Teza

3/5
Haile Gerima porta al cinema trent'anni di storia etiope, ma lascia a casa la drammaturgia. Opera ambiziosa e imperfetta

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GERMANIA 2008
Anberber, è un uomo originario dell'Etiopia emigrato in Germania per condurre gli studi in medicina necessari a garantire un futuro migliore a se stesso e al suo popolo. Tuttavia, una volta tornato in patria pieno di speranze e illusioni, Anberber sarà costretto ad arrendersi alla triste realtà del suo paese.
SCHEDA FILM

Regia: Haile Gerima

Attori: Aron Arefe - Anberber, Abiye Tedla - Tesfaye, Takelech Beyene - Tadfe, Teje Tesfahun - Azanu, Nebiyu Baye - Ayalew, Mengistu Zelalem - Giovane Anberber, Wuhib Bayu - Abdul, Zenahbezu Tsega - Ministro, Veronika Avraham - Gabi, Asrate Abrham, Araba Evelyn Johnston-Arthur

Sceneggiatura: Haile Gerima

Fotografia: Mario Masini

Musiche: Vijay Iyer, Jorga Mesfin

Montaggio: Haile Gerima, Loren Hankin

Scenografia: Patrick Dechesne, Alain-Pascal Housiaux, Seyum Ayana

Costumi: Wassene Hailu-Klotz

Durata: 140

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: HD, SUPER 16 MM GONFIATO A 35 MM (1:1.85)

Produzione: HAILE GERIMA, KARL BAUMGARTNER, MARIE-MICHÈLE CATTELAIN, PHILIPPE AVRIL, JOACHIM VON MENGERSHAUSEN, SALOME GERIMA PER NEGOD-GWAD PRODUCTION, PANDORA FILM PRODUKTION, UNLIMITED, WDR

Distribuzione: RIPLEY'S FILM (2009)

Data uscita: 2009-03-27

TRAILER
NOTE
- PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA, OSELLA PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA E SEGNALAZIONE 'CINEMA FOR UNICEF' ALLA 65. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2008).

- GIRATO IN ETIOPIA E IN GERMANIA (COLONIA).
CRITICA
"'Teza' ('Rugiada') del venerabile Haile Gerima, produttore e regista etiope classe '46 trasferitosi negli Usa a fine anni Sessanta, è un poema intriso di simbolismi, etnologia e storia che allegorizza l'autobiografia di un intellettuale africano sospeso tra nostalgia della tradizione e pathos della modernità. Diciamo subito che i ritmi sono estenuanti, gli sbalzi temporali farraginosi e i contrappunti visionari (con troppi canti indigeni ed estasi magiche) assai pretenziosi: ciò nonostante la saga comunica un'autentica intensità interiore, affronta intricati nodi politici con coraggio e afferma concetti d'identità e liberazione assolutamente distanti dai consueti cliché. (...) Anche quando il film deborda, in effetti, Gerima escogita sempre un'immagine pittorica, un riscontro lirico, un fremito intimistico che aiutano a non sprofondare nella facile demagogia". (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 3 settembre 2008)

"La storia sconosciuta dell'Etiopia è un'epopea tragica senza fine che il regista racconta con un montaggio angosciato, implacabile". (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 3 settembre 2008)

"Il ricordo può essere devastante così come il ritorno in una patria lontana che quello stesso ricordo ha nutrito con dolcezza e violenza insieme. L'Etiopia che Haile Gerima affresca con una trascinante fotografia mai oleografica ma soavemente incisiva nel suo 'Teza', è un Paese martoriato al quale non bastano più a sostenerlo le leggende di antiche tradizioni orali che cullavano l'infanzia e che, allo stesso tempo, vive l'impossibilità di un riscatto grazie a quelle generazioni 'fuggite' per trovare armi intellettuali che possano squarciare dittatura e oppressione. E il film si srotola così sul doppio binario di normalità e incubo con flashback che popolano la mente del protagonista Anberber a volte come pensieri teneri, più spesso come lampi di violenza insopportabile". (Leonardo Jattarelli, 'Il Messaggero', 3 settembre 2008)

"'Teza' è finora il film più bello del concorso - e un Leone africano, passateci la battuta, non sarebbe male. Girato in uno stile molto eclettico al qual contribuisce la fotografia dell'italiano Mario Masini collaboratore di Carmelo Bene, dei fratelli Taviani e di tanto cinema fuori dagli schemi, mescola le tradizioni ancestrali con il montaggio nervoso del cinema militante". (Alberto Crespi, 'L'Unità', 3 settembre 2008)

"Costruito con un'alternanza di toni cromatici che raccontano ora il presente ora il passato, 'Teza' mette in primo piano la storia di Anberber (Aron Arete nel film), uno di questi giovani intellettuali che accettano di tornare in patria perché ritengono sia un loro dovere diffondere quel sapere che all'estero hanno appreso. Lo pagherà caro, nel fisico e nell'anima. Abile nel saper raccontare un'epica tragica, Gerima lo è anche nel delineare psicologicamente caratteri e individualità: la vecchia madre di Anberber, ancorata a riti, miti, superstizioni millenarie, il fratello maggiore, ancorato alla propria ignoranza, la giovane donna che ha ucciso il suo bambino per disperazione e ora è considerata una strega dalla sua gente. Ben girato, benissimo fotografato, 'Teza' è un film che affida le speranze del suo autore a una sorta di recupero delle radici". (Stelio Solinas, 'Il Giornale', 4 settembre 2008)

"La potenza del film sta tutta nella storia, nella narrazione. Che non basta a riscattare una regia spesso confusionaria, un montaggio così frammentario da apparire inutilmente concitato, un abuso di ralenti enfatizzante e di altri trucchetti un po' triti... e soprattutto, tutte quelle silhoutte che si stagliano contro cieli al tramonto, al suono di melodie tradizionali. Ma l'Africa che si vede sullo schermo dev'essere sempre così oleografica?". (Guido Vitiello, 'Il Riformista', 4 settembre 2008)

"Cambiando toni cromatici (la fotografia, splendida, è dell'italiano Mario Masini, già collaboratore di Carmelo Bene) e ritmo narrativo, utilizzando i ricordi del protagonista per ricostruire la storia martoriata di quel periodo ma anche per vivificare una lettura più soggettiva dei fatti, dove l'uomo è sempre di fronte ai suoi doveri e alle sue responsabilità, Gerima ritrova la forza espressiva dei suoi precedenti capolavori. Il racconto dei '3000 anni' e 'Sankofa' (vincitore del Festival di cinema africano di Milano). In questo modo la lucidità con cui il film ripensa alle utopie rivoluzionarie degli anni Ottanta si mescola al calore del ritrovato abbraccio alla propria terra (la commovente figura della vecchia madre) e alternando forme e generi diversi porta il protagonista a fare i conti con il passato di tutta una nazione e insieme a trovare la forza per misurarsi con i problemi ancora aperti di una terra 'solcata dal dolore e dalla fatica dei suoi dannati' (Bazzoli)". (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 3 settembre 2008)

"Sullo schermone del PalaLido le due ore e venti di 'Teza', regia del sessantaduenne cineasta etiope Haile Gerima, incantano e travolgono gli spettatori veneziani. Fin dai titoli di testa sembra di assistere ad un kolossal, con quei tamburi e fiati sinuosi che martellano l'udito e aprono lo scenario di una nazione infinitamente tribolata come l'Etiopia. 'Teza' è racconto allargato, immagini impresse su pellicola e memoria continuamente evocata, di almeno cento anni di storia etiope. (...) La storia dell'Africa è spesso simboleggiata da questo violento strascico post-coloniale anche se Gerima non giudica esplicitamente la drammaticità della rivoluzione marxista, bensì indica quel che succede quando si pensa in modo distruttivo nel ricostruire una società e il suo presente. Una dimensione temporale che in 'Teza' diventa lacerazione del singolo, delirio di Anberber, trasfigurato magicamente in incubo ricorrente, interpretato da molti vecchi del villaggio come possessione demoniaca. (...) Gerima, portentoso regista cinematografico, ha di nuovo condiviso la barocca ricomposizione al montaggio modello Youssef Chahine, scelta stilistica che connota 'Teza' e lo rende un continuo rilancio emotivo per lo spirito e per l'occhio". (Davide Turrini, 'Liberazione', 3 settembre 2008)

"Trasparente richiamo alla personalità del regista oggi 63enne, intellettuale emigrato da giovane negli Stati Uniti, voce tra le più autorevoli di un cinema africano che sconta enormi difficoltà a farsi conoscere e ascoltare."(Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 27 marzo 2009)

"Ben girato, benissimo fotografato, il film affida le speranze del suo autore a una specie di recupero delle radici, visto che l'utopia rivoluzionaria non ha lasciato dietro di se nient'altro che massacri." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 27 marzo 2009)