Il mio Godard

Le Redoubtable

2.5/5
Il re è nudo, ma resta pur sempre il re. Hazanavicius tenta lo sberleffo inquadrando il Godard pubblico e privato

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FRANCIA 2017
Parigi 1967. Jean-Luc Godard, il cineasta più in vista della sua generazione, gira "La cinese" con la donna che ama, Anne Wiazemsky, più giovane di lui di 20 anni. Sono felici, innamorati, affascinanti e si sposano. Ma quando il film esce, l'accoglienza che riceve porta Jean-Luc a rimettere profondamente in discussione le sue idee. Il Maggio '68 non fa che amplificare il processo e la crisi che scuote Jean-Luc lo trasformerà radicalmente: da cineasta star ad artista maoista fuori dal sistema, tanto incompreso quanto incomprensibile.
SCHEDA FILM

Regia: Michel Hazanavicius

Attori: Louis Garrel - Jean-Luc Godard, Stacy Martin - Anne Wiazemsky, Bérénice Bejo - Michèle Rosier, Micha Lescot - Bambam, Grégory Gadebois - Cournot, Felix Kysyl - Jean-Pierre Gorin

Soggetto: Anne Wiazemsky - autobiografie

Sceneggiatura: Michel Hazanavicius

Fotografia: Guillaume Schiffman

Montaggio: Anne-Sophie Bion, Camille Delprat - montaggio aggiuntivo

Scenografia: Christian Marti

Costumi: Sabrina Riccardi

Effetti: Philippe Aubry

Altri titoli:

Formidable

Formidabile

Durata: 109

Colore: C

Genere: BIOGRAFICO COMMEDIA

Specifiche tecniche: (1:1.85)

Tratto da: autobiografie "Un anno cruciale" (ed. E/O) e "Un an aprés" di Anne Wiazemsky

Produzione: MICHEL HAZANAVICIUS, FLORENCE GASTAUD, RIAD SATTOUF PER LES COMPAGNONS DU CINÉMA, LA CLASSE AMÉRICAINE, FRANCE 3 CINÉMA, STUDIOCANAL, IN COPRODUZIONE CON WIN MAW, FOREVER GROUP

Distribuzione: CINEMA DI VALERIO DE PAOLIS

Data uscita: 2017-10-31

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIAPZIONE DI: CANAL+, FRANCE TÉLÉVISION; CON IL SOSTEGNO DELLA RÈGION ILE-DE-FRANCE.

- IN CONCORSO AL 70. FESTIVAL DI CANNES (2017).
CRITICA
"Non è un Godard che piacerà ai cinefili, non è il teorico del meta cinema anche se si parla di specifico filmico, è il topo di cineteca in attesa di farsi idolo (...). Bisogna prenderlo così, il futuro genio teorico e il 37enne occhialuto, pazzo con un metodo ancora indistinto ma che Louis Garrel (somigliante in bello) ci fa intuire con dote di preveggenza d'attore in stato di grazia e complice per il santone snob del cinema della Nouvelle Vague." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 2 novembre 2017)

"Il regista Michel Hazanavicius mette in chiaro che è lontana l'intenzione di ridicolizzare Jean-Luc Godard. Mentre rivendica quella di svolgerlo come una commedia e quella di valorizzare quanto di comico è secondo lui presente nella figura del mitico regista svizzero-francese. Di certo c'è che è molto opportuno il titolo italiano 'Il mio Godard' (quello originale è 'Le Redoutable', cioè 'temibile', nome del sottomarino nucleare francese cui nel film si riferisce un allegro tormentone, ma anche qualifica dell'aspro personaggio). A indicare che non stiamo assistendo a un neutro biopic ma a una personale interpretazione. Che è il risultato di un complesso di punti vista quello di Hazanavicius, quello dell'interprete del ruolo Louis Garrel (che è un abile imitatore di Godard) e quello di Anne Wiazemsky (...) che alla relazione ha successivamente dedicato due libri (fonte per la sceneggiatura) (...). 'Il mio Godard' mette a fuoco l'uomo e l'artista nella sua relazione amorosa con Anne. Logorata, nonostante l'incondizionata adorazione di lei, dall'intransigente e capriccioso radicalismo di lui. Che, per quanto il sentimento del regista e del film non persegua un intento demolitore ('ironia senza cattiveria'), risulta fatalmente caricaturale." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 2 novembre 2017)

"Coraggioso e iconoclasta «Il mio Godard» potrebbe non comunicare facilmente con uno spettatore occasionale, ma a quello appena un po' informato sui fasti e nefasti del Sessantotto artistico ha moltissimo da dire. Il fatto che Jean-Luc Godard sia stato e rimanga un cineasta rivoluzionario, che insieme a pochi altri ha sovvertito la struttura del cinema moderno non confligge, in effetti, con l'identikit al vetriolo che ne fa Hazanavicius nel film che ha sollevato una marea di reazioni contrastanti all'ultimo festival di Cannes (...) il regista di «The Artist» lo inchioda al ruolo di mosca cocchiera del gauchisme, contraddittorio, vanesio, parolaio e tanto geniale quando impugna la macchina da presa quanto patetico quando si tramanda in una serie di gag che sembrano finte ma invece sono vere. Una commedia che si burla senza rancore, insomma, di quegli «anni formidabili» (...)" (Valerio Caprara, ''Il Mattino', 2 novembre 2017)

"Un film alla Godard che, pur giocando sul privato, ambisce a suggerire l'affascinante contraddittorietà di una poetica d'autore creativamente intessuta delle nevrosi, vanità, insicurezze e protervie dell'uomo. Louis Garrel incarna lo sfaccettato personaggio con impassibile, bislacca naturalezza, conferendogli un sovrappiù di scontrosa simpatia. Ma va da sé che questo è un film fatto per dividere i cinefili, e molti di sicuro grideranno alla lesa maestà." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 2 novembre 2017)

"Criticare o «decostruire» (come lui faceva coi suoi anti-film) JLG è più che lecito - in Italia si fa fatica a pensare a un film analogo - e nessuno per carità pretende il santino né grida allo scandalo. Il punto è che Hazanavicius per farlo non si mette in gioco e tantomeno si sforza di trovare un punto di vista. 'Le Redoutable' - questo il titolo originale del film, dal nome del sottomarino nucleare lanciamissili francese -è solo fastidiosamente reazionario e non per come liquida il '68, e l'esperienza di quegli immaginari, ma per il modo in cui si pone verso il cinema in generale. Incapace di «uccidere il padre» (anche perché di filiazione non ve ne è) e senza alcuna motivazione Hazanavicius ne prende qualcosa qua e là, secondo lo schema del pastiche che gli è caro, per ridurre la portata teorica del suo personaggio (e più in genere una visione del cinema) a quel conflitto senza interesse tra arte e intrattenimento. Una mancanza di visione ben espressa nel piccolo astio ombelicale con cui lo tratteggia: parrucca e zeppola che assume coraggiosamente per la parte Louis Garrel - da Bagaglino della peggior maniera che ammiccano, strizzano l'occhio compiacente, cercano di strappare la risatina con la gag più facile e grossolana. Perché anche la commedia è un'arte serissima, ma Hazanavicius non sembra saperlo confondendola con l'inutile goliardia da social." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 2 novembre 2017)

"(...) Michel Hazanavicius (...) dopo l'esplosione da Oscar e non solo con 'The Artist' s'è - creativamente - un po' abbacchiato ma qua mostra di possedere ancora delle buone vibrazioni sintattiche. Intanto perché affronta con leggerezza pragmatica una bagarre sessantottina iconograficamente dominata dal Mao-ovunque, da Lin Piao, Marx, Engels e il Che, con un Godard rivoluzionario utopico, rissoso e ripudiante il suo stesso cinema (...); poi perché all'interno di quel crash socialpolitico, con incedere più intimista, raccolto e interiorizzato, lascia navigare l'histoire d'amour parabolica tra il regista trentasettenne e la sua attrice diciannovenne (un Louis Garrel umbratile, segaligno e affilato, una Stacy Martin di soffice fulminante bellezza), dalla miccia del preludio allo spiegamento dalla passione fino agli esiti tristemente agònici, tracollati nell'ossessiva metamorfosi politica e nella selvaggia gelosia di lui. (...) Amore e cinema, una cosa sola. In uno strano film d'amore velato di malinconia fattuale." (Claudio Trionfera, 'Il Messaggero', 2 novembre 2017)

"I francesi, che il cinema lo amano sul serio, possono concedersi il lusso: individuare un mostro sacro, per giunta vivente e attivo, e prenderne il calco riveduto e scorretto. Non è lesa maestà, bensì un Jean-Luc Godard più vero del vero e più falso del falso, genuino al limite della parodia, contraddittorio al limite della satira, libero dalla reificazione cui la cinefilia ortodossa lo vorrebbe costringere. Giocosa attualizzazione, ermeneutica birichina, e Louis Garrel è il suo profeta: capelli diradati ad hoc, goffaggine esibita (...). Al memoir dell'attrice recentemente scomparsa si ispira, ma questo 'Le Redoubtable' va oltre per fotografare un uomo e un artista capace di sacrificare vita e cinema per un'idea, anzi, un'ideologia. Dietro la macchina da presa, e al banco di sceneggiatura, è Michel Hazanavicius, che persegue nella divulgazione della Storia del Cinema (...)." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 2 novembre 2017)

"Garrel e la Martin somigliano, evocano, spiluzzicano il tempo. Hazanavicius, premio Oscar ('The Artist') e molti chili di mediocrità, dirige tra ammirazione, rifiuto e citazione. Sta a galla come mélo matrimoniale di doloroso egocentrismo." ('Nazione-Carlino-Giorno', 2 novembre 2017)

"'Le Redoutable' ('Il formidabile') è ispirato al libro dell'attrice Anne Wiazemsky che tra il 1967 e il '69, prima di lasciarlo esasperata, fu la moglie innamoratissima ed eroica di Godard. Hazanavicius, trovando un equilibrio miracoloso tra satira e omaggio, affettuoso sfottò e deferenza, fornisce un ritratto implacabile del vate della Nouvelle Vague: narcisista, possessivo, manipolatore, sprezzante, sempre in bilico tra successo personale e rivoluzione, il regista franco-svizzero si sdoppia tra il suo complicato rapporto coniugale e l'effervescenza del Sessantotto mentre cortei, cariche della polizia, infuocate assemblee nel nome di Mao fanno da sfondo alla storia." (Gloria Satta, 'Il Messaggero', 22 maggio 2017)

"(...) è più una parodia-omaggio che una dissacrazione. In questo simile ai primi film di Hazanavicius, che erano appunto parodie pop dei film di spionaggio anni 60. Privo di un proprio stile, il regista (anche nel suo maggior successo, 'The Artist') rimane un imitatore, ma più sul versante cinefilo che su quello dissacrante. Godard risulta una specie di incrocio tra Buster Keaton, Groucho Marx e il Michele Apicella di Moretti: di volta in volta umorale, impassibile, clownesco. Il fatto è che Godard, oltre a essere un genio (il che dal film non si evince, e forse non è una cosa secondaria), era più originale anche come clown, nelle apparizioni pubbliche e nei film. Le scene in cui questo personaggio un po' da sitcom ripete le sue mattane sono sciocchine ma divertenti. Più che come innovatore, Godard viene celebrato forse inevitabilmente, da un regista-pubblicitario come Hanazavicius, come icona pop: e se le parti più riuscite sono quelle in cui si ironizza sugli stilemi del cinema dell'epoca (...), quando ci si stacca dal giochino cinefilo per far progredire la storia siamo dalle parti delle nostre miniserie su Dalida o Rino Gaetano (...)." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 22 maggio 2017)

"Molta carne al fuoco che però sembra offrire ad Hazanavicius soprattutto il pretesto per qualche gioco grafico e cinematografico «alla maniera di», prigioniero anche lui dei calembour che sono la caratteristica più superficiale del Godard-pensiero (...). Louis Garrel ce la mette tutta nel restituire le pose e la parlata del regista, Stacy Martin offre la sua grazia alla fragile Wiazemslcy, ma alla fine il film sembra scivolare su tutto e tutti, superficiale e gratuito, incapace di affrontare davvero uno dei tanti temi - privati o politici - che pure il Godard di quegli anni visse sulla sua pelle." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 22 maggio 2017)

"In Italia, sarebbe come fare un film su Fellini o su Pasolini. E non per venerare ulteriormente i maestri, ma per prenderli in giro. Con l'aggravante che Jean-Luc Godard è ancora felicemente fra noi, benché ritirato e silente in Svizzera. (...) Più che temibile, appare sgradevole e un po' ridicolo: egoista e influenzabile, narcisista ma bisognoso di approvazione. Insomma, non ne esce bene. II film non solo sfotte Godard, ma anche il Sessantotto o almeno, viste con il senno e i disastri di poi, le sue assurdità più palesi. Qualche reduce di professione si è già indignato, per la verità meno di quanto si potesse temere, e forse più in Italia che in Francia." (Alberto Mattioli, 'La Stampa', 22 maggio 2017)

"(...) Michel Hazanavicius tira fuori un film superficiale e macchiettistico, che vuole affettuosamente demolire l'icona accarezzandola in maniera ruffiana allo stesso tempo, banalizzando le sue invenzioni formali, raccontando i lati più ruvidi e oscuri del suo carattere come se non li conoscesse nessuno. Non è questione di lesa maestà: ma di occasioni sprecate, e di mancanza di sostanza. I toni di 'Le Redoutable' potevano essere giusti per far emergere quella parte del genio del regista che stava nel prendere in giro tutto e tutti col suo cinema e le sue azioni: il Godard simpatico e diabolico paravento che, non a caso, voleva azzerare tutto il cinema precedente tranne Jerry Lewis e i fratelli Marx. Una cosa è certa: Godard quello vero, sta sogghignando beffardo." (Federico Gironi, 'Il Messaggero', 22 maggio 2017)