Il rito

Riten

SVEZIA 1969
Tre attori ricchi e famosi, Thea, Sebastian e Hans, legati fra loro anche da un tormentato triangolo amoroso, sono convocati da un giudice che indaga sulla presunta oscenità del loro spettacolo. Il magistrato li sottopone a minuziosi interrogatori, cercando di fiaccare la loro baldanza. In fondo, però, egli invidia la loro libertà interiore, anche se prova l'irresistibile desiderio di abbassarli al suo livello di mediocrità.
SCHEDA FILM

Regia: Ingmar Bergman

Attori: Ingrid Thulin - Thea Winkelman, Anders El - Sebastian Fisher, Gunnar Björnstrand - Hans Winkelman, Erik Hell - Il giudice Abrahmsson, Ingmar Bergman - Il pastore

Soggetto: Ingmar Bergman

Sceneggiatura: Ingmar Bergman

Fotografia: Sven Nykvist

Montaggio: Siv Lundgren

Scenografia: Mago

Costumi: Mago

Altri titoli:

The Ritual

The Rite

Colore: B/N

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 16 MM

Produzione: CINEMATOGRAPH AB

Distribuzione: EUROCOPFILMS (1979)

CRITICA
"Girato in 16 mm., in bianco e nero, per la televisione svedese, questo film è uno dei più metafisici e antispettacolari di Bergman. Autentico 'gioco di massacro', esso consiste nel confronto dialettico tra il Giudice e i tre componenti della compagnia teatrale 'Les Riens' (denominazione di facile simbolismo, solo una delle cento molto meno decifrabili del resto dell'opera). Solo nella prima e ultima delle nove sequenze il confronto è corale poiché in ciascuna delle altre il dialogo si svolge tra due personaggi che la cinepresa inquadra spietatamente, su sfondi anonimi, in modo che allo spettatore vengano propposti solo degli 'esseri umani' nella loro desolante nudità e terrificante complessità. La ricerca di Dio, il significato della vita, la possibilità dei sentimenti affettivi, l'incomunicabilità, il ruolo dell'arte nella società, i compiti della Legge, il quotidiano e l'assoluto sono i principali temi sui quali il famoso regista invita a riflettere. Come sempre, Ingmar Bergman appare maestro nella guida degli interpreti e affascinante nel suo lavoro di indagine sui misteri dell'esistenza. Ma, come nei film maggiormente tormentati, la sua ricerca qui appare carica di ansia e di pessimismo, lontana dalle aperture luminose di certe pellicole posteriori. Il lavoro, comunque, non può essere certo ignorato dagli studiosi e merita di fare parte delle antologie di un Bergman anche qui maestro di tecnica ed esempio di preoccupazioni sui valori spirituali dell'uomo." (Segnalazioni Cinematografiche, vol. 87, 1979)