Ahi, ahi, ahi i cannibali. Dopo il Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato (1979), ecco The Green Inferno di Eli Roth, che si sa, il cinema di genere italiano lo ama, eccome, e lo scopiazza a soggetto, senza venire meno alle coordinate del suo idiosincratico horror, un po' porn un po' politico e un tot caciarone, a colpi di gore. E' la volta dell'Amazzonia, che degli ambientalisti newyorkesi vorrebbe salvare dalla deforestazione, ovvero, dall'estinzione che minaccia una tribù di indigeni. La bella, vergine e idealista è Justine (Lorenza Izzo), il cattivo Alejandro (Ariel Levy), carismatico e truffaldino capobanda, con altri salvatori bloccano operai e vigilantes nel Perù profondo, ma il piccolo velivolo che li dovrebbe riportare indietro cade: pochi si salvano, ed è letteralmente cadere dall'aereo alla brace. I cari villici sono cannibali…Girato bene lo è, gli attori fanno il poco che devono, la copia carbone di Deodato scorretta e creativa, nel senso che Roth ci mette molto del suo, preferendo alla mera filologia la traduzione nel qui e ora: nel mirino, gli attivisti di nome, anzi, di Twitter e non di fatto, che predicano e retwittano bene ma razzolano male o nemmeno si alzano dal pc. Ne farà giustizia, ma al film basta questa bacchettata al facciamo bene alias socialnetworkizziamo politically correct?

No, a meno di non amare alla follia Eli Roth, qui più noioso e disinteressato - come noi - ai suoi personaggi. Manca tensione drammaturgica, difetta il divertimento sanguigno (sanguinolento è un altro discorso) e latita il primo privilegio di un horror che si vorrebbe politico: fare sul serio, anche in mezzo ai cannibali.