Il giustiziere della notte

Death Wish

2/5
Da Charles Bronson a Bruce Willis, questa volta per la regia di Eli Roth, il mito non tramonta. Ma ne abbiamo davvero bisogno?

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USA 2018
Paul Kersey è un medico del pronto soccorso di Chicago, la cui vita viene distrutta dall'omicidio della moglie e dalle violenze che riducono sua figlia in coma. Da quel momento Kersey cesserà di esistere e al suo posto subentrerà "Il giustiziere" che, con il suo desiderio di vendetta, andrà a caccia dei criminali che hanno massacrato la sua famiglia. La città comincerà presto a domandarsi se questo vigilante sia un angelo custode o un inquietante mietitore in preda al desiderio di uccidere.
SCHEDA FILM

Regia: Eli Roth

Attori: Bruce Willis - Paul Kersey, Elisabeth Shue - Lucy Kersey, Vincent D'Onofrio - Frank Kersey, Dean Norris - Detective Rains, Jack Kesy - The Fish, Kirby Bliss Blanton - Bethany, Mike Epps - Dottor Chris Salgado, Len Cariou - Ben, Camila Morrone - Jordan Kersey, Kimberly Elise - Detective Jackson, Beau Knapp - Knox

Soggetto: Brian Garfield - romanzo

Sceneggiatura: Joe Carnahan

Fotografia: Rogier Stoffers

Musiche: Ludwig Göransson

Montaggio: Mark Goldblatt

Scenografia: Paul Kirby

Costumi: Mary Jane Fort

Durata: 107

Colore: C

Genere: DRAMMATICO AZIONE POLIZIESCO

Specifiche tecniche: ARRI ALEXA (1:2.35)

Tratto da: romanzo omonimo di Brian Garfield

Produzione: ROGER BIRNBAUM PER METRO GOLDWYN MAYER, CAVE 76

Distribuzione: EAGLE PICTURES

Data uscita: 2018-03-08

TRAILER
NOTE
- REMAKE DEL FILM OMONIMO DIRETTO DA MICHAEL WINNER (1974), CON CHARLES BRONSON.
CRITICA
"Invece della fissità di Charles Bronson che 44 anni fa interpretò il ruolo rifiutato da McQueen e Eastwood ecco la fissità di Bruce Willis (...). Traslocando da New York a Chicago, dai 70 ad oggi, mutando professione, il risultato non cambia: Winner era un regista meno trucido di Eli Roth, ma il dettato della giustizia da soli, 'ad personam' resta e purtroppo avrà più fans di ieri. Il primo film divenne una serie sempre meno interessante e più reazionaria, ora il remake, che interessava all'inizio Stallone, è tutto prevedibile. Forse è curiosa la partita a tre con la polizia, il tutto tra penombre metropolitane piene di violenza, ma senza vera suspense." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 8 marzo 2018)

"(...) il film, secondo adattamento di un romanzo di Brian Garfield, è più irritante del precedente (...). Canto in lode delle armi da fuoco e del loro uso per difendere la famiglia, trasforma anche il giustiziere Paul Kersey, da architetto che era, in chirurgo; onde darsi la possibilità di ricorrere a effetti 'gore' del tipo che piace tanto a Eli Roth, fin qui regista di film dell'orrore. La cui direzione, del resto, si riduce a una serie di scene di violenza; per il resto è mediocre e inutilmente integrata con riferimenti ai social-media. Si aggiunga che la costruzione drammaturgica è delle più ovvie e che le varianti introdotte rispetto al prototipo (...) non sono affatto migliorative. Però il film sarebbe soltanto un thriller insignificante per una star del cinema muscolare in declino se non lo rendesse quasi indecente il fatto di uscire in un periodo in cui il dibattito americano sulla circolazione delle armi è più caldo e drammatico che mai." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica - Milano', 8 marzo 2018)

"Il tutto sarebbe, forse, politicamente corretto e attualizzato al dibattito sul controllo delle armi in corso in Usa se il film non fosse scritto in maniera tanto pedestre da Joe Carnahan e diretto con mano tanto pesante da Eli Roth." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 8 marzo 2018)

"Remake della celebre e discussa serie thrilling/poliziesca con Charles Bronson la cui ultima sortita è datata 1994, «Il giustiziere della notte» («Death Wish») promette in partenza di scavalcare gli steccati dei prototipi inalberando la firma di Eli Roth, regista dell'horror estremo e cultore delle sue varianti splatter. Le attese dei fan in questo senso non andranno deluse perché il tema più che mai ambiguo del giustizialismo fai-da-te, pur rimanendo fedele all'impianto originario, ne aggiorna spregiudicatamente gli elementi: tanto da rendere - a confronto della Chicago contemporanea in cui si svolge il film - la NewYork dell'architetto incattivito Bronson una pittoresca metropoli appena un tantino bellicosa. (...) Le novità del personaggio - al di là della nuova professione, un mutamento che serve a introdurre l'allegorico contrasto tra l'uomo che salvava le vite e quello che le stroncherà - stanno nel suo rapporto maldestro con le tecnologie ovviamente impensabili oltre quarant'anni orsono e nel dibattitto instaurato con il fratello (D'Onofrio) sulla liceità etica della discesa in campo del cittadino armato, ma a conti fatti non diremmo che l'opzione drammaturgica dovuta alla sceneggiatura di Joe Carnahan riesca a rimettere in piedi l'operazione. (...) La scommessa di questo film che provocherà nette divisioni ideologiche tra gli spettatori è, invece, quella di conferire un minimo di chiaroscuro sotto forma di percorso psicologico alla performance di Willis, facendone una figura abbastanza lontana dal cinico vendicatore di un tempo: purtroppo, però, pur apprezzando gli intermezzi ironici (...) e qualche sequenza d'azione che va al di là della routine, la mano di Roth si fa sentire ben presto e i propositi pensosi svaniscono nelle previste acmi di sgradevole voyeurismo e sadismi compiaciuti." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 8 marzo 2018)

"(...) rifacimento inasprito dell'omonimo film di Michael Winner (1974). (...) È un segno dei tempi che questa vicenda di delinquenza e contro-delinquenza torni ora, sostanzialmente identica, con alcuni aggiornamenti. Il resto di novità lo danno gli effetti speciali, che simulano torture tali da far sbiadire il ricordo delle efferatezze ideate da Vincenzo Cerami e Mario Monicelli per 'Un borghese piccolo piccolo'. La differenza è che Cerami e Monicelli si dicevano sorpresi, anzi sconcertati, degli applausi del pubblico per la vendetta finale: Winner e Roth li cercano." (Maurizio Cabona, 8 marzo 2018)

"Rifare 'Il giustiziere della notte'? Operazione coraggiosa, perché stiamo parlando di uno dei film culto della storia del grande schermo, quasi a perdere per le troppe insidie. Con gli occhi puntati di chi è pronto a distruggerla, perché il mito è tale in quanto unico, inavvicinabile. Eppure, questo rifacimento affidato alla coppia Eli Roth (in regia) e Bruce Willis (come protagonista, meno glaciale e più in chiaroscuro di Charles Bronson) supera l'esame grazie alla mossa intelligente di non copiare pedissequamente l'originale del 1974, ma di rileggerlo, ai giorni nostri, tenendo conto di tutto quello che è accaduto in America, nel corso degli anni. Certo, ci sono le armi e la giustizia fai da te, ma all'interno di una narrazione che sta bene attenta a non trasformarsi in un «manifesto». Anche perché siamo dalle parti di un film di serie B, consapevole di esserlo e senza la pretesa di venir preso sul serio. (...) un protagonista ben differente da quello che impersonava Bronson. Willis non viene dipinto come un «supereroe», ma un uomo roso dal dubbio (non spara senza porsi tante domande come faceva il predecessore) che si deve quasi arrendere alla necessità di riportare un minimo di giustizia. Con tanto di dibattito sulle armi affidato a speaker radiofonici, per non dare l'impressione di un pellicola a senso unico. Certo, ci sono alcune esagerazioni e un paio di scene splatter (non a caso, trattandosi di Roth). Però, la sensazione è quella di un film riuscito, che non ha intaccato il mito." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 8 marzo 2018)