Nel nord del Marocco esiste l'enclave spagnola di Melilla: un pezzetto di Europa in Africa. Dalla montagna sovrastante, un migliaio di migranti africani pieni di speranza guardano la recinzione che separa il territorio marocchino da quello spagnolo. Il maliano Abou è uno di loro e per oltre un anno ha incessantemente cercato di saltare la recinzione di filo spinato, evitando gli idranti e le brutali autorità locali. Abou è l'autore delle riprese che raccontano la storia di chi lotta per conquistarsi dignità umana e libertà in una delle frontiere più militarizzate al mondo. Questo è un film sul coraggio di un filmaker, armato solo di speranza e desiderio per un futuro migliore.
SCHEDA FILM
Regia: Moritz Siebert, Estephan Wagner, Abou Bakar Sidibé - co-regia
Attori: Abou Bakar Sidibé - Se Stesso
Sceneggiatura: Moritz Siebert, Estephan Wagner
Fotografia: Abou Bakar Sidibé
Montaggio: Estephan Wagner
Altri titoli:
Those Who Jump
Durata: 80
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: HD, DCP
Produzione: FINAL CUT FOR REAL IN COLLABORATION CON DR-DANISH BRODACASTING COMPANY, IN COLLABORAZIONE CON DR
Distribuzione: I WONDER PICTURES/UNIPOL BIOGRAFILM COLLECTION
NOTE
- REALIZZATO CON IL SUPPORT DI: DANIDA, THE DANISH FILM INSTITUTE/FILM WORKSHOP BY FILM CONSULTANT CHRISTINA ROSENDAHL, BMU FOUNDATION.
- PREMIO DELLA GIURIA ECUMENICA AL 66. FESTIVAL DI BERLINO (2016, SEZIONE 'FORUM'; EX AEQUO CON "BARAKAH YOQABIL BARAKAH" DI MAHMOUD SABBAGH).
CRITICA
"(...) è la prova che oggi i documentaristi - pensiamo anche a 'Fuocoammare' di Rosi, ma non solo - lavorano come cartografi che anziché disegnare rilievi e frontiere 'mappano' le tensioni, le paure, le speranze di un mondo in ebollizione. E stavolta lo fanno dall'interno, perché solo Sidibé poteva mostrarci la vita materiale e spirituale, le tensioni a loro modo politiche (ogni comunità nazionale ha la sua amministrazione e i suoi 'ministri'), i rituali magici, le partitelle a calcio (bisogna pur vivere), il cameratismo, l'attenta preparazione degli assalti al muro, la paura di non farcela, il dolore per gli amici che magari muoiono nell'impresa (e bisogna trovare il coraggio di avvisare la famiglia «e parlare di loro perché l'anima si dia pace», e sperare di non diventare cadaveri senza nome e senza sepoltura, la paura peggiore di tutte)... (...) nemmeno Wagner e Siebert si aspettavano che 'Les sauteurs' diventasse - anche - l'emozionante ritratto di un neofita che guardando il mondo nell'obiettivo scopre un senso nuovo in ciò che lo circonda, sente di esistere grazie a ciò che racconta, insomma si scopre regista, con tutto il carico di piaceri e paure, dubbi e invenzioni, che la cosa comporta." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 giugno 2016)