Orco, che film! Gli orchi, giganti con zanne, piercing, manone e un tot di scheletri per ammennicoli, sono costretti a cambiare pianeta: la loro patria, Draenor, sta soccombendo, partire è un po’ non morire. Dove finiranno? Azeroth, fiabesco e incantato regno, popolato da umani, nani, elfi e altri umanoidi assortiti, governato da re Llane (Dominic Cooper) e consorte (Ruth Negga), con il prode e sfregiato Lothar (Travis Fimmel) e il Guardiano (Ben Foster) per custodi.

Eppure, l’avanguardia orchesca, che prepara l’avvento dell’Orda, travolge ogni resistenza: piombati su Azeroth tramite un verde portale, lo sciamano Gul’dan e il comandante Manonera annichiliscono legioni su legioni, forti del Vil, un’energia malefica e verdognola. Ma, per gli umani, non tutto è perduto: se il Guardiano non fa la guardia, il mago ribelle Khadgar (Ben Schnetzer) può aiutare, mentre sul fronte orchesco va registrata una voce fuori dal coro, quella del potente e rispettato capoclan Durotan (Toby Kebbell), incline a raggiungere un accordo con gli umani. Non solo, Garona (Paula Patton), la sensuale Mezz’Orchessa, potrebbe rivelarsi l’arma decisiva…

Diretto dal regista britannico Duncan Jones, quello di Moon (2009) e Source Code (2011), è Warcraft – L’inizio, l’adattamento del celeberrimo videogioco omonimo creato nel 1994 da Blizzard Entertainment. Motion capture, CGI (computer grafica), animazione e 3D plasmano la sceneggiatura scritta a quattro mani da Duncan, figlio dello scomparso David Bowie, e Charles Leavitt, segnando uno dei punti forti del film: tecnicamente, ovvero visivamente, dà dei punti a Lo Hobbit, soprattutto nella resa degli orchi, e comunque se la vede con Avatar, Star Wars e gli altri campioni del cinema Millennial.

Sul piano, ehm, poetico, innanzitutto le due ore passano senza noia e senza escludere nessuno: se come noi a Warcraft non avete mai giocato, vi sentirete comunque della partita, pardon, della battaglia. Del resto, l’ossatura epica e mitologica è quella western, con i cowboy umani, gli indiani orchi e tutti gli incastri del caso: famiglia, onore, lealtà, i valori sono eterni, il racconto semplice e lineare, l’empatia affiorante, con nota di merito per il figlio di Durotan, amorevolmente ringhiante.

Certo, la sceneggiatura ha amnesie, mancati raccordi e secche da sanzionare, la recitazione è elementare e in qualche caso alimentare, qualche inquadratura simil POV è senza senso, ovvero senza occhio, nondimeno, Duncan Jones è riuscito a ricavarsi una nicchia autoriale in un carrozzone big budget, e non era scontato. Insomma, Warcraft non è la boiata pazzesca censurata dai recensori, la stragrande maggioranza, americani, ma 120’ di piacevole, godibile intrattenimento nel deserto dell’offerta cinematografica estiva.