I ragazzi stanno bene
The Kids Are All Right

- Regia:
- Attori: - Jules, - Nic, - Paul, - Joni, - Laser, - Tanya, - Jai, - Clay, - Sasha, - Luis, - Brooke, - Stella, - Joel, - Trovatella, - Padre di Clay, - Barman
- Soggetto: Lisa Cholodenko, Stuart Blumberg
- Sceneggiatura: Lisa Cholodenko, Stuart Blumberg
- Fotografia: Igor Jadue-Lillo
- Musiche: Carter Burwell
- Montaggio: Jeffrey M. Werner
- Scenografia: Julie Berghoff
- Arredamento: David Cook (III)
- Costumi: Mary Claire Hannan
- Durata: 106'
- Colore: C
- Genere: COMMEDIA
- Specifiche tecniche: D-CINEMA, 35 MM (1:1.85)
- Produzione: ANTIDOTE FILMS, MANDALAY VISION, GILBERT FILMS
- Distribuzione: LUCKY RED (2011)
- Data uscita 11 Marzo 2011
TRAILER
RECENSIONE
Una coppia lesbo regolarmente sposata, due figli nati per inseminazione artificiale e un donatore di seme che coltiva la terra in modo biologico. L’intento de I ragazzi stanno bene di Lisa Cholodenko – fuori concorso – è chiarissimo: travestire da film alternativo un mega-spottone del progressismo da salotto. Cui non manca peraltro il giardinaggio eco-compatibile, un rigido salutismo (fumano in pochi e si beve con senso di colpa) e l’adesione al “verde” su strada (la famigliola viaggia su un automobile a bassa emissione, la Toyota Prius).
Il peccato originale del film è la voglia di normalizzare ogni cosa, come se la diversità tanto sbandierata finisse per intimorire i suoi stessi promotori, al punto da dover essere neutralizzata nel ricorso a schemi narrativi convenzionali. Non sapremo mai cosa è veramente alternativo in una famiglia alternativa, qual è la sua differenza, perché la Cholodenko cambia la cornice ma non il quadro, riproponendo un modello familiare tradizionale. La pochezza – la furbizia? – dell’operazione sarebbe lapallisiana se al posto di una delle due “Moms” immaginassimo un padre: non svanirebbe l’effetto-paradosso di superficie (che tanto ha fatto ridere i giornalisti presenti ieri in sala, a dimostrazione di come i pregiudizi alberghino anche tra le menti più colte e aperte del paese)? Non si esaurirebbe il film nei soliti bric a brac psicologici, attriti familiari e crisi identitarie? Peraltro risolte con piglio minimista, da sit-com pomeridiana.
Anche il cast non giova alla causa: Julianne Moore e Annette Bening sono troppo etero-connotate per sembrare lesbiche e credibili; i due “kids” – Mia Wasikowska e Josh Hutcherson – fanno presenza, musi duri e poco altro (s’intuisce che la sceneggiatura non è stata scritta per loro), mentre Mark Ruffalo è semplicemente un personaggio irrisolto e un attore continuamente a disagio. Soffre come gli altri di una preoccupante afasia di linguaggio, come se la famiglia dove si può dire tutto, e dirlo apertamente, finisse per non avere più nulla da dire. E’ in fondo la stessa sindrome di cui è affetto il film.
NOTE
- FUORI CONCORSO ALLA V EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2010).
- GOLDEN GLOBES 2011 PER: MIGLIOR FILM MUSICAL/COMMEDIA, MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (ANNETTE BENING). ANCHE JULIANNE MOORE ERA STATA CANDIDATA COME MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA, MENTRE LISA CHOLODENKO E STUART BLUMBERG HANNO AVUTO LA NOMINATON PER LA MIGLIOR SCENEGGIATURA.
- CANDIDATO ALL'OSCAR 2011 PER: MIGLIOR FILM, SCENEGGIATURA ORIGINALE, ATTRICE PROTAGONISTA (ANNETTE BENING), ATTORE NON PROTAGONISTA (MARK RUFFALO).
CRITICA
"Ecco un prodigio fatto a film, che nel suo genere è senza precedenti. Perché superando ogni cliché tragi/comico del gay movie, racconta con intelligenza, arguzia, raffinatezza e sano umorismo la quotidianità di un normale nucleo famigliare alle prese con gli alti e bassi della vita di relazione. Osannato ai festival internazionali, vincitore del Golden Globe, ma purtroppo trascurato agli Oscar per cui era candidato (supreme la sceneggiatura e la performance della Bening), appartiene a quel cinema di cui non ci si stanca mai. Tra i migliori titoli di questi mesi. Da vedere e rivedere e rivedere." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 10 marzo 2011)
"Perché il cinema Usa parla al mondo intero? Perché prende conflitti (emozioni, sentimenti) universali, e li traduce in gesti, gusti, comportamenti, profondamente americani, cioè locali, ma perfettamente messi in scena. E infatti basta vedere una gran bella commedia come 'I ragazzi stanno bene' per capire perché una storia così funzioni così bene anche in un paese come il nostro. (...) Anche le coppie gay possono ergersi a baluardo della morale nel senso più tradizionalista del termine. Il che non ci sembra una conquista, tanto più che per giustificare il testacoda la pur abilissima Cholodenko deve rimangiarsi tutto ciò a cui ci ha fatto credere fino a poco prima il film. Omaggio tardivo e ipocrita alla morale dominante, o manifesto neocon di marca gay? Vista dal nostro arretratissimo paese, la questione sembra fantascienza. Ma i sentimenti forti smossi dal film provano che siamo tutti nella stessa barca. Italia e California, etero e gay." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 marzo 2011)
"'I ragazzi stanno bene' non parla né degli 'Who' né della 'Dinamo Kiev'. È invece un film profondamente 'losangelino', e del resto la regista è nata proprio a LA nel 1964 e uno dei suoi precedenti lavori si intitola 'Laurel Canyon'. Lisa Cholodenko è una cineasta che solo vecchi dinosauri un po' snob come noi possono non ricordare. (...) 'I ragazzi stanno bene' è un film gioiosamente, orgogliosamente omosessuale. (...) 'I ragazzi. stanno bene' diventa, da un certo punto in poi, una divertente commedia degli equivoci, senza però perdere la propria serietà di fondo. Che consiste, in ultima analisi, in un raffinato gioco di specchi: inserire Paul fra le due donne è un grimaldello grazie al quale l'uomo etero viene scrutinato e 'vivisezionato' dalle due donne gay, ma anche queste ultime debbono mettere in gioco i propri stereotipi culturali - che esistono, eccome! - alla luce di come Paul vede loro, e il frutto del proprio 'dono'. (...) Difficile trovare due attrici migliori. Julianne Moore non è nuova a ruoli 'estremi' (come la pornostar di 'Boogie Nights'), quindi la vera sorpresa è Annette Bening, super-mamma e super-moglie (di Warren Beatty) che sembra divertirsi un mondo nel ruolo di 'padre' di famiglia; e quando canticchia 'All I Want' di Joni Mitchell, è pura poesia. Mark Ruffalo ha la fisicità e il talento giusto per dare a Paul una dimensione vera, non da macchietta. I due ragazzi sono Mia Wasikowska, la Alice di Tim Burton, che è già una star; e Josh Hutcherson, che lo diventerà." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 11 marzo 2011)
"La commedia di Lisa Cholodenko è arguta e profonda, a suo modo spiazzante, di sicuro divertente. Soprattutto mostra la distanza siderale esistente, in materia di diritti, tra la civile America e l'arretrata Italia. (...) Madri esemplari, si direbbe: premurose e sensibili, all'occorrenza severe. (...) Diciamo la verità: Annette Bening meritava, ben più di Natalie Portman, di vincere l'Oscar. Per come indossa le rughe e il tempo che passa, facendo di Nic un personaggio per nulla radical-chic: anzi fragile dietro il piglio autoritario, l'atteggiamento da uomo di casa. A dirla tutta, non è vero che 'ci si dimentica quasi subito della coppia lesbica', come sostengono le due attrici. Al contrario, il pregio del film sta proprio nello sguardo che la regista Lisa Cholodenko, gay dichiarata e felicemente coniugata, posa sulle due cinquantenni: descritte nel loro ménage matrimoniale, tra alti e bassi, bagni nella vasca al lume di candela e raffreddamenti sessuali combattuti a colpi di film macho-gay. (...) La commedia, frizzante senza essere frivola, non rinuncia a qualche nudo realistico, impertinente nei dialoghi, custodisce un sapore universale." (Michele Anselmi, 'Il Riformista', 11 marzo 2011)
"Può dare un po' fastidio che Lisa Chodolenko, la regista, con dichiarate reminescenze autobiografiche, abbia raccontato questa storia - tutta ...californiana - come se si trattasse di una tranquilla vicenda tra coniugi, con quei figli che, in mezzo, hanno sì dei contrasti con le loro madri, ma per loro personali motivi adolescenziali e non a causa della singolarità di quella cosiddetta famiglia che li ha cresciuti. Bisogna però riconoscere a Lisa Chodolenko di aver scritto un testo abbastanza ben calibrato, dando risalti attenti alle personalità dei tre adulti (i due giovani, compresi i loro coetanei, sono piuttosto sfocati) e curando con sapienza le situazioni che le fanno procedere con scioltezza verso il finale, sostenute da dialoghi pronti a scavare nei caratteri, riuscendo spesso a chiarirvi in mezzo sfumature riposte. Gli interpreti concorrono all'impresa grazie ai loro carismi personali. Julianne Moore, specie al momento di lasciarsi coinvolgere nelle pagine eterosessuali; Annette Bening, una Nic con accentuati segni mascolini che però non ne attenuano certi risvolti di sentimenti caldi; Mark Ruffalo, il padre 'affittato', verosimile soprattutto come soddisfatto seduttore, (forse, da ultimo, pentito a metà)." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 11 marzo 2011)
"Che disastro, se la voglia di trasgressione precipita nella banalità. O nel ridicolo. Come succede a Lisa Cholodenko, regista e sceneggiatrice californiana dal dimenticabile pedigrée. (...) Non c'è una sequenza che non sia prevedibile, tipo quella in cui l'assatanata Jules strappa i pantaloni al nuovo ganzo, sbarrando gli occhi e manifestando un godimento anticipato, neanche Ruffalo fosse diventato il sosia yankee di Rocco Siffredi. Tanto rumore, quattro esageratissime nomination agli Oscar comprese, per nulla. Che bisogno c'era di ingaggiare due lesbiche? La storiella sarebbe stata tranquillamente in piedi anche con una coppia etero, ma sterile. Bah. Buoni sbadigli a tutti." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 11 marzo 2011)