Interiors

USA 1978
La distinta famiglia americana dell'industriale Arthur è composta dalla moglie Eve e dalle figlie Joey, Renata e Flyn. Joey, la preferita dal padre e la più attaccata alla madre, è perennemente incerta. Convive con Mike, ma non si decide a sposarlo, persino quando si accorge di essere rimasta incinta, inoltre passa da un impiego all'altro, sognando di diventare una fotografa d'arte per emulare sua sorella Renata. Questa, infatti, è una scrittrice affermata e la sua carriera dà persino fastidio a suo marito Frederick, a sua volta scrittore. Flyn, la più giovane delle tre figlie di Eve e Arthur, sembra la più distaccata poiché, essendo attrice a Hollywood, compare fugacemente in famiglia e non risente dell'atmosfera che diviene ogni giorno sempre più pesante. Eve, infatti, da sempre ipertesa, portata dalla sua sensibilità di arredatrice all'ipercritica e alla pignoleria, cade in uno stato di forte esaurimento nervoso e inizia a peregrinare da una clinica all'altra. In un momento in cui Eve sembrerebbe tranquilla e le figlie ormai autonome e sistemate, Arthur chiede una separazione sperimentale. Eve reagisce tentando il suicidio con il gas. Riordinate le cose, Arthur chiede il divorzio e sposa l'insignificante Pearl. Eve, raggiunta la casa dove i suoi hanno festeggiato l'avvenimento, nella notte trova la morte nell'oceano. Joey, l'unica che ha intuito il suicidio e ha tentato di salvare la mamma, viene a stento salvata da Pearl e Mike.
SCHEDA FILM

Regia: Woody Allen

Attori: Kristin Griffith - Flyn, Mary Beth Hurt - Joey, Richard Jordan - Frederick, Diane Keaton - Renata, E.G. Marshall - Arthur, Geraldine Page - Eve, Maureen Stapleton - Pearl, Sam Waterston - Mike, Missy Hope - Joey da giovane, Kerry Duffy - Renata da giovane, Nancy Collins - Flyn da giovane, Penny Gaston - Eve da giovane, Roger Morden - Arthur da giovane, Henderson Forsythe - Giudice Bartel

Soggetto: Woody Allen

Sceneggiatura: Woody Allen

Fotografia: Gordon Willis

Montaggio: Ralph Rosenblum

Scenografia: Mel Bourne

Arredamento: Daniel Robert, Mario Mazzola

Costumi: Joel Schumacher

Durata: 91

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM, PANAVISION, DE LUXE

Produzione: JACK ROLLINS, CHARLES H. JOFFE PER ROLLINS/JOFFE PRODUCTIONS

Distribuzione: UNITED ARTISTS (1979) - WARNER HOME VIDEO, MGM HOME ENTERTAINMENT (GLI SCUDI)

NOTE
- PREMIO BAFTA 1979 A GERALDINE PAGE COME MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA.
CRITICA
"'Interiors' è un bel film? Le opinioni del pubblico e della critica sono controverse, e sta di fatto che Woody Allen, dopo essersi provato nel tragico e forse avere vinto un suo complesso di inferiorità, è già tornato, con 'Manhattan', nel comico. Giustizia vuole però che il film sia accolto con attenzione, e compreso fra i più interessanti della stagione. 'Interiors' è soprattutto la riprova delle virtù registiche del versatile Woody Allen, e ne connota il tipo di cultura. Il quadro di un disastro familiare ci è infatti offerto con una accortissima capacità di analizzare certi momenti di disperazione esistenziale e di darne una rappresentazione rigorosa, ma in modo che il più sembri confezionato da un nipotino di Bergman. Respinto - non del tutto - il sospetto che Woody Allen abbia elaborato una sottilissima parodia di 'Sussurri e grida' e 'Sinfonia d'autunno', mentre si gusta il versante ironico del racconto e certi graffi agli snob di Nuova York ci si chiede se la struttura e lo sviluppo drammatico del film, con tutti i suoi anfratti psicologistici, i grovigli in cui duellano l'arte e la vita, i tortuosi interrogativi sull'identità e la difficoltà di esprimersi, il contrappunto del mare fragoroso, non siano di riporto: il flusso oltreatlantico di tematiche e modi espressivi propri del nord Europa, un po' analogo a quello per cui in O'Neill riecheggiano Ibsen e Strindberg, sofferto da un intellettuale americano che in una seduta di autoanalisi mescola i propri autentici strazi al piacere della loro severa rappresentazione e al ricordo di buone letture. Si vuol dire che quanto c'è di pretenzioso nel film è anche il segno d'una cultura lacerata fra la contemplazione del male di vivere, che nobilita la fatica di sopportarsi, e la tentazione della bistecca ai ferri, che invigliacchisce l'arte ma la rinsangua. Dopodiché è d'obbligo ammirare la messinscena del film, l'accuratezza con cui è calato nelle cose il conflitto fra gli spogli arredamenti, il freddo dei muri, i giochi di luce sugli oggetti, e l'inferno delle donne di casa, torturate dall'orgoglio, dalle frustrazioni, da rovelli che il padre e Pearl non conoscono perché hanno trovato la forza di sottrarsialle ambizioni e agli estetismi degli intellettuali, di riempire di carne e fiori i cento vasi di ceramica lasciati vuoti da Eve. Qui Woody Allen si muove da gran signore dello schermo, con un gusto delle atmosfere e dei ritmi che dà allo spettacolo un'andatura tanto sontuosa da non aver nemmeno bisogno di commento musicale. Il suo talento di regista si esprime d'altronde anche nell'uso degli interpreti: una Geraldine Pge che fa di Eve una figura potente, compassionevole ma anche diabolica, una Maureen Stapleton deliziosa nei panni di Pearl, una Diane Keaton e una Mary Beth Hurt che danno a Renata e a Joey, le sorelle rivali, molta ricchezza di sfumature, degna davvero di Bergman. Fra gli uomini il più azzeccato è E.G. Marshall, un padre di famiglia a cui va tutta la nostra simpatia. Ci piacerebbe andarlo a trovare, quando Pearl avrà trasformato la casa in un emporio." (Giovanni Grazzini, 'Corriere della Sera')