Dutch è molto meglio di papà

Dutch

USA 1991
Natalie, separata dal marito Reed Standish (il quale è in partenza per Londra in viaggio di affari), desiderando avere a Chicago con sè per il Giorno del Ringraziamento il figlio Doyle, che si trova in collegio ad Atlanta, incarica il proprio convivente, Dutch Dooley, di andarlo a prendere. Dutch tanto è semplice di modi, gioviale e anche simpatico, quanto il ragazzo è borioso, petulante e beffardo: in più, mentre l'uomo non nasconde affatto la sua estrazione proletaria (ha abbastanza mezzi e dà a noleggio betoniere e macchinari per l'edilizia), Doyle si sente parte di un mondo elitario, è sempre in ordine ed è pronto al dileggio. Dutch, però, ha i suoi metodi e poi gli eventi del viaggio stesso, la gente incontrata, la distruzione della macchina, investita da un TIR per la sciocca bravata del ragazzo, il freddo e la fame, il ricorso forzato ad una mensa popolare e ad un dormitorio per indigenti (quando Dutch è stato derubato da una prostituta), rimuoveranno dalla testa di Doyle molti pregiudizi. Il ritorno a casa dopo la lezione di vita lo spingono a gettarsi nelle braccia di una madre, che egli avvertiva assente e forse colpevole e che lo accoglie felice, mentre l'onesto Dutch può vantarsi di aver ben compiuto la propria missione. Quanto al padre, invitato anche lui da Natalie per il rituale tacchino farcito e arrivato sul posto burbanzoso verso "l'altro", dopo aver preso un formidabile pugno in testa, viene pregato di non tormentare più la ex-moglie ed invitato ad occuparsi più e meglio di quel bravo ragazzino che, a parte pregiudizi assurdi e chiacchiere infantili, cela in se stesso non poche qualità.
SCHEDA FILM

Regia: Peter Faiman

Attori: Ed O'Neill - Dutch, Ethan Embry - Doyle, JoBeth Williams - Natalie, Christopher McDonald - Reed, Ari Meyers - Brock, Elizabeth Daily - Hailey, Scott L. Caldwell - Barbona, Kathleen Freeman - Gritzi, Will Estes - Teddy, Theresa Bell - Grace, Ron Payne - Cuoco del Gresy, Billy Sly Williams - Uomo armato, Brenda Pickleman - Cameriera del motel, Kyle Fredericks - Cameriera, Tracy J. Connor - Cameriera, Laura Brumage - Invitata, Patrika Darbo - Cameriera, Robert Sutherland Telfer - Scolaro, Pat Santi - Guardiano, David James Alexander - Uomo n. 1, Ross Borden - Uomo n. 2, Tom Chatlos - Cliente al banco, Shelby Leveringhton - Donna al party, Phyllis Franklin - Cameriera Yuppie, Cedering Fox - Donna al party, Vincent Craig Dupree - Uomo di colore, Jerry Darr - Uomo bianco, Ina Edell - Donna al banco, Lisa Figus - Donna al party, Joe Don Baker - Maggiordomo al party, Sam Menning - Uomo anziano, Barry Joe - Guardiano, Micky Jones - Camionista, Warren Rice - Uomo nel séparé

Soggetto: John Hughes

Sceneggiatura: John Hughes

Fotografia: Charles Minsky

Musiche: Alan Silvestri

Montaggio: Adam Bernardi, Paul Hirsch

Altri titoli:

La macchina più pazza del mondo

Driving Me Crazy

Durata: 109

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: NORMALE A COLORI

Produzione: JOHN HUGHES, RICHARD VANE

Distribuzione: TWENTIETH CENTURY FOX - 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT

NOTE
ELIZABETH DAILY E' ACCREDITATA COME E.G. DAILY, ETHAN EMBRY E' ACCREDITATO COME ETHAN RANDALL E WILL ESTES COME WILL NIPPER.
CRITICA
Un film piuttosto divertente, anche se penalizzato dall'essere l'ultimo di una serie di film a base di ragazzi terribili. (Gabriella Giannice, Il Giornale) La commediola è portatrice sana dell'ottimismo americano, è condotta in modo abbastanza variopinto, dopo un avviso faticoso, si nutre del senno della gente semplice e si potrebbe archiviare sotto la voce "apologhi", quasi brechtiani, data l'assenza didascalica di sfumature. (Maurizio Porro, Il Corriere della sera) E' piacevole nella sua mescolanza molto contemporanea di viaggio, catastrofe e comicità. (La Stampa) Gli scontri sono ripetitivi, i caratteri, una volta illustrati nei loro termini di base, non si rinnovano più e solo al momento, pur previsto, in cui si passerà dall'inimicizia alla comprensione si ottiene un barlume di vivacità, conto azioni qua e là abbastanza convincenti. (Gian Luigi Rondi, Il Tempo)