PELLE ALLA CONQUISTA DEL MONDO

PELLE EROBREREN

DANIMARCA 1988
Nell'800 molti lasciavano le povere lande della Svezia per andare a lavorare nella prospera Danimarca. Qui vi sbarcano l'undicenne Pelle Karlsson con Lasse suo padre, un vedovo già assai anziano, che ama molto il ragazzo e, come questi, ha una grande voglia di lavorare per un avvenire un po' più soddisfacente. Ingaggiati presso una grande fattoria, i due stranieri sono destinati alle stalle: la fatica loro e degli altri braccianti è tanta ed umiliazioni ed angherie sono frequenti. Pelle, intelligente e sensibile, è muto testimone e tutto nota: il padrone donnaiolo, con una moglie troppo ignorata e tradita; la giovanissima nipote di costoro che, venuta a passare con i due un periodo di vacanza, viene sedotta dal padrone, il quale pagherà con l'evirazione per mano della moglie la sua foia; una delle fantesche che, innamoratasi del figlio di un benestante dei dintorni, partorirà un bambino che annegherà mentre il giovane padre del neonato morirà in una notte di mare grosso, allorchè si lancerà al salvataggio dei passeggeri di un battello in difficoltà. Passano le stagioni e Pelle va a scuola, beffeggiato dai compagni e a loro inviso, non solo per la sua intelligenza e tenacia nell'apprendere, ma perché è e resta lo "svedese". Lui ha un amico in un povero coetaneo un po' matto, che è il figlio illegittimo del padrone, ed un amico ancora più importante lo trova in Erik, un bracciante che, non sopportando le vessazioni e lo sfruttamento, vuole emigrare in America. Durante un duro scontro tra costui e il fattore, che lo considera solo un agitatore e uno scansafatiche, Erik reagisce e ferisce l'altro; poi, gravemente colpito alla testa dalla grossa pietra che fa da contrappeso al secchio del pozzo, resterà menomato a vegetare nella fattoria. Lasse sarebbe proclive a sposare la moglie di un nostromo, che da un anno sembra scomparso in mare ma, quando tutto sembra fattibile, costui si fa vivo all'improvviso e il progetto fallisce. Preso da sconforto Lasse si dà sempre di più al bere: ogni entusiasmo del vecchio è ormai sopito, anche se la padrona, la signora Kongstrup, promuove Pelle come aiutante stalliere. Ma questi, ora più maturo, vuole decidere diversamente: il nuovo posto non lo interessa, poiché pensa che al di là dell'Atlantico deve esserci una vita migliore, sognata dall'amico Erik. Così, lasciato il padre Lasse, che gli consegna la vecchia Bibbia, Pelle se ne parte coraggiosamente per la grande avventura della vita.
SCHEDA FILM

Regia: Bille August

Attori: Pelle Hvenegaard - Pelle Karlsson, Max von Sydow - Lasse Karlsson, Erik Paaske - Il Fattore, Björn Granath - Erik, Astrid Villaume - Signora Kongstrup, Troels Asmussen, Al Strobye, Kristina Tornqvists, Karen Wegener

Soggetto: Martin Andersen Nexø

Sceneggiatura: Bille August

Fotografia: Jörgen Persson

Musiche: Stefan Nilsson

Montaggio: Janus Billeskov Jansen

Scenografia: Anna Asp

Costumi: Kicki Ilander

Durata: 144

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA

Tratto da: DAL ROMANZO "PELLE EROBREREN" DI MARTIN ANDERSEN NEXO

Produzione: PER HOLST FILM PRODUCTION, COPENHAGUE

Distribuzione: TITANUS DISTRIBUZIONE - VIDEOGRAM, NUMBER ONE VIDEO

NOTE
- PALMA D'ORO AL FESTIVAL DI CANNES 1988, OSCAR 1988 PER IL MIGLIOR FILM STRANIERO
CRITICA
"E' il film danese che ha vinto la scorsa primavera a Cannes la Palma d'oro. Io gliene preferivo degli altri, a cominciare da Bird, soprattutto per certi toni televisivi smotivati dal fatto che è la riduzione del primo di quattro volumi di un romanzo di egual titolo scritto da M.A. Nexo all'inizio del secolo e che ne presuppone con molta probabilità altre tre: destinate quasi di certo alla TV. Da qui la lunghezza di questa prima parte (due ore e mezzo) e, in tutta l'azione, il rifiuto deciso della sintesi. (...) Se il film avvince fino in fondo, però, il merito ce l'ha, oltre al carisma straordinario di Max von Sidow nella parte del padre, la sensibilità del piccolo interprete al suo fianco. Che anche lui, come il personaggio, si chiama Pelle. Per l'entusiasmo della sua mamma nei confronti del romanzo." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 14 Ottobre 1988)

"Nel maggio scorso a Cannes la giuria internazionale, presieduta da Ettore Scola, spiazzò la maggior parte dei critici e del pubblico del 41° festival assegnando la Palma d'oro a 'Pelle Erobreren'. Suppongo di essere stato a Cannes uno dei non molti che lo videro sino in fondo senza annoiarsi, uno dei pochi che non lo sbrigarono come un dignitoso ma greve e prolisso sceneggiato televisivo. Io stesso, però, pronosticai un premio per Max von Sydow come migliore attore, premio che invece fu dato al nero Forest Whitaker, il Charlie Parker di 'Bird' che, secondo me, meritava la Palma d'oro. Fui sorpreso anch'io, dunque. (...) Ho visto 'Pelle alla conquista del mondo' nel maggio scorso, e non l'ho dimenticato. Non dimenticherete facilmente la storia di Lasse Karlson di Tulilandia e del suo indomito figlio Pelle, che vuole diventare un uomo libero." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 25 Settembre 1988)

"Bisogna intendersi. Ineccepibile e possente saga popolare sulla povertà che precedette l'avvento del sol dell'avvenire, e professionalmente d'ottima riuscita per la prova degli attori e per il toccante senso della natura dei nordici - tenere a mente la fotografia di Jorgne Persson - il film alterna momenti assai suggestivi con altri d'un naturalismo molto uggioso. Siamo nell'alta accademia, sovvenzionata come diremmo dai sindacati, che è forse il massimo della retorica ma la struttura classica dei film, con i suoi squarci avventurosi e romanzeschi e alcuni chiaroscuri che danno una luce patetica alla galleria dei ritratti, conferiscono all'opera, e al suo nodo poetico, che è il rapporto fra padre e figlio, un risalto umanistico sufficiente a riscattare i luoghi comuni d'uno spettacolo, epicamente naturalista, chiamato a tranquillizzare la platea televisiva. Recentemente sono arrivati sui nostri schermi 'Il pranzo di Babette' e 'La mia vita a quattro zampe'. Questo 'Pelle alla conquista del mondo' ('Pelle Erobreren') ne resta al disotto, nonostante lo scrupolo con cui reinventa la civiltà rurale dell'epoca, ma è un altro segno della ripresa del cinema danese. Chi crede nel cinema europeo non può che rallegrarsene." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 29 Settembre 1988)