Lavoratore modello, Kim Byung-Guk torna a casa e massacra la famiglia. Poi scompare nel nulla. L'indomani la polizia si reca sul posto di lavoro dell'uomo, per cercare di capire se la sua vita nascondesse qualche segreto...

Quando il lavoro... uccide. "Nella società coreana il concetto di lavoro è strettamente collegato a quello della sopravvivenza". Non ci gira intorno l'esordiente Hong Won-chan, che in O Piseu (Office) - proiezione di mezzanotte al Festival di Cannes - cerca di stupire con questo thriller-horror dalle premesse originali e dallo sviluppo altalenante. Al netto di un gusto per la violenza non nuovo in alcune recenti e non produzioni coreane e asiatiche in genere, il film tenta si svelarsi seguendo step tutto sommato prevedibili, ma funziona quando si tratta di proseguire con l'iperbole (nemmeno troppo metaforica) secondo cui l'eccessivo stress subito in determinati luoghi di lavoro può condurre alla morte. Inferta e/o subita, cambia poco: centrale da questo punto di vista è il personaggio della stagista (Ko A-Sung), vessata e sfruttata oltre ogni misura. Fino a che la parte del manico (del coltello) non passerà a lei...

Per una nottata all'insegna dello spavento. Basta che domattina non vi tocchi tornare in ufficio.