MELO

MELO

FRANCIA 1986
Parigi 1929: Marcel Blanc e Pierre Belcroix, due violinisti ex compagni di conservatorio, si rivedono dopo tanti anni. Il primo, scapolo, è diventato un virtuoso dello strumento, ricercato in patria ed all'estero; il secondo, sposato felicemente con Romaine, detta Maniche, è soltanto primo violino, senza grandi ambizioni, in una famosa orchestra di Parigi. Marcel, invitato a cena in casa di Pierre, è messo subito a suo agio dalla prorompente vitalità della giovane donna e dalla cordialità dell'amico: stimolato dalle domande della coppia si lascia andare a ricordi tristi di un amore finito con una donna che l'ha lasciato per un altro. Marcel soffre ancora visibilmente per quella cocente delusione e il suo dolore colpisce Maniche, che rimane affascinata da quell'uomo di successo sfortunato con le donne. Il giorno dopo ella, bella ed istintiva, fa in modo di incontrarsi con Marcel e fra i due inizia un'appassionata storia d'amore. Pierre non sospetta nulla anche se Maniche ogni giorno va dall'amante ed in casa è sempre più nervosa col marito. Anche la presenza devota della cugina Christiane Levesque, segretamente innamorata di Pierre, le dà noia. Marcel un giorno le annuncia che deve partire per una serie di concerti e i due amanti sono disperati: la lontananza sarà, per entrambi uno strazio indicibile. Si lasciano con la promessa scambievole che al ritorno rimarranno per sempre insieme e la donna farà in modo di liberarsi di Pierre. Inizia così a somministrargli ogni giorno delle gocce di veleno; in tal modo Pierre comincia a star male, a sentirsi debole, ad avere terribili mal di testa. A niente servono le cure amorevoli di Christiane: un giorno però, dopo un'ennesima e più grave crisi di Pierre, ella chiama un altro medico per aiutare il malato. Il dottore sospetta che l'uomo stia male seriamente e per cause non solo naturali. Maniche è sconvolta, si vede quasi scoperta e fugge di casa per rifugiarsi nella braccia di Marcel appena tornato dal suo viaggio di lavoro. Egli cerca di calmare la donna e la invita a tornare a casa da Pierre poichè solo dopo la guarigione di quest'ultimo prenderanno decisioni definitive. Maniche torna dal marito il quale, sempre ignaro della relazione della moglie col suo migliore amico, la accoglie con immutato affetto e devozione. La giovane donna, oppressa dal rimorso e dalla consapevolezza dell'impossibilità di essere felice con Marcel, decide di togliersi la vita gettandosi nella Senna. Sono passati tre anni: Pierre si è rifatto una vita, ha sposato Christiane che gli ha dato un figlio. Marcel è sempre più solo col successo che non lo abbandona mai. I due uomini si rivedono e Pierre vorrebbe sapere se Maniche sia stata davvero l'amante di Marcel, ma questi nega tutto. Tuttavia in alcuni momenti la sua sicurezza sembra vacillare e Pierre è quasi sul punto di scoprire la verità. Però è solo questione di attimi: la verità è irraggiungibile ed ai due uomini infelici che stanno per salutarsi definitivamente, in quanto Pierre ha deciso di andarsene con la famiglia a Tunisi, non resta altro che rifugiarsi nella musica e nel ricordo di una donna che tanto ha significato per entrambi.
SCHEDA FILM

Regia: Alain Resnais

Attori: Sabine Azéma - Romaine Belcroix, André Dussollier - Marcel Blanc, Pierre Arditi - Pierre Belcroix, Fanny Ardant - Christiane Levesque, Hubert Gignoux - Il Prete, Catherine Arditi - Yvonne

Sceneggiatura: Alain Resnais

Fotografia: Charles Van Damme

Musiche: Philippe Gerard, Johannes Brahms, M. Philippe-Gerard

Montaggio: Albert Jurgenson

Scenografia: Jacques Saulnier

Costumi: Catherine Leterrier

Durata: 112

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Tratto da: TRATTO DALL'OPERA TEATRALE DI HENRI BERNSTEIN

Produzione: MK2 FILMS A2

Distribuzione: ACADEMY (1987) - STARDUST

CRITICA
"Ciò che per quasi due ore ci ha tenuti effettivamente avvinti è il perfetto stile con cui il gusto di un'epoca è rievocato, senza che l'ironia abbia il sopravvento sulla nostalgia e viceversa, e senza che l'operazione di revisione del vecchio testo ne comporti alcuna vera modifica. Fotografia, scenografia, costumi, e un'accorta scelta di musiche romantiche, completano impeccabilmente il quadro. E se all'inizio una lunga e statica scena a tre, in un giardino sottilmente finto, forse ci disorienta un poco, poi il gioco ci cattura con la sua grazia e la sua malizia, anche indipendentemente dal fatto che la invero raffinatissima regia riesca o non riesca a trasformare il tour de force in un'opera filmica del tutto libera dall'ipoteca formale della teatralità del testo d'origine. (...) Ora, è certo un peccato che il rifiuto tutto italiano del sottotitolo neghi a tali interpreti di conservare tra noi le loro voci. Ma va detto che l'ottima qualità della traduzione e del doppiaggio ci consola almeno in pane della perdita. E, dato il film, non è un danno che il profumo di teatro ne risulti così percettibilmente esaltato." (Guglielmo Biraghi, 'Il Messaggero', 23 febbraio 1987)

"In 23 giorni gira, quasi in diretta e con assoluta facilità e felicità di scrittura, un film che, se non fosse stato presentato fuori concorso, avrebbe avuto buone possibilità di vincere il Leone d'Oro di Venezia quale miglior opera dell'ultima Mostra. (...) Alain Resnais, con questa emblematica storia dell'amore inespresso, incastra da maestro del cinema qual è, il gran canovaccio della passione e del tradimento, della fedeltà e della menzogna: sul filo di un'accorta selezione di musiche romantiche, la regia ci cattura e ci tiene avvinti attraverso un'operazione stilistica e raffinata di grande equilibrio, senza spingere troppo il tasto né del sentimentalismo, né dell'ironia, né della nostalgia. Il terzetto degli attori, al quale si aggiunge nel finale una bravissima Fanny Ardant, è davvero prodigioso: Sabine Azema, trepida nel suo angosciato amore; Pierre Arditi, il tenero e tormentato marito, Andrè Dussolier, il fervido amante." (Vittorio Spiga, 'Il Resto del Carlino', 6 marzo 1987)

"L'opera si intitola 'Mèlo' per fedeltà al testo teatrale di Henry Bernstein, rappresentato per la prima volta a Parigi il 12 marzo 1929, l'altro eventuale titolo avrebbe perfettamente alluso all'essenza dell'operazione resnaisiana: ricostruire il clima degli anni Venti nel décor, nel gusto, nel linguaggio, nello stile, nei sentimenti, nelle passioni e nelle finzioni care alla borghesia d'epoca. (...) Alain Resnais, mostrando di aver capito tutto ciò, non tenta alcuna trasposizione di luoghi o di epoche. Lascia intoccata l'irrefutabile datazione, anzi la sottolinea. Inizia e chiude l'azione con alzate e calate di sipario. Si guarda dal trasporre l'azione in un contesto realistico: invece, quasi mettendola tra virgolette, sottolinea la recitazione travestita, il décor d'altri tempi, l'ambientazione da manuale d'architettura in interni. Si impone di non dimenticare la rappresentazione." (Sergio Frosali, 'La Nazione', 25 marzo 1987)