Il destino

al-Massir

EGITTO 1997
Territorio della Linguadoca, 12º secolo. Un filosofo viene bruciato sul rogo, accusato di eresia. A Cordova, nella Spagna musulmana, nello stesso periodo, il califfo Al Mansour, per soddisfare le richieste dei gruppi di fondamentalisti, ordina che tutti i lavori del filosofo Averroè vengano dati alle fiamme. I discepoli di Averroè, insieme ai suoi familiari, decidono allora di copiare i manoscritti per portarli in salvo fuori dal paese. Il califfo Al Mansour ha due figli: uno si fa convincere e va con i fondamentalisti, l'altro, più tenace, resiste, ritrova infine il fratello e lo schiaffeggia adirato. A corte, Averroè e il califfo hanno forti scontri e Averroè è tentato di bruciare in proprio i libri scritti. Nasser, il principe ereditario, si sposa con Salma e parte. Il califfo ordina il divieto di insegnamento ad Averroè e si prepara allo scontro con lo sceicco Riad, suo rivale. Con lo sceicco c'è il figlio più piccolo che potrebbe uccidere il padre ma al momento decisivo ritorna in sé e rinsavisce. Una certa tranquillità sembra tornare a corte, e il califfo decide di riabilitare Averroè. I soldati corrono ad avvertirlo prima di partire per la battaglia. Averroè ringrazia e getta l'ultimo suo libro sul rogo. "Il pensiero ha le ali, nessuno può arrestarne il volo".
SCHEDA FILM

Regia: Youssef Chahine

Attori: Nour El-Sherif - Averroè, Laila Eloui - Manuella, la zingara, Mahmoud Hemeida - Califfo Al Mansour, Safia El Emary - Moglie di Averroè, Mohamed Mounir - Bardo, Khaled El Nabaoui - Nasser, principe ereditario, Seif El Dine - Fratello del Califfo, Abdallah Mahmoud - Borhan, Ahmed Fouad Selim - Sceicco Riad, Magdi Idris - Emiro, Ahmed Moukhtar - Bardo, Sherifa Maher - Madre di Manuella, Fayek Azzab - El Razi, Hassan El Adl - Gaafar, Hani Salama - Abdalla, Faris Rahoma - Youssef, Ingi Abaza - Sarah

Soggetto: Youssef Chahine

Sceneggiatura: Khaled Youssef, Youssef Chahine

Fotografia: Mohsen Nasr

Musiche: Yohia El Mougy, Kamal El Tawil

Montaggio: Rashida Abdel Salam

Scenografia: Hamed Hemdan

Costumi: Nahed Nasrallah

Altri titoli:

El destino

Destiny

Le destin

Das Schicksal

Durata: 135

Colore: C

Genere: METAFORA

Specifiche tecniche: (1:1.85)

Produzione: HUMBERT BALSAN E GABRIEL KHOURI PER MISR INTERNATIONAL FILMS, OGNON PICTURES, FRANCE 2, CANAL +

Distribuzione: MIKADO FILM (1998)

Data uscita: 1998-03-11

NOTE
- PALMA D'ORO DEL CINQUANTENARIO AL FESTIVAL DEL CINEMA DI CANNES (1997).
CRITICA
"Mentre sembra parlare di altro 'Il destino' si occupa di questioni attuali. Lo fa con scrittura piacevole, con i ritmi rapidi del film avventuroso. E, guarda caso, finisce per dire poco proprio di Averroè. Al quale nessuno potrà togliere un primato. Ha il nome più lungo dell'intera storia della filosofia. Si chiamava, infatti, Muhammad jbn Ahmad Muhammad ibn Rushd. Spero che qualche lettore sappia dirmi come tanto nome si trasformò da noi in Averroè". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 22 marzo 1998).

"Premiato al Festival di Cannes con la Palma d'oro alla carriera assegnata a Youssef Chahine, 'Il destino' è uno di quei film che parla a nuora perché suocera intenda. Trascinato in giudizio per il film 'Almohagher' ('L'emigrante'), l'egiziano Youssef Chahine ha dovuto subire intimidazioni e censure. 'Il destino' è la sua risposta: una replica che getta un ponte ideale fra le sue vicissitudini e le persecuzioni sopportate dal filosofo arabo Averroè, noto per i commenti alle opere di Aristotele. (...) Lo fa con un grandioso film in costume che non disdegna di strizzare l'occhio al musical e alla commedia, generi che conquistarono Chahine durante il soggiorno americano. Anche se pecca di compattezza e accusa più di un cedimento, Il destino è un film da non trascurare: prova di come gli intellettuali arabi si siano schierati anima e corpo contro l'integralismo". (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 15 aprile 1998).

"(...) Si pensa al Rossellini dei film storici televisivi o a un Carmine Gallone passato armi e bagagli alla sinistra. Averroè è interpretato da un attore simpatico che assomiglia a Pupi Avati e giganteggia soprattutto nel gesto finale di scherno: quando deride i bruciatori di libri buttando egli stesso ironicamente l'ultimo scritto sul rogo, consapevole però che le sue opere imperiture sono salve in terra egiziana". (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 14 marzo 1998).