Ai confini del Paradiso
Yasamin kiyisinda

- Regia:
- Attori: - Ayten Öztürk, - Nejat Aksu, - Ali Aksu, - Susanne Staub, - Lotte Staub, - Yeter Öztürk, - Emine
- Soggetto: Fatih Akin
- Sceneggiatura: Fatih Akin
- Fotografia: Rainer Klausmann
- Musiche: Shantel
- Montaggio: Andrew Bird
- Scenografia: Tamo Kunz, Sirma Bradley
- Costumi: Katrin Aschendorf
- Effetti: Philipp Schneider
-
Altri titoli:
The Edge of Heaven
Auf der anderen Seite
De l'autre côté - Durata: 122'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Produzione: ANKA FILM, CORAZÓN INTERNATIONAL, NDR, DORJE FILM FFA
- Distribuzione: BIM, DVD: 01 DISTRIBUTION HOME VIDEO
- Data uscita 9 Novembre 2007
TRAILER
RECENSIONE
Brema-Istanbul, andare e tornare, ancora andare. Nel cinema di Fatih Akin il nomadismo è l’altra faccia della globalizzazione: scoprire di poter essere ovunque e di non riuscire a vivere da nessuna parte. Così la turca Yeter (Nursel Kase) che prova a rifarsi una vita in Germania finisce ammazzata da Ali (Tuncel Kurtiz), turco anche lui. La figlia di Yeter, Ayten (Nurgul Yesilçay), si batte affinché il suo Paese cambi ma è costretta a fuggire in Germania dove invece troverà l’arresto e il rimpatrio. Lotte (Patrycia Ziolkowska), una tedesca che prende a cuore persona e causa di Ayten contro il volere della madre (Hanna Schygulla), vola a Istanbul per poterla aiutare. E finisce male. Solo Nejat (Baki Davrak), figlio di Ali, professore universitario ad Amburgo prima, libraio ad Istanbul infine, sembra a suo agio nei passaggi di (non)luogo, a conferma dell’importanza della cultura nelle moderne dinamiche di sradicamento. Da sola, però, la cultura non basta, così come insufficienti sono le rivendicazioni politiche. In Ai confini del paradiso la via di Akin alla globalizzazione è improntata alla compassione, all’umanesimo del perdono, l’unico in grado di portarci “dall’altra parte” (il titolo originale in tedesco è proprio Auf Der Anderen Seite, Dall’altra parte). Il regista de La sposa turca, segnato anche lui da una doppia appartenenza (nato e cresciuto in Germania, da famiglia turca) pone nuovamente lo sguardo sulle barriere che separano “i mondi” senza frontiere. Nonostante una sceneggiatura a tratti farraginosa (ma premiata a Cannes!) e l’eccessivo zelo nella costruzione sintagmatica – incastri, analessi e prolessi che guardano troppo alla “Babele” di Inarritu trascurando la sostanza emotiva della storia -, il film riesce a rendere palpabile il malessere di vite destinate solo a sfiorarsi. L’incontro tra i personaggi – tutti interessanti e complessi, e magnificamente interpretati – è puro rischio: deflagrazione o rinascita. Akin scommette sulla seconda. Utopia forse, ma condivisibile.
NOTE
CRITICA
"Gli andirivieni, geografici e temporali, sono incessanti, ma il film è di una limpidezza cristallina e conferma l'impressionante talento di Akin, un ragazzo di 33 anni che scrive con il polso fermo del narratore di razza. Il personaggio più toccante è affidato a Hanna Schygulla, l'attrice-simbolo di Fassbinder. E per Akin, turco nato in Germania, esistono due pietre angolari sulle quali sta costruendo la casa del suo cinema: il tedesco Rainer Werner Fassbinder e il turco Yilmaz Guney. Con due simili padri, Fatih andrà lontano." (Alberto Crespi,
'L'Unità', 24 maggio 2007)
"Con la prima parte di 'Auf anderen Seite' ('Dall'altra parte') Fatih Akin poteva aspirare a un premio a Cannes,
dove è stato presentato ieri. Ma, mettendo prostituzione, integralismo islamico, guerriglia curda, lesbismo studentesco nello stesso calderone, fa solo confusione. La trovata dei destini che si sfiorano, e a lungo non s'incontrano, tipica da festival, fa il resto. Hanna Schygulla è la madre tedesca, perplessa davanti al tragico amore della figlia (Patrycia Ziolkowska) per una velleitaria terrorista curda (Nurgul Yesilcay)." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 24 maggio 2007)
"In 'Auf der anderen Seite' ('Dall'altra parte') diretto dal regista turco Fatih Akin, 34 anni, la bella sorpresa è una sola: ricompare Hanna Schygulla, un tempo così bella, sensuale e sfrontata, nella parte d'una composta signora borghese non giovane (adesso ha 64 anni), madre d'una ragazza inquieta. Ha sempre quella pelle luminosa alla tedesca, è sempre molto brava. Il film, un poco troppo fitto di episodi collocato tra Amburgo e Istanbul, mescola padri e figli, ragazze militanti politiche e la madre ospitale di una di loro, andirivieni tra Germania, Turchia, e relative carceri, matrigne e zie: nella famiglia allargata agli amici e ai complici, i bambini ladri di strada puntano la pistola, e uccidono. Fatih Akin ha sempre qualcosa di eccessivo, ma il film non è brutto." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 maggio 2007)
"Piace al pubblico dei festivalieri anche 'Auf Der Anderen Seite' del turco-tedesco Faith Akin che, tra Brema e Istanbul, incrocia i destini di genitori e figli fra drammi privati e rivendicazioni politiche." (Alessandra De Luca,
'Avvenire', 24 maggio 2007)
"Solido e serrato, anche se scontato, il melodramma di Fatih Akin 'The Edge of Heaven', incentrato sulle peripezie politiche e amorose tra la Germania e la Turchia di giovani ribelli interpretati da eccellenti attori." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 maggio 2007)
"Su un altro versante, più apertamente romanzesco e più sensibile alle passioni e ai sentimenti umani, si pone invece il turco tedesco Fatih Akin con 'Auf der Anderei Seite' ('Dall'altro lato'). (...) Vedendo il film si capisce che al regista stanno a cuore tutti i personaggi, e che sono loro che comandano la regia e non viceversa. Eppure non per questo Akin rinuncia a una sua chiave d'autore. Il continuo gioco di attese e di rimandi tra le due storie e il loro non portare mai a una riconciliazione sentimentale e narrativa esplicita sono l'evidente metafora dei rapporti tra Turchia ed Europa, spesso in cerca di un'attrazione e spesso in linea di collisione. Dimostrando cosi che si può essere un buon regista senza necessariamente dover cancellare le esigenze della narrazione e quelle dell'apertura sul reale." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 24 maggio 2007)
"Il copione, che non ha unità di tempo, ma salta avanti e indietro, è un po'aggiustato con lo scotch. E il film mette davvero troppa carne al fuoco, difetto esiziale quando un progetto è co-prodotto anche da una tv e da vari fondi regionali e federali tedeschi. Nella realtà sono i poliziotti inglesi che sparano freddamente ai brasiliani innocenti nella metropolitana, mentre qui solo i turchi uccidono, mentre le prigioni tedesche espellono i condannati per omicidio (anche se colposo) anche senza indulto, le pistole sono maneggiate solo dagli extracomunitari di ogni età e sesso e il trattamento dei prigionieri è da hotel a cinque stelle..." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 24 maggio 2007)
"Macchinoso ma limpido, nel suo scorrere a ritroso e con un armonioso, giusto finale in riva al mare, chiamato a far da mito fra i dannati della terra, il film è un ragionamento su pubblico e privato, s'interroga sui trabocchetti della vita con la lotta armata, gli amori diversi, le radici e le integrazioni impossibili se non affidate ai libri e alla cultura come accade per il giovane turco, un professore di tedesco che rompe vecchi cliché dei tempi fassbinderiani. Influenzato dai rapporti e fattori umani Akin, di formazione turco-tedesca, svela il suo rapporto di amore-odio donandone un pezzo ad ogni personaggio che si batte con passione per far quadrare i propri bilanci." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 9 novembre 2007)
"Narratore e filo conduttore del quartetto femminile è un giovane professore turco che insegna tedesco. Le geometrie o analogie turco-tedesche non hanno nulla di schematico né meccanico, il film è davvero bello." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 9 novembre 2007)