla radio. Nel resto del mondo le immagini televisive arrivavano con lo scarto di qualche giorno, il tempo necessario a spedire i nastri magnetici per posta aerea da Gerusalemme, e poi doppiarli, sottotitolarli. Fu l'evento mediatico del 1961, nonostante la concorrenza della prima missione spaziale sovietica (quella che spedì in orbita il cosmonauta Yuri Gagarin) e a dispetto dell'inasprirsi della crisi a Cuba. (...) Operazione impeccabile dal punto di vista giuridico, ma potenzialmente disastrosa sul piano degli ascolti. Sì, perché il processo era una trasmissione televisiva come mai ne erano state realizzate in precedenza, ma pur sempre una trasmissione televisiva restava. Soggetta alla conta degli spettatori, sempre in bilico tra costi e ricavi. È su questa ambiguità che insiste 'The Eichmann Show' (...). Quelle del processo Eichmann sono fra le riprese televisive più famose nella storia dei media, ma la loro genesi rimane relativamente poco conosciuta. Ed è proprio questo il retroscena indagato da 'The Eichmann Show', dove si ricostruiscono con abbondanza di particolari le vicende e le personalità di quanti furono impegnati nell'impresa. (...) Oggi, a oltre mezzo secolo di distanza, viene da domandarsi se la televisione sia ancora in grado di intervenire con la stessa forza e con immutata integrità morale. Per rispondere, però, ci sarebbe bisogno di istruire un altro processo." (Alessandro Zaccuri, 'Avvenire', 22 gennaio 2016)

"(...) rigorosa ricostruzione meta-cinematografica che fa dello sguardo (s)oggetto il suo nucleo vitale. Senza abusare di fastidiose retoriche, il film fissa il proprio punto di vista sui protagonisti Milton Fruchtman (Freeman) il produttore dello show e Leo Hurwitz (LaPaglia) il regista da lui incaricato di organizzare le riprese: due uomini qualunque chiamati a 'mostrare' al mondo il Male assoluto, con le conseguenze che la Storia conosce." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 21 gennaio 2016)