La provinciale
Gemma, figlia di un'affittacamere, s'innamora di un ricco giovane, Paolo Sertori; ma non puo' sposarlo, avendo scoperto che è un figlio adulterino di sua madre. Superata la grave delusione, Gemma s'acconcia a sposare il giovane professore Franco Vagnuzzi, che l'ha fatta sua. Non unita al marito da vero affetto, essa è senza difesa di fronte alle losche arti di un'ignobile mezzana, la contessa Elvira, che la induce a divenire l'amante di un certo Tittoni. Franco, che tutto assorto negli studi, poco si cura delle esigenze sentimentali della moglie, non concepisce alcun sospetto. La relazione con Tittoni è solo una breve parentesi, dopo la quale Gemma si riavvicina al marito e durante un viaggio ha modo di meglio conoscerlo. Al ritorno, Gemma trova la contessa Elvira insediata in casa: la losca sfruttatrice la ricatta e cerca di pervertirla del tutto. Quando Franco ottiene il trasferimento a Roma, Gemma vede in cio' una liberazione; ma la contessa assicura che li seguirà nella capitale. Gemma, esasperata, le si scaglia addosso e la ferisce. Dopo questa crisi tra Franco, Gemma e la madre di lei ha luogo una spiegazione. La contessa è cacciata: Gemma e Franco hanno imparato ad amarsi.
CAST
- Regia:
- Attori: - Gemma Foresi Vagnuzzi, - Prof. Franco Vagnuzzi, - Elvira Coceanu, - Paolo Sartori, - Madre di Gemma, - Anna Sartori, - Vannina, - Conte Sartori, - Luciano, , , , ,
- Soggetto: Alberto Moravia - (romanzo)
- Sceneggiatura: Giorgio Bassani, Sandro De Feo, Jean Ferry, Mario Soldati
- Fotografia: G.R. Aldo, Domenico Scala, Giuseppe Rotunno - (operatore)
- Musiche: Franco Mannino
- Montaggio: Leo Catozzo
- Scenografia: Flavio Mogherini
- Arredamento: Veniero Colasanti
- Costumi: Veniero Colasanti
- Suono: Eraldo Giordani
- Aiuto regia: Cesare Olivieri
NOTE
- NASTRO D'ARGENTO PER IL MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA A GABRIELE FERZETTI
CRITICA
"Tutte le lacune d'ordine psicologico (...) non impediscono che 'La provinciale' sia un film impegnato ed accurato, di fattura nettamente superiore al consueto, un film che per Soldati è comunque il segno di un ritorno (speriamo non effimero) alla ricerca di uno stile e di una civiltà espressiva." (Giulio Cesare Castello, "Cinema", n. 105 del 15 marzo 1953).