Au fond des bois

GERMANIA 2010
Francia, 1865. Timothee, un misterioso vagabondo sordo-muto, arriva nel piccolo villaggio in cui vive la bella Josephine, figlia del dott. Hughes. Il ragazzo, accolto in casa del dottore, riesce ad ammaliare con strain trucchi l'ingenua fanciulla che, nonostante sia disgustata e impaurita dal suo aspetto, non esita a seguirlo in mezzo alla foresta . Ben presto Timothee viene arrestato per aver abusato di Josephine, ma tutti si domandano come abbia fatto a piegare la ragazza al suo volere...
SCHEDA FILM

Regia: Benoît Jacquot

Attori: Isild Le Besco - Josephine, Nahuel Pérez Biscayart - Timothee, Jérôme Kircher - Capitano Langlois, Mathieu Simonet - Paul, Bernard Rouquette - Dottor Hughes, Jean-Pierre Gos

Sceneggiatura: Benoît Jacquot, Julien Boivent

Fotografia: Julien Hirsch

Musiche: Bruno Coulais

Montaggio: Luc Barnier

Scenografia: Sylvain Chauvelot

Costumi: Christian Gasc

Altri titoli:

Deep in the Woods

Durata: 102

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM

Produzione: CINÉ-@, PASSIONFILMS, EGOLI TOSSELL FILM, ALBERTINE PRODUCTIONS, ARTE FRANCE CINÉMA

NOTE
- PRESENTATO IN 'PIAZZA GRANDE' AL 63. FESTIVAL DEL FILM DI LOCARNO (2010).
CRITICA
"La prende larga, la prende alta, la prende seria citando Platone e Lacan : è il francese Benoît Jaquot, primo regista della 63° edizione del Festival di Locarno, più autore che mai, con il nuovo direttore Olivier Pére (...) con 'Au fond de bois'. In senso letterale, in mezzo ai boschi di un villaggio del Sud della Francia (...). Se è lecita una banale spiegazione sociale (i più abbienti vincono comunque), affiora alle radici qualche memoria bergmaniana - metti 'Il volto' - e ci si chiede quale debba essere in amore il confine della volontà. Film completo di molti pedaggi ad memoriam, anche dell'ultimo Rohmer tra le ninfe, pieno di promesse, ambiguità e dubbi, certo non originalissimo, anche se la prova di Isild Le Besco, gli dà un passaporto notevole." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 5 agosto 2010)

"La prima mezz'ora promette bene anche per merito degli attori. Poi il film si avvita su se stesso e gli attori pure. Non bastano per risollevarlo il nome di Jaques Lacan e il promesso ragionamento sull'amore." (Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio', 5 agosto 2010)

"Notando la singolarità di attribuirgli un 'ascendenza - una sulfurea fucina - gli difetta giusto il piede caprino per incarnare una natura ribelle i cui poteri ridicolizzano quelli della scienza, come dimostra l'esperimento mesmerico fallimentare sulla donna che, invece, un magnetismo animale comandava a bacchetta. Ma il materiale è quello del feuilleton che, con l'interesse per temi carnali, che negli ultimi anni, il prolifico Benoît Jacquot ha manifestato, produce esiti probabilmente popolari, ma che è arduo, in questo caso, definire d'autore. (...) Il regista si conferma un praticone, filma paesaggi di cui non si avverte il respiro selvatico, per cui il profondo dei boschi resta inerte in inquadrature che sembrano pensate più per la televisione che per il grande schermo. Da ricordare c'è solo, come detto, il volto di Isild Le Besco, ambiguo come la vocazione panica che nottetempo le fa sentire un oscuro richiamo della natura. " (Bernardino Marinoni, 'La Provincia', 5 agosto 2010)