Paterson

4/5
Di cosa viviamo quando viviamo di poesia? La risposta, mirabile, di Jim Jarmusch

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USA 2016
New Jersey, USA. Paterson lavora come autista di autobus nella città di Paterson, di cui condivide il nome. Ogni giorno, Paterson segue una semplice routine: conduce l'autobus lungo il percorso osservando la città che si riflette nel parabrezza e ascoltando frammenti di conversazione che circolano intorno a lui; scrive poesie nel suo notebook; porta fuori il cane Marvin; si ferma in un bar dove beve sempre la stessa birra; torna a casa da sua moglie, Laura. Il mondo di Laura, invece, è in continua evoluzione, con nuovi stimoli e nuovi sogni ogni giorno. Paterson e sua moglie si amano e si sostengono a vicenda: lui per le ritrovate ambizioni di Laura; lei per il dono per la poesia del marito. E insieme affrontano i trionfi e le sconfitte della loro vita quotidiana.
SCHEDA FILM

Regia: Jim Jarmusch

Attori: Adam Driver - Paterson, Golshifteh Farahani - Laura, Frank Harts - Luis, Rizwan Manji - Donny, William Jackson Harper - Everett, Trevor Parham - Sam, Brian McCarthy - Jimmy, Troy T. Parham - Dave, Chasten Harmon - Marie, Sterling Jerins, Kara Hayward

Sceneggiatura: Jim Jarmusch

Fotografia: Frederick Elmes

Musiche: Sqürl

Montaggio: Affonso Gonçalves

Scenografia: Mark Friedberg

Costumi: Catherine George

Durata: 115

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: (1:1.85)

Produzione: AMAZON STUDIOS, K5 FILM

Distribuzione: CINEMA DI VALERIO DE PAOLIS

Data uscita: 2016-12-22

TRAILER
NOTE
- POESIE: RON PADGETT.

- IN CONCORSO AL 69. FESTIVAL DI CANNES (2016).

- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2017 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.
CRITICA
"(...) splendido film di Jarmusch (...). Il regista, raccontando come la quotidianità può venir squarciata da qualche verso segnato su un notes, da qualche schizzo paranormale, cita anche Dante e Petrarca ma la sua piccola grande storia, oltre gli odiati cliché fantasy hollywoodiani, è omologata su ogni tipo di paura, malinconia e solitudine. Bravi Adam Driver, l'iraniana Golshifteh Farahani, Marvin il bulldog che ruba le scene in un incrocio di sguardi che insegna la ripetitività del tutto, con un intervallo per la birra al pub. Paterson è il sogno del cinema che crede nell'uomo: vedetelo." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 29 dicembre 2016)

"Paterson è una di quella scommesse che sembrano fare a pugni con la natura del cinema ritmo, movimento, azione, emozioni aggressive. E ne è autore un campione del rinnovamento e della creatività indipendente degli anni Ottanta del cinema americano, a partire da titoli come 'Stranger Than Paradise' e 'Daunbailò' che segnò l'incontro con il genio di Roberto Benigni. Jim Jarmusch. (...) Un universo irreale? Una favola di semplicità non plausibile? Una favola probabilmente sì. Ma densa di vita e di sentimenti forti. Sentimenti di ribellione alla velocità imposta, al conformismo dell'allineamento forzato agli stessi pseudovalori, al consumo senza guardarsi dentro. Per creare questo piccolo mondo di bellezza e di verità il regista si affida a due giovani interpreti di provenienza molto distante l'una dall'altra. Paterson è Adam Driver, inconsueto già solo nell'aspetto. Obiettivamente non bello, alto e dinoccolato e un po' goffo come possiamo aver immaginato l'Holden Caulfield di Salinger. Driver ha alternato il mainstream della popolare serie televisiva 'Girls' e dell'episodio VII di Star Wars (...) a impegni autoriali di altro profilo come il bellissimo 'A proposito di Davis' dei Coen e l'ottimo quanto inquietante 'Hungry Hearts' del nostro Saverio Costanzo (...). Laura è l'attrice iraniana, peraltro bella come il sole, Golshifteh Farahani (...). Degno finale dolceamaro." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 29 dicembre 2016)

"Ci sono registi, pochi, che non deludono mai. Fra questi Jim Jarmusch occupa un posto a parte, anche perché da più di trent'anni resta ostinatamente fedele al suo modo di fare cinema indipendente, senza nostalgie ma con rigore, inventiva e curiosità inesauribili. Questo Paterson poi, così distillato e minimale, è quasi una provocazione in cui ogni potenziale conflitto, da film 'all'americana', viene puntualmente, beffardamente eluso. Perché la cosa più difficile è proprio cogliere (interrogare) il pacifico mistero della vita di ogni giorno, la sommessa trama di echi, rime, coincidenze che si affaccia nelle circostanze più disparate. (...) Prima di quel bellissimo finale quasi zen con cui si chiude questo film sul fare poesia che schiva tanto il facile ermetismo quanto le trappole pop e spesso insopportabili del 'poetico' al cinema. Con una semplicità e insieme una profondità che sono davvero un dono. Oggi più che mai." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 dicembre 2016)

"Rinvigorito dallo splendido, obliquamente autobiografico, 'Only Lovers Left Alive', il regista newyorkese è in piena forma, con un film che, allo stesso tempo, comunica la freschezza di uno sguardo nuovo, innocente, e la sacralità di qualcosa di antico, in via di estinzione. (...) Jarmusch filma questi poli opposti e complementari (una coppia perfetta - all'eccezionalità dei vampiri di 'Only Lovers' si sostituisce qui una «qualunquezza» che la rende altrettanto speciale) in sei giorni della loro vita. In cui non succede quasi niente. (...) Se Bill Murray in 'Il giorno della marmotta', era condannato a rivivere la stessa giornata, come un incubo, fino a quando non diventava altro da se stesso, Paterson trova conforto nella routine del suo protagonista. E, per Jarmusch, quella ripetizione diventa un modo per filmare l'anima del suo personaggio, facendola scorrere sulla superficie dei mattoni rossi dei vecchi edifici industriali lungo cui passa la mattina, nei colori caldi delle foglie d'autunno, fuori dal finestrino del bus, negli stralci di conversazione che carpisce ai passeggeri che vanno e vengono. L'occhio e l'orecchio liberi di fermarsi dove vogliono. Non c'è una connessione causale tra quello che vediamo/sentiamo e quello che Paterson affiderà alle pagine del suo libretto. Le poesie che scrive sono in realtà del poeta contemporaneo Ron Padegtt, ma lo spirito che aleggia sul film è quello vividamente minimalista di William Carlos Williams, amatissimo dai poeti della beat generation (Ginsberg più di tutti), e convinto che: «non ci sono idee se non nelle cose». Ma, più che un film sulla bellezza delle «cose semplici» (come è stato genericamente stereotipato da parecchi critici), o sulla «poesia del quotidiano», 'Paterson' sembra un film sulla scommessa di fotografare l'interiorità , e l'interiorità di un artista. Paterson (il personaggio) si descrive agli altri come un autista di bus, non come un poeta, ma è chiaro cosa quelle parole sulla pagina bianca significano per lui. Tra le scene più delicate del film, infatti, sono i suoi incontri con altri due poeti - una bambina che ricorda la bimba lettrice dell'altro, bellissimo, film di Jarmusch girato in New Jersey, 'Ghost Dog: II codice del Samurai'; e un giapponese, venuto a visitare la città di Williams. Sono scambi brevi di battute. Incontri «in codice», istanti di intese privilegiate. Quanto prezioso, fragile, sia quel mondo interiore, tradotto in versi - senza rima - lo verifichiamo nella violenza con cui ci colpisce quello che succede alla fine. Anche lì quasi completamente senza «dramma»." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 22 dicembre 2016)

"(...) alla fine di questo film girato con cristallino nitore e animato da due incantevoli creature simili agli innamorati di Peynet, ci si rende conto di aver molto capito dell'opera e del mondo artistico di W.C. Williams, il cui scopo era isolare con estrema precisione di linguaggio l'immagine per coglierne l'intima essenza. E' quello che fa il nostro Paterson, incarnato con ispirata semplicità da Adam Driver, con i suoi deliziosi versi (scritti con gusto imagista dal poeta Ron Padgett); ed è quello che fa Jarmusch con questa poetica riflessione sulla poesia." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 22 dicembre 2016)

"Apprezzatissimo all'ultimo Festival di Cannes e raccomandato dai summit cinefili, «Paterson» ci convince più dal punto di vista degli intenti che al dunque del giudizio critico. Vale a dire che la raffinata filigrana filmica con cui Jarmush avvolge un'anonima routine esistenziale in un'anonima città si percepisce appieno, ma non entra nel cuore e anzi via via sfiorisce nell'opacità dei gesti, i pensieri e le situazioni vissuti dal catatonico protagonista. Non colpisce tanto l'assenza di una vera trama (...) quanto la precaria ricerca di raggiungere una forma d'astrazione, una purezza drammaturgica o l'originalità di un esperimento anti-fiction. Certo l'impiego del tempo millimetrato, riflesso nella flemma e nonchalance del protagonista - ai nostri occhi respingente - Driver ha qualcosa d'ipnotizzante e la tecnica delle sovrimpressioni e delle dissolvenze incrociate scandite dalla musica del gruppo personale del regista Squrl cercano d'arginare l'incombere di una noia estenuante. Curiosamente, però, ciò che caratterizza meglio «Paterson» risiede nell'abilità con cui Jarmush si prende gioco dei suoi personaggi e di se stesso (...)." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 dicembre 2016)

"(...) nuovo, pregevole film di Jim Jarmusch. Cinema d'autore, indie in purezza, come anche in America si usa sempre meno: tante, troppe le intelligenze drenate dalla serialità, e i film indipendenti finiscono per piangere miseria creativa. Non è questo il caso, giacché dopo lo splendido 'Solo gli amanti sopravvivono (...) del 2013 si conferma lo stato di grazia di Jarmusch (...). Penna minimale, calamaio esistenziale, serenità per inchiostro: mutatis mutandis, Paterson è come il Neruda - il miglior titolo del 2016 - di Pablo Larraín non un film su un poeta, ma un film sulla poesia, di più, un film di poesia. Riparlare di poesia sul e del grande schermo nel 2016, e chi l'avrebbe mai detto? Per molti aspetti nefasto, l'anno che si chiude lascia a margine qualche notarella positiva. Del resto, chi conosce Jarmusch non può dirsi sorpreso: sulla scorta di illustri precedenti quali 'Coffee and Cigarettes' (2003) e 'Broken Flowers' (2005), sembra parafrasare Raymond Carver e chiedersi di che viviamo quando viviamo di poesia? (...) Il suo sonetto post-stilnovista cela un tesoro raro e inestimabile, tanto più di questi tempi pesti: una felicità fatta di piccole e poche cose, una gioia umile e commovente, un nitore morale, un'educazione sentimentale." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 22 dicembre 2016)

"Piacerà a chi non ha mai smesso di amare Jim Jarmusch e il suo mondo fatto di malinconici taxi driver (l'amore era stato messo a dura prova tre anni fa dal noioso e pretenzioso 'Solo gli amanti sopravvivono')." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 dicembre 2016)

"Solo Jarmusch poteva comporre questo perfetto mosaico dove la noia non sta di casa. Una pellicola particolare, da amare, gran bella sorpresa natalizia." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 22 dicembre 2016)

"La calma vita quotidiana del Paterson conducente, fatta di lavoro, dialoghi un po' surreali con la moglie (Golshifteh Farahani) sempre alla ricerca di nuove sfide () e passeggiate serali col bulldog Marvin comprensive di sosta al bar, oltre che di spazi per scrivere le sue poesie, è raccontata da Jarmusch con altrettanta metodicità. Se non ci fossero i nomi in sovrimpressione (...) ogni giorno della settimana sarebbe uguale all'altro, metodico e ripetitivo. Cambiano solo le poesie di Paterson (in realtà del poeta Ron Padgett) che lo spettatore legge scritte sullo schermo, cambiano i dialoghi dei passeggeri dell'autobus (...), cambiano ma nemmeno troppo gli incontri serali del bar e naturalmente i dialoghi con la moglie ma non cambia il senso di questo ritratto in levare, lieve e ironico, che rivendica con bella determinazione il suo statuto anti-epico e anti-spettacolare. Paterson uomo sembra uguale a Paterson città, rassicurante in una metodicità che ogni tanto viene incrinata da qualche inaspettata irruzione del caso (...) ma che non riesce mai a mettere davvero in discussione un tempo e una vita destinati a ripetersi all'infinito. E che rimandano allo spettatore il senso della fragilità delle cose (e dell'esistenza) e di come il cinema riesca miracolosamente a catturarle." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 17 maggio 2016)

"Un amore puro e sincero è al centro (...) di 'Paterson' di Jarmush, regista icona di quel cinema americano che si muove ai margini e che affida il proprio sguardo a personaggi inconsueti, stralunati, decisamente lontani da ogni cliché. Il film rende omaggio alla poesia dei dettagli e della vita quotidiana, fatta di piccole, spesso insignificanti variazioni (...) una routine che anche sullo schermo ha il passo della vita vera, che procede senza troppi drammi e rivoluzioni, tra le pieghe di una normalità che si fa arte." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 17 maggio 2016)

"Jim Jarmusch sembra tornare con 'Paterson' alla narrazione orizzontale e minimal di film come 'Stranger Than Paradise'. E aggiunge il versante meditativo 'orientale', che dal viaggio ipnotico di 'Dead Man' arriva al samurai urbano di 'Ghost Dog'. Paterson è fatto di dettagli, spostamenti minimi, ripetizioni nei giorni di una settimana di un giovane che si chiama Paterson e abita in una città con lo stesso nome. (...) Talvolta emergono frammenti di storie che hanno sfiorato la cittadina (...). Su tutto, una visione della poesia del quotidiano, una contemplazione del fluire delle cose e un'accettazione del mondo, con un'ironia impercettibile che conquista poco a poco." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 17 maggio 2016)

"Adam Driver abbandona le luci di 'Star Wars' per calarsi nell'universo minimalista di un autore sofisticato, idolo della cinefilia più intransigente, come Jim Jarmusch. La scelta sembra oculata (...) perché 'Paterson' è (...) eccentrico ma ispirato, coerente con la poetica crepuscolare del regista americano. (...) C'è qualcosa di magnetico in questo personaggio singolare, arrendevole ma non passivo: nonostante le ore di lavoro sempre uguali, i rituali della giornata ripetuti, pulsa in lui una forma di vita che ha una dignità ignota ai più. Jarmusch racconta l'esistenza della coppia nell'arco di una settimana ma più che descriverla la esamina al microscopio con fare da entomologo. Ne coglie i dettagli, i silenzi, le espressioni e compone un quadro iperrealista a più pannelli il cui protagonista è in fondo un incrocio irripetibile di poesia, ingenuità e consapevolezza. Ma così facendo Jarmush conduce lo spettatore a provare sensazioni che sono in genere fuori della portata dello schermo." (Andrea Martini, 'Nazione-Carlino-Giorno', 17 maggio 2016)

"Di eroico, in 'Paterson', all'apparenza non c'è nulla, eppure anche la stoffa del suo protagonista (...) è fatta di quella forza tranquilla di un certo genere Usa. Jarmush lo sottolinea con piccoli tocchi, una foto in divisa da marine piena di decorazioni, il suo prendere le difese di una donna minacciata (...), la sua disponibilità all'ascolto degli altri. (...) Delicato, ironico e sentimentale, 'Paterson' rimanda al miglior Jarmush di 'Coffee and Cigarettes'. La deliziosa Golshifteh Farahani è Laura, la giovane moglie che moltiplica progetti ed esperienze con entusiasmo e ama il suo poeta come la Laura petrarchesca di cui porta il nome." (Stenio Solinas, 'Il Giornale', 17 maggio 2016)