Il cacciatore di aquiloni
The Kite Runner

- Regia:
- Attori: - Amir, - Baba, - Rahim Kahn, - Soraya, - Farid, - Amir bambino, - Sohrab, - Hassan bambino, - Ali, - Assef giovane, - Wali, - Jamila, - Generale Taher, - Assef, - Kamal
- Soggetto: Khaled Hosseini - (romanzo)
- Sceneggiatura: David Benioff
- Fotografia: Roberto Schaefer
- Musiche: Alberto Iglesias
- Montaggio: Matt Chessé
- Scenografia: Carlos Conti
- Arredamento: Maria Nay, Caroline Smith
- Costumi: Frank Fleming (Frank L. Fleming)
- Effetti: Kevin Tod Haug, Film Effects Co. Ltd., CafeFX
-
Altri titoli:
Les cerfs-volants de Kaboul
Drachenläufer - Durata: 131'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Specifiche tecniche: ARRI 235, ARRICAM ST & LT, 35 MM (KODAK VISION2 100T 5212, VISION2 200T 5217, VISION2 500T 5218), SUPER 35 (3-PERF) STAMPATO A 35 MM (1:2.35)
- Tratto da: romanzo omonimo di Khaled Hosseini
- Produzione: MACDONALD/PARKES PRODUCTIONS, NEAL STREET PRODUCTIONS, PARTICIPANT PRODUCTIONS, SIDNEY KIMMEL ENTERTAINMENT, WONDERLAND FILMS
- Distribuzione: FILMAURO (2008)
- Data uscita 28 Marzo 2008
TRAILER
RECENSIONE
“Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente”. Una delle prime frasi di Khaled Hosseini ne Il cacciatore di aquiloni. Straziante, essenziale e cruda come solo la vita sa essere. Best seller a scoppio ritardato e capolavoro, racconta l’amore, l’amicizia, persino la politica e la storia, attraverso la parabola di un Afghanistan violentato da sempre. Russi, americani, talebani, imperialismi malati che hanno tentato di schiacciare un popolo fiero, aggettivo inteso nell’accezione dell’orgoglio come in quello della ferocia. Ma se Hosseini, americano di origini afgane, caccia aquiloni, il regista Marc Forster va per farfalle. Del libro capisce poco, rendendolo un melodramma da feuilleton, proprio lui, il raffinato regista di un gioco di vita e finzione come Stranger than Fiction. E’ tanto felice nella scelta degli attori, dei visi (Khalid Abdalla, Atossa Leoni, i vecchi amici Shaun Toub e Homayoun Ershadi) quanto sbrigativo nella narrazione e nella regia, senza guizzi. Lì dove Hosseini smorzava il dolore con poesia, approfondimento, descrizione, Forster prende furbe e superficiali scorciatoie, nella parte centrale come nel finale banalizzato. Un’occasione persa per immergersi in un romanzo che è autobiografia personale, generazionale, culturale ma anche affresco emotivo e storico. Noi occidentali presuntuosi e/o paternalisti, continuiamo a non capire gli altri. Li giudichiamo e basta.
NOTE
- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2008 COME MIGLIOR FILM STRANIERO E PER LA MIGLIOR COLONNA SONORA.
CRITICA
"'Il cacciatore di aquiloni' dell'eclettico Marc Forster, tratto dal best seller di Khald Hosseini, è un adattamento molto corretto, abitato da facce giuste e sapientemente montato tra passato e presente. In alcuni momenti restituisce l'immane potenza della storia cartacea. In altri (la banalizzazione del papà di Amir) i tanti fan del romanzo storceranno il naso. Forse erano necessarie tre ore. Comunque un'opera che vola alto senza cadere mai." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 28 marzo 2008)
"Diretto da Marc Forster in spirito di fedeltà al bestseller di Khaled Hosseini, il film rievoca con sensibilità i giorni (quasi) spensierati di un'amicizia infantile traumaticamente spezzata. E se l'avventuroso rientro in patria, che riscatta Amir adulto delle colpe passate, non è altrettanto convincente, restano forti la bella immagine paterna incarnata da Homayoun Ershadi: e lo svolazzare libero e colorato degli aquiloni in gara sui tetti di una suggestiva Kabul, com'era prima dell'invasione sovietica, dell'avvento dei talebani e dell'attuale caos." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 28 marzo 2008)
"Poco convincente nelle vicissitudini rocambolesche dell'ultimo quarto d'ora, questa diligente trascrizione letteraria di Marc Foster (un regista che ai tempi di 'Monster's Ball' sembrava avviato a migliori destini) avrebbe guadagnato da un uso più parsimonioso della musica invadente di Alberto Iglesias." (Tullio Kezich,
'Corriere della Sera', 28 marzo 2008)
"Poco cambia che sia parlato in lingua dari (perduta, del resto, nel doppiaggio italiano), o che i bambini della prima metà paiono usciti dal nostro neorealismo; americana è la sceneggiatura dell'eclettico David Benioff; americana l'impaginazione del non meno multiforme regista Marc Forster che si limita a illustrare le situazioni del romanzo senza cercare un'impronta personale." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 28 marzo 2008)
"Il regista Marc Forster (autore di 'Monster's Ball') mette in scena questa storia come se a mirarla fossero gli spettatori di quaranta anni fa. Bisognerebbe recuperare quell'ingenuità e curiosità perdute per apprezzare questo lavoro, che suona eccessivamente retorico e affettato. Un prodotto hollywoodiano, per certi versi, con molte incrinature etniche, però uno sguardo tutto sommato limpido che non ha paura di far recitare gli attori e non-attori in lingua Dari. La parte che più colpisce è quella ambientata nell'era dei talebani, con tanto di lapidazione pubblica di una donna adultera." (Dario Zonta, 'L'Unità', 28 marzo 2008)
"Buoni sentimenti per un cinema sentimentale, che chiede solo di soddisfare le aspettative dei fan del romanzo. Va bene così, anche se nella seconda parte qualcosa suona a vuoto, quando la buona confezione non basta più a mostrare davvero l'orrore del fanatismo religioso e Forster non trova lo scatto in più per salvarsi dal teatrino dei buoni e dei cattivi." (Piera Detassis, 'Panorama', 3 aprile 2008)