Belzec

Il dramma degli ebrei polacchi alla Settimana della Critica. In un documentario rigoroso, per tornare a riflettere

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FRANCIA 2005
A Lublino, in Polonia, nel 1942 si è consumato uno dei meno famosi ma ugualmente terribili episodi dello sterminio nazista perpetrato ai danni degli ebrei. Si è calcolato che tra il marzo e il dicembre del 1942 nel lager di Belzec siano state eliminate 600.000 persone, provenienti soprattutto da Cracovia e L'vov. I deportati venivano uccisi subito dopo l'arrivo e i loro cadaveri erano occultati in maniera sbrigativa. Nei primi mesi del 1943 i tedeschi prima di fuggire smantellarono il lager, riesumarono e cremarono i corpi per far sparire ogni traccia degli orrori commessi. Nell piccola area dove era situato il campo di concentramento, (263 metri di lunghezza per 274 di larghezza), dopo averla spianata, piantarono degli alberi. Oggi Belzec è un luogo dove la natura è rigogliosa e la fitta vegetazione contrasta con ciò che è stato nel passato e con ciò che rappresenta nella memoria storica. Attraverso le parole di Rudolf Reder, unico sopravvissuto di Belzec, autore di un memoriale sulla sua terribile esperienza, e i ricordi di quanti hanno assistito senza ribellarsi alle atrocità commesse dai nazisti, si delinea l'idea di una responsabilità collettiva nel non aver impedito la pazzia di un'eliminazione di massa e di una vergogna che appartiene a tutti noi.
SCHEDA FILM

Regia: Guillaume Moscovitz

Attori: Rudolf Reder - Se Stesso

Soggetto: Guillaume Moscovitz

Fotografia: Guillaume Schiffman, Stephan Massis, Guillaume Genini, Carlo Varini, Malick Brahimi

Montaggio: Lise Beaulieu, Claire Le Villain, Marie Liotard

Durata: 100

Colore: C

Genere: DOCUMENTARIO

Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.66)

Produzione: V.L.R. PRODUCTIONS, JEAN BIGOT

NOTE
- EVENTO SPECIALE ALLA XX SETTIMANA INTERNAZIONALE DELLA CRITICA, VENEZIA 2005.
CRITICA
Dalle note di regia: "In occasione di un viaggio a Belzec, nell'aprile del 2000, ebbi come uno shock. Lo shock di vedere che non trapelava nulla: un boschetto, degli alberi, una radura. Un paesaggio assolutamente banale. Ma questa natura aveva qualcosa di spaventoso, irreale."

"(...) Ma il film di Moscovitz è anche materiale circumnavigazione del campo di concentramento, alla ricerca di testimoni 'esterni' alla mattanza. Contadini, semplici operai che hanno aiutato a costruire i forni crematori, panettieri che portavano pagnotte agli ufficiali del Reich, capistazione che accoglievano i treni della morte: tutta gente del luogo, tutta gente che non pensava che stesse accadendo uno sterminio proprio sotto i loro occhi e grazie anche alla loro disponibilità di tranquilli e poveri lavoratori di provincia. E forse Belzec, nella sua spuria messa in scena, nella sua composta riproposizione del dramma, può pure spingere lo spettatore alla fatidica domanda del: ma come potevano non sapere? Rinverdendo in ognuno di noi, la responsabilità di fronte ad ogni evento epocale che richiede, e all?epoca richiese, una inammissibile e imperdonabile silenzio omertoso. Per non dimenticare insomma, ma anche per non ripetere sempre la stessa tiritera dell'"eravamo obbligati a eseguire gli ordini". (Davide Turrini, 'Cinematografo.it', 9 settembre 2005)