Pelé

Pelé: Birth of a Legend

1.5/5
Biopic sulla leggenda che si riduce ad un’enfatica esaltazione della “ginga”. Ennesima occasione sprecata per il cinema di misurarsi con il calcio

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USA 2016
L'incredibile storia vera del leggendario giocatore di calcio brasiliano Edson Arantes do Nascimento, universalmente noto come Pelé, che da semplice ragazzo di strada raggiunse la gloria, appena diciasettenne, trascinando la nazionale brasiliana alla vittoria del suo primo mondiale nel 1958 e diventando poi il più grande calciatore di tutti i tempi vincendo altre due Coppe del Mondo. Nato in povertà, affrontando un'infanzia difficile, Pelé ha usato il suo stile di gioco poco ortodosso e il suo spirito indomabile per superare ogni tipo di ostacolo e raggiungere la grandezza che ha ispirato un intero Paese, cambiandolo per sempre.
SCHEDA FILM

Regia: Jeff Zimbalist, Michael Zimbalist

Attori: Leonardo Lima Carvalho - Pelé bambino, Kevin de Paula - Pelé ragazzo, Diego Boneta - José Altafini, Rodrigo Santoro - Commentatore Brasiliano, Vincent D'Onofrio - Allenatore Feola, Colm Meaney - George Raynor, Seu Jorge - Dondinho, Felipe Simas - Garrincha, Mariana Balsa - Lucia, Seth Michaels - Mario, Vivi Devereaux - Austin Smith, Mariana Nunes, Julio Levy, Thelmo Fernandes, Rafael Henriques, Charles Myara, Jerome Franz, Milton Gonçalves

Sceneggiatura: Jeff Zimbalist, Michael Zimbalist

Fotografia: Matthew Libatique

Musiche: A.R. Rahman

Montaggio: Luis Carballar, Naomi Geraghty, Glen Scantlebury

Scenografia: Dominic Watkins

Costumi: Inês Salgado

Effetti: Sergio Farjalla Jr., Ollie Rankin, Method Studios

Durata: 107

Colore: C

Genere: BIOGRAFICO SPORTIVO

Specifiche tecniche: RED EPIC DRAGON

Produzione: IMAGINE ENTERTAINMENT, SEINE PICTURES

Distribuzione: M2 PICTURES

Data uscita: 2016-05-26

TRAILER
NOTE
- TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI FIGURA ANCHE PELÉ. RODRIGO SANTORO FIGURA ANCHE COME PRODUTTORE ASSOCIATO.
CRITICA
"Smaccatamente agiografico con un risultato pomposo e ridicolo. Peccato." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 26 maggio 2016)

"La scelta ambiziosa e vincente dei registi (...) è di concentrarsi sull'ascesa di una superstar, in grado di passare dalla povertà assoluta alla gloria internazionale in soli diciotto mesi (perciò il titolo originale 'Pelé: Birth of a Legend'). Su quelli e sulle stagioni precedenti di un bambino che giocava scalzo in campetti improvvisati con una palla fatta di stracci e con la stoffa delle tende per maglietta. (...) il creativo direttore della fotografia Matthew Libatique (...) sceglie di puntare sulla sensazione del movimento, su colorate sequenze dall'alto e poi ravvicinate, sui dettagli delle triangolazioni per illustrare l'innocenza originaria del futebol, quella carica di piacevole agonismo, il bellissimo sport preferito. Al di là di qualche inevitabile stereotipo nella squadretta di pulcini (con l'occhialuto e il ciccione, le marachelle quotidiane e un avvenimento drammatico) (...). Pensato come omaggio alla World Cup 2014, disputatasi in Brasile, ma finito in ritardo, il film rievoca il difficile clima internazionale, tra brevi sequenze d'epoca e dichiarazioni forzate (e un po' inventate per condire la vicenda), che accompagna la Seleção nel torneo iridato. La sequenza travolgente è nello storico hotel di lusso di Stoccolma, prima della finale, con tutta la squadra che esegue veroniche, rabone, tunnel e giocate di sponda tra i corridoi e la cucina dell'albergo (fin troppo somigliante allo spot promozionale Nike Airport '98, quello con Ronaldo e Romano che ingannano l'attesa in aeroporto con tiri al volo, stop impossibili tra doganieri e turisti)." (Flaviano De Luca, 'Il Manifesto', 26 maggio 2016)

"Partiamo da un dato che potrebbe sembrare opinabile ma che cent'anni di storia del cinema (e dello sport) hanno reso inoppugnabile: il calcio non è rappresentabile. È uno sport quasi unico, in questo: molti bravi attori sono riusciti a sembrare pugili autentici, mentre non esistono sostanzialmente attori che sappiano giocare a pallone sullo schermo in modo credibile. Kevin De Paula potrà fare tutti gli sforzi del mondo, nell'interpretare Pelé, ma non c'è niente da fare. (...) a meno di girare un film in cui Pelé interpreta Pelé (e oggi dovrebbe interpretarlo all'età di 70 anni e passa), fare un film su Pelé è impossibile. Con buona pace di Jeff e Michael Zimbalist, i registi del lavoro in questione." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 26 maggio 2016)

"Se vi vengono gli occhi lucidi ogni volta che rivedete Pelé effettuare quella rovesciata al ralenti alla fine di 'Fuga per la vittoria' (...), non perdete questo mezzo biopic su Edson Arantes Do Nascimento, in arte Pelé. Mezzo perché la vita del ragazzino che palleggiava nelle favelas con manghi e arance viene raccontata fino a quella mitica finale del Campionato del mondo in Svezia del 1958. (...) Bel film. Semplice e diretto come la rivalità tra i giovani compagni di squadra Pelé e Altafini (...)." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 26 maggio 2016)

"Piacerà ai fanatici del calcio che fu (le rievocazioni hanno momenti ottimi) e a coloro che amano vedere al cinema le belle storie di riscatto sociale (un ragazzo nato per perdere che diventa l'emblema della vittoria). Disturberà un poco chi ha un ricordo diverso dal film di altri grandi (Altafini, Liedholm, Garrincha)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 26 maggio 2016)

"A ribadire che il calcio al cinema non funziona (quasi) mai, ecco 'Pelé', scontata success-story dalle stalle (favelas) alle stelle, unanimemente dileggiata dalla critica. Tenuto a battesimo dal produttore hollywoodiano Brian Grazer, maldestramente diretto dai fratelli Zimbalist e 'impreziosito' dal cammeo dello stesso Pelé, è un biopic sul calcio fatto coi piedi." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 26 maggio 2016)

"Passabile biografia di un campionissimo del calcio, che si sofferma a lungo sugli anni dell'infanzia nelle favelas attorno a Rio. Però quanti svarioni. I cartellini gialli e rossi furono introdotti nel Mondiale del '70, non potevano già esserci in quelli del '58, dove esordì il diciassettenne Pelé. Il film poi sostiene che nella finale di Stoccolma era favoritissima la Svezia. Invece era più che scontata la vittoria del Brasile. Che infatti trionfò, per 5-2, non per 5-1 come viene fatto credere allo spettatore." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 26 maggio 2016)

"Un film buono, ma per i bambini di oggi, un po' meno per quelli cresciuti con i cartoon calcistici degli anni 80 di 'Holly e Benji' o per la generazione successiva degli affezionati agli 'Shaolin Soccer'. Il resto del mondo non rimarrà molto colpito dalla pellicola, se non dalla 'Ginga'. Il movimento danzante, da Capoeira, che pare abbia ispirato l'apprendistato tecnico del piccolo "Dico". Le scene più belle di Pelé (...) sono infatti quelle della Ginga esibita dai "Senza scarpe", i bambini e compagni di squadra di "Dico", capaci di palleggiare per ore con dei palloni fatti di stracci senza farli cadere in terra. (...) II film degli Zimbalist strappa qualche risata e la lacrima a tratti accarezza la palpebra. (...) II piccolo "Dico" da sempre attraversa il mondo, e adesso lo farà ancora di più con questo film imperfetto, come del resto è il percorso di ogni uomo, Pelé compreso. Ciò che rimane dopo la parola "Fine" è la magia di un pallone e l'atmosfera indelebile dell'appartenenza a una squadra che su un prato, d'incanto, spesso diventa popolo ed è capace di fermare il tempo." (Massimiliano Castellani, 'Avvenire', 27 maggio 2016)

"Efficace la ricostruzione della schiavitù di uomini, donne e bambini (un coretto biondo per l'orco) mantenuta con pasticche ed elettroshock, ma la fiction della coppia (un fotografo e una hostess) in fuga dall'invalicabile perimetro non ha la complessità necessaria, imita alla svelta il film carcerario, sbriga un finale con scarse spiegazioni. Tenebroso il guru Nyqvist, vittime di sceneggiatura incompleta la Watson e Brühl." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 28 maggio 2016)