LO SPECCHIO

AYNEH

IRAN 1997
All'uscita di scuola, Mina, una bambina di undici anni, attende la madre che però tarda a farsi viva. Intanto la televisione sta trasmettendo la partita di calcio tra iraniani e coreani. Dopo aver tentato di telefonare, Mina si avvia da sola verso casa, sbaglia autobus e così inizia una grande avventura.
SCHEDA FILM

Regia: Jafar Panahi

Attori: Mina Mohammad Khani, Kazem Mojdehi, Naser Omouni, M. Shirzad, T. Samadpour

Sceneggiatura: Jafar Panahi

Fotografia: Fardat Jodat

Montaggio: B. Ardalan

Altri titoli:

THE MIRROR

Durata: 95

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM

Produzione: JAFAR PANAHI E VAHID NIK-KHAH- AZAD PER ROOZ FILM

Distribuzione: MIKADO

NOTE
- PARDO D'ORO AL FESTIVAL DI LOCARNO 1997
CRITICA
"La regia osserva, registra, rilegge solo quando dimostra che il vero e il finto sono identici e, in tutto il resto, tende a comporre uno spaccato di vita che nasce esclusivamente dal reale anche quando lo ricostruisce. Secondo la tradizione migliore del grande cinema iraniano, da quello, pur perseguitato, degli anni dello Scià, a quello, altrettanto perseguitato, di questi anni recenti, sotto l'egida di Abbas Kiarostami, considerato fino a ieri il maestro di Jafar Panahi: che oggi, però, con solo due film, è arrivato già alla sua altezza e pronto a lasciare il suo felicissimo segno. Cinema è invenzione, Il quotidiano di cronaca e l'immaginato, il ricreato. Nelle cifre di un'arte che, anche quando vola alto, resta fedele a livello dell'uomo. Anzi, suo specchio." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 10 luglio 1999)

"Jafar Panahi racconta la stessa storia con due tecniche diverse: quella del cinema di finzione, con gli attori che recitano, e quella del cinema-verità, con i protagonisti ripresi a loro insaputa. Panahi non ci dice quale delle due tecniche sia la migliore, ma si limita a mostrarci gli effetti di ripresa: più fluido, più avvincente, meglio fotografato il cinema di finzione; più diretto e più vero l'altro, nonostante la fotografia sporca, le riprese impallate e il sonoro che va e che viene. Insomma, una lezione di cinema. Con una piccola grande interprete che in entrambi gli esempi sfoggia la sicurezza e il distacco della diva." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 8 agosto 1999)

"Non è che la differenza nel modo di organizzare le riprese fra la prima e la seconda parte del film sia abissale, che ci sia un divario marcato fra il momento della ricostruzione fantastica e quello della registrazione realistica. Senza dubbio i capitoli iniziali e i centrali di 'Lo specchio' sono meglio costruiti, e significativi appaiono i discorsi che vi si ascoltano, le figure che vi compaiono. I brani conclusivi sono, sì più disordinati e rispondono a un taglio documentaristico. Ma tutto, in 'Lo specchio', è simulato e l'intero film tende a dare una documentazione verosimile di una società. Certamente Panahi è bravo nel suggerire un pedinamento, nel realizzare una vecchia intuizione di Zavattini: ogni tanto gli inseguitori perdono di vista Mina e la cercano in viuzze secondarie, nella vita meno agitata che sta dietro la schiera di case del corso in cui le automobili si contendono ogni centimetro. Insomma siamo davanti a due specchi, magari di foggia e di molatura diverse, che raccolgono le stesse immagini. E, messe insieme, tali immagini suggeriscono una metafora, qualcosa da decifrare al di là della loro apparenza. Alla prima occhiata ci fimo pensare al caos e insieme alle possibilità degli uomini di dominarlo." (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 16 luglio 1999)