Manderlay

Il provocatore Lars von Trier torna ad attaccare l'America razzista di Bush. Ma rischia di essere frainteso

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DANIMARCA 2005
USA, 1933. Grace ha abbandonato Dogville insieme al padre e alla sua banda di gangster per cercare un nuovo posto dove stabilirsi. La ricerca non è facile per cui il viaggio si rivela più lungo del previsto. Poiché nessun luogo sembra adatto decidono di andare verso sud e di passare per l'Alabama. E' qui che Grace entra in contatto con gli abitanti di una remota piantagione di cotone chiamata 'Manderlay' quando Flora, una delle schiave, chiede il suo aiuto per salvare dalle frustate Timothy accusato di aver rubato del vino. Grace scopre così una terribile realtà fatta di schiavitù, repressione e ingiustizia. La ragazza tenterà di cambiare le leggi rigide e crudeli che regolano la piantagione, cercando nel frattempo di infondere negli ex-schiavi i principi della democrazia.
SCHEDA FILM

Regia: Lars von Trier

Attori: Bryce Dallas Howard - Grace, Isaach de Bankolé - Timothy, Willem Dafoe - Padre di Grace, Danny Glover - Wilhelm, Lauren Bacall - Madre di Grace, Chloë Sevigny - Philomena, Udo Kier - Sig. Kirspe, Rik Launspach - Stanley Mays, Suzette Llewellyn - Flora, Charles Maquignon - Bruno, Ian Matthews, Seth Mpundu - Ed, Sherrell Murphy-Ramos, Joseph Mydell - Mark, Derrick Odhiambo-Widell - Willie, Javone Prince - Jack, Clive Rowe - Sammy, Maudo Sey, Erich Silva - Viggo, Nina Sosanya - Rose, Ross Tamlor, Eric Voge, Alemayehu Wajikira - Milton, Nick Wolf, Jean-Marc Barr - Sig. Robinsson, Andrew Hardiman, Fredric Gildea, Llewella Gideon - Victoria, Jeremy Davies - Niels, Dona Croll - Venus, Ruben Brinkmann - Bingo, Michaël Abiteboul - Thomas, Virgile Bramly - Edward, Hasse Karlsson, Wendy Juel - Claire, Michael Johansson, Zeljko Ivanek - Dottor Hector, Emmanuel Idowu - Jim, Ginny Holder - Elisabeth, Aki Hirvonen, Mona Hammond - Wilma anziana

Soggetto: Lars von Trier

Sceneggiatura: Lars von Trier

Fotografia: Anthony Dod Mantle

Montaggio: Molly Malene Stensgård, Bodil Kjærhauge

Scenografia: Peter Grant

Costumi: Manon Rasmussen

Effetti: Peter Hjorth

Durata: 139

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: FILM I VAST, ISABELLA FILMS B.V., ZENTROPA ENTERTAINMENTS

Distribuzione: 01 DISTRIBUTION

Data uscita: 2005-10-28

NOTE
- SECONDO LUNGOMETRAGGIO DELLA TRILOGIA AMERICANA DEL REGISTA, PROGETTATA COME "USA - LAND OF OPPORTUNITIES" INIZIATA CON "DOGVILLE" (2003).

- PRESENTATO IN CONCORSO AL 58MO FESTIVAL DI CANNES (2005).
CRITICA
"Signore e signori, 'Dogville 2', anzi 'Manderlay'. Come nell'originale, niente scenografie: case, alberi e strade sono sostituiti da scritte in terra, con effetto brechtiano. Protagonista è sempre la giovane idealista figlia di un gangster, in fuga verso Sud durante la Grande Depressione. Anche se, defilatasi Nicole Kidman, stavolta Grace ha il viso virginale di Bryce Dallas Howard. Anzi, a esser perfidi, 'Dogville' sta a 'Manderlay' come la più complessa (e sessuata) Kidman sta alla fragile Howard. (...) Il gioco è scoperto, la morale scontata, la pedagogia sadica di Von Trier, alla lunga, monotona. Stavolta insomma il danese rischia di predicare ai convertiti. E rovescia i codici del cinema classico più per partito preso che per reale necessità narrativa." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 ottobre 2005)

"'Manderlay' o 'Dogville 2'? In ogni caso il gioco mostra la corda e partorisce un film monotono e confusionario. Innanzitutto c'è l'handicap della ripetizione. Poi c'è la caduta più rovinosa, la (forzata) rinuncia al carisma di Nicole Kidman malamente surrogata dall'impalpabile personalità di Bryce Dallas Howard. Infine l'ambiguo ma suggestivo sadismo brechtiano di 'Dogville' lascia il passo a una lezioncina sul razzismo e l'esportazione forzata della democrazia banale persino per Celentano. (...) Con il contorno di dialoghi o troppo scherzosi o troppo didascalici, di recitazioni manieristiche e di una noia diffusa che, invece di censurare le colpe della violenza yankee, finisce col mortificare l'entusiasmo credulone dei Von Trier-dipendenti." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 29 ottobre 2005)

"Diviso in otto capitoli come un libro, narrato da una voce fuori campo come una favola, senza costruzioni scenografiche ma con appena indicazioni di spazi e luoghi dell'azione come in 'Dogville', 'Manderlay' è pensato con intelligenza, abilità metaforica, volontarismo. Il congegno intellettuale è perfetto, torna in ogni accostamento e allusione, rimane più forte della maestria cinematografica (succede, nel cinema di Von Trier). Eppure, se le idee del regista possono sembrare semplificate e confuse, il suo bel film è chiarissimo." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 28 ottobre 2005)

"Lars von Trier continua con le contraddizioni della storia sociale Usa nel suo maxi studio cine-tv in cui in realtà fa teatro: Brecht. Dopo 'Dogville', l'anima buona che era della Kidman e ora della brava Bryce Dallas Howard, fa rotta verso l'Alabama per parlare della necessaria schiavitù. Impossibile essere buoni, solo l'ambiguità ci può salvare. Crudele cantore della naturale sottomissione al Male, l'autore del 'Dogma' è fedele al modello per eccesso in 8 capitoli. Tra cartine e segni di gesso,
l'America non dei sogni ma degli incubi, ricostruita per dispiacere con voce off e l' inutile catarsi di una donna delusa. Manca la folgorante sorpresa del primo film, resta la costanza stilistica e amorale. Trovate la sintonia e sposate in poltrona l'universale disfacimento: i giochi son tutti truccati, anche del e dal cinema." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 29 ottobre 2005)