Petit Paysan - Un eroe singolare

Petit Paysan

3.5/5
Economia di mezzi e décor ridotto al minimo. Ma l’esordio di Hubert Charuel è da incorniciare

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FRANCIA 2017
Pierre, un giovane allevatore di mucche da latte, è legato anima e corpo alla sua terra e ai suoi animali. Il futuro dell'azienda familiare però è messo in pericolo quando un'epidemia vaccina si diffonde in Francia. Il protagonista sarà trascinato in un vortice di colpe e speranze da cui sarà sempre più difficile uscire, spingendolo sino ai limiti estremi della legalità pur di salvare i suoi amati animali.
SCHEDA FILM

Regia: Hubert Charuel

Attori: Swann Arlaud - Pierre, Sara Giraudeau - Pascale, Bouli Lanners - Jamy, Isabelle Candelier - Madre, Jean-Paul Charuel - Padre, Marc Barbé - Responsabile DDPP, Valentin Lespinasse - Jean-Denis, Clement Bresson - Fabrice, Jean Charuel - Raymond, India Hair - Angélique

Sceneggiatura: Claude Le Pape, Hubert Charuel

Fotografia: Sébastien Goepfert

Musiche: Myd

Montaggio: Julie Léna, Lilian Corbeille, Grégoire Pontécaille

Scenografia: Clémence Petiniaud

Altri titoli:

Bloody Milk

Durata: 90

Colore: C

Genere: THRILLER DRAMMATICO

Specifiche tecniche: (1:1.85)

Produzione: DOMINO FILMS IN COPRODUZIONE CON FRANCE 2 CINÉMA

Distribuzione: NO.MAD ENTERTAINMENT (2018)

Data uscita: 2018-03-22

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DI: CANAL+, FRANCE TELEVISIONS, OCS, L'AVANCE SUR RECETTES DU CNC, LA FONDATION GAN POUR LE CINEMA, LA REGION GRAND EST, INDEFILMS 5.

- PROIEZIONE SPECIALE ALLA 56. SEMAINE DE LA CRITIQUE (CANNES, 2017).
CRITICA
"'Singolare' non è solo l'eroe ma anche il contesto campestre, raro al cinema. Più giocato sui gesti che sulle parole, valorizzato da una bella fotografia iperrealista, 'Petit paysan' unisce l'esattezza dello sguardo con la tenerezza e con un tocco di humour." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 22 marzo 2018)

"A dispetto dell'ambientazione rurale, delle riprese ravvicinate sulle tecniche di mungitura 'Petit Paysan' di Hubert Charnel è un dramma dai risvolti inaspettati. (...) il film assume e porta avanti fino alla fine i codici del thriller con una suspence lievemente ammorbidita dai toni della commedia che l'ansia trattenuta del protagonista carica di tensione. (...). La tensione che si crea è in netto contrasto con la pacifica ambientazione che dovrebbe avere il film dedicato alla vita agricola, così come da tempo nel cinema francese si vedono esempi ambientati ora in zona Rhône-Alpes ora in Auvergne o Limousin (grazie ai finanziamenti regionali). Lontani dal genere documentario, si arriva a sfiorare l'horror (è completamente inventato il morbo che fa trasudare sangue sul dorso degli animali) tenuto bene sotto controllo, a evocare perfettamente il panico degli allevatori con il dramma dell'antica tubercolosi delle bestie degli anni 50 fino alla mucca pazza degli anni 80. 'Petit Paysan' presentato alla Semaine de la Critique a Cannes è stato una rivelazione, ha vinto ben tre premi César (...) e lo rende particolare il sentimento di empatia del protagonista con i suoi animali, come solo nei western con i cavalli, un atteggiamento di sacrificio e dedizione come difficilmente si vede in un film. L'elemento raggelante è forse dovuto al fatto che è stato girato nella fattoria ormai deserta del giovane regista esordiente che ha scelto la strada del cinema." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 22 marzo 2018)

"È una grande storia d'amore, appassionata, così totalizzante da far smarrire il senso della realtà. Come in un melodramma d'antan dove l'eroe si metteva fuori dalla legge e dalla ragione per non perdere l'oggetto della sua passione. In questo caso, forse, ancora più struggente perché la causa di tanto desiderio non è una donna ma una mandria di mucche, quelle a cui il «piccolo contadino» del titolo ha dedicato tutta la vita. Non è una provocazione né lo spunto per una storia pruriginosa o men che meno perversa: il film di Hubert Charuel è la storia di un allevatore che ha scelto di dedicare tutto se stesso ai propri animali e, come in un romanzo d'appendice, deve fare i conti con un destino che invece di spingere il protagonista ad affrontare nuove avventure (come nei libri ottocenteschi) lo ripiega su se stesso, accecato da un «amore» che è diventato talmente assoluto da fargli letteralmente perdere la ragione. Senza dimenticare, poi, che questo 'Petit Paysan - Un eroe singolare' è anche un grande film sul mondo rurale, su una Francia che vuole restare attaccata alla sua terra, alle sue tradizioni, a un'idea di vita concreta e quotidiana, lontanissima da certe tentazioni della modernità. II che non vuol dire primitiva - nel film YouTube ha un ruolo fondamentale - ma piuttosto che cerca proprio nella fisicità del lavoro, nel rapporto diretto con gli animali (non a caso il protagonista rifiuta i robot per la mungitura), nella fatica di ogni giorno la ragione profonda di una scelta così assoluta. E così francese. (...) il film diventa (...) una specie di specchio dove ritrovare il rapporto di un Paese con una parte di sé, quella lontana dalle luci della mondanità, orgogliosa della propria tradizione professionale, ma anche impaurita della propria marginalità, fragile perché sostanzialmente sola. Una Francia che non è Parigi né Lione o Marsiglia ma che, come faceva (...) 'II medico di campagna', ci sa parlare di cose concrete e di passioni vere." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 19 marzo 2018)

"Un eroe singolare è il sottotitolo italiano, non peregrino: 'Petit Paysan', pluripremiato esordio del francese classe 1985 Hubert Charuel, ha un eroe singolare per protagonista e un singolare eroismo per virtù. A metà tra il dramma paesano e il thriller a voltaggio sociale (...) Charuel è figlio e nipote di allevatori, le vacche le ha governate, la fattoria del film è quella avita: insomma, sa di quel che parla, e in Pierre c'è, se non avesse mollato la stalla per la macchina da presa, il piccolo allevatore che sarebbe diventato. Nondimeno, i meriti del suo esordio vanno ben oltre la verosimiglianza e l'autenticità, perché interessano il cinema tout court: 'Petit Paysan' si smarca dalle convenzioni del dramma rurale, in primis perché il magrolino, cocciuto, financo stolido Pierre non è il contadino scarpe grosse e cervello fino in cui immedesimarsi a occhi chiusi, né a favore di camera zampettano 'Babe' maialini coraggiosi o i colpi di scena mungono la salvezza. Il thriller si schianta sulla realtà, il sistema, qui nella 'pars pro toto' sanitaria, stringe le viti e le vite, il buon senso finisce per terra, figuriamoci i sentimenti. Tre César, gli Oscar transalpini (migliore esordio, il protagonista Arlaud e la non protagonista Giraudeau), in bacheca, l'alto gradimento di Agnès Varda e molto ancora (...), non perdetelo." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 16 marzo 2018)