I figli del fiume giallo

Jiang hu er nv

3/5
L'Araba Fenice cinematografica di Jia Zhang-ke nelle ceneri della Cina oggi: in Concorso a Cannes 71, tra pregi e sbavature

Leggi la recensione

CINA 2018
Qiao, una ballerina innamorata del gangster Bin, si trova coinvolta in un combattimento tra bande locali e per difendere l'uomo che ama spara un colpo di pistola. Per questo viene condannata a cinque anni di carcere. Dopo il suo rilascio, Qiao va alla ricerca di Bin per ricominciare una vita insieme a lui. Ma non tutto è come prima...
SCHEDA FILM

Regia: Jia Zhang-Ke

Attori: Zhao Tao - Qiao, Liao Fan - Bin, Xu Zheng, Casper Liang, Feng Xiaogang, Yinan Diao, Zhang Yibai, Ding Jiali, Zhang Yi (IV), Dong Zi-Jian

Sceneggiatura: Jia Zhang-Ke

Fotografia: Éric Gautier

Musiche: Lim Giong

Montaggio: Matthieu Laclau, Lin Xudong

Altri titoli:

Ash is Purest White

Durata: 141

Colore: C

Genere: DRAMMATICO ROMANTICO

Specifiche tecniche: D-CINEMA, ARRI ALEXA XT, ARRIFLEX 435

Produzione: SHOZO ICHIYAMA PER SHANGHAI FILM GROUP CORPORATION, XSTREAM PICTURES, HUANXI MEDIA GROUP LIMITED, HUANXI MEDIA GROUP LIMITED, MK PRODUCTIONS, IN COPRODUZIONE CON ARTE FRANCE CINÉMA

Distribuzione: CINEMA DI VALERIO DE PAOLIS

Data uscita: 2019-05-09

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIPAZIONE DI: ARTE FRANCE, BEIJING RUNJIN INVESTMENT, WISHART MEDIA CO., ENCHANT (SHANGHAI) FILM AND TELEVISION CULTURE CO.

- IN CONCORSO AL 71. FESTIVAL DI CANNES (2018).

- PRESENTATO AL 36. TORINO FILM FESTIVAL (2018), NELLA SEZIONE 'FESTA MOBILE'.
CRITICA
"(...) Presentato al festival di Cannes dell'anno scorso, 'I figli del Fiume Giallo' è il nuovo grande film di uno dei grandi registi contemporanei. Attraverso le sue opere negli ultimi vent'anni Jia Zhang-ke ha raccontato la mutazione della Cina (come a dire: il cuore della nostra storia globale) attraverso drammi personali, sfiorando i vari generi in opere di grande respiro. E in questo caso fa una sorta di riepilogo del proprio cinema: anche alla lettera, perché utilizza a volte riprese girate in vari momenti della sua carriera, e abilmente mescolate, come a creare una invisibile stratificazione. Anche la vicenda ripercorre atmosfere dei suoi lavori precedenti (...) la fanno lievitare alle dimensioni di un grande romanzo che copre due decenni di storia, dal 2001 al 2018. Tra questi momenti, spesso memorabili, spiccano le parentesi tipiche del regista con brani di musica pop (qui i Village People e la cantante cantonese Sally Yeh), più malinconiche che ironiche, come un ballo incosciente e leggero ai bordi di cambiamenti epocali. Allo stesso modo, sfondo e primo piano si scambiano idealmente i ruoli all' interno dell'inquadratura. Protagonisti diventano i luoghi mutanti attraversati dai personaggi: le città, i villaggi, le imbarcazioni, la diga delle Tre Gole (già al centro, fra l'altro, di 'Still Life', Leone d'oro a Venezia nel 2006) si impongono con un'evidenza assoluta, attraversati dalla macchina da presa di ieri e di oggi. E il film, oltre che un dramma umano reso con autenticità, diventa una riflessione sullo spazio e sul tempo, radicata nella storia." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 9 maggio 2019)

"Ci sono storie interrotte che tornano nei film di Jia Zhang-ke, qualcosa sospeso nello scorrere del tempo, travolto dalla realtà del mondo il cui battito non si accorda quasi mai con chi lo percorre. Questione di ritmo, o di desiderio, a volte sbagliare il passo, troppo avanti o troppo indietro, può essere una scelta di vita. 'I figli del fiume giallo', il nuovo film di Jia Zhang-ke che esce in Italia un anno dopo la presentazione allo scorso Festival di Cannes - e il doppiaggio, vale ripeterlo, suona davvero arcaico in un film così - è un melò, un noir, la storia di un amore, un omaggio ai film di cappa e spada di Hong Hong e a John Woo, citato in alcune sequenze, in cui entra con prepotenza la contemporaneità che per il regista, nato nello Shanxi prende forma nel suo Paese. Film dopo film dagli esordi di 'Pickpocket', ne ha illuminato mutamenti drastici, violenza, contraddizioni nell'intimità esistenziale dei suoi personaggi, nei luoghi, nei cambiamenti del paesaggio che il romanzo di 'Ash is Purest White' - questo il titolo internazionale del film - sembra quasi ripercorrere come un «archivio» dei suoi film precedenti. (...) Forse è anche autoritratto 'I figli del fiume giallo', il racconto della giovinezza e della sfida di un fare cinema che, con la stessa ostinazione di Qiao, continua a cercare nuove e possibili scommesse. Soffermarsi ancora su quei luoghi a distanza è un modo per riguardarli, per cogliere dettagli, sfumature impreviste che sono sfuggite e che offrono invece chiavi importanti rispetto al presente. E al futuro. Dice Jia Zhang-ke: «La città del mio primo film, 'Pickpocket' è stata demolita. Il decor naturale di 'Still Life' e le cittadine intorno presto saranno completamente scomparsi. Le fabbriche di '24 City' non esistono più. Questi drastici mutamenti rendono ancora più necessario il compito del cinema che è quello di opporsi all'oblio...». Le immagini e le storie. L'ultima scena di 'I figli del fiume giallo' mostra la vita della protagonista e ciò che la circonda attraverso una telecamera di sorveglianza. C'è la malinconia di qualcosa che si è perduto e insieme la dichiarazione di un movimento che continua: la volontà di una resistenza come quella di Qiao , fedele ai suoi principi nonostante tutto, il piacere di una forma poetica che destabilizza. Con dolcezza." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 9 maggio 2019)

"Certamente avvinto al suo cinema che racconta il divenire del Paese, Jia Zhangke chiude nelle segrete del gangster movie 'I figli del fiume giallo' una love story che dal 2001 al 2018 in 3 capitoli, si sgretola in polvere. Tipo un 'C'era una volta in Cina' con l'occhio al poliziesco di Hong Kong e un'anima che soffre nel degrado global del paese che balla Y.M.C.A. Un grande personaggio e una grande attrice, Zhao Tao, quasi alla Kill Bill (...). In un algoritmo sociale impazzito il film vive di nichilismo nostalgico e terrore del domani: lo slancio epico si scontra con l'epoca e poi sprofonda nelle tre Gole, tra inondazioni, miniere e una irriconoscibile popolazione di uomini miseri e piccoli." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 9 maggio 2019)

"Non ingannino né la targa (Cina), né la vetrina (Festival di Cannes), che bastano alla critica colta per eleggerlo capolavoro. Questa storia d' amore, che si snoda dal 2001 al 2018, ha le carte in regola per piacere a tutti. (...) Mezz'ora meno sarebbe certo stata salutare, ma, a conti fatti, va bene anche così." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 9 maggio 2019)