Raggi gamma. Pugni atomici roteanti. Cannoni a razzo. Doppie spade diaboliche.  Scuri atomiche. Fuoco! E’ tornato Mazinga z, uno dei cartoni animati giapponesi più leggendari di sempre. Era il 1972 quando dalla fantasia geniale di Go Nagai nasceva quello che sarebbe stato il primo robot pilotato da un uomo nella storia giapponese. 

E proprio quest’anno, che cade il quarantacinquesimo anniversario dall’uscita del primo episodio, ritorna Mazinga.

Il film, presentato in collaborazione con Alice nella città alla Festa del cinema di Roma, s’intitola Mazinga Z Infinity e racconta dopo dieci anni la storia del leggendario eroe Koji Kabuto che dovrà salvare il futuro dell’umanità. Un giorno vengono scoperte delle gigantesche e misteriose rovine all’interno del Monte Fuji chiamate Infinity, opera del Dottor Inferno e delle sue forze malvagie. A causa dell’enorme potere distruttivo dell’Infinity l’umanità rischierà l’estinzione e Koji sarà costretto a riprendere i comandi di Mazinga Z e ad affrontare ancora una volta nella vita il dilemma della sua vita: diventare Dio o demone.

Il Dottor Inferno, lo scienziato pazzo che aveva cercato di assumere il controllo del mondo attraverso i suoi mostri meccanici, torna quindi anche lui sulle scene e attaccherà le centrali di energia fotonica di tutto il mondo.

Diretto da Junji Shimizu e scritto da Tkahiro Ozawai Mazinga z Infinity  uscirà nelle sale distribuito da Lucky Red e ci ritrae un Koji Kabuto più adulto, ormai più scienziato che pilota. Ora lavora infatti come ricercatore presso il nuovo Istituto di Ricerca di Energia Fotonica e deve scegliere se impegnarsi in modo più responsabile con la sua fidanzata Sayaka Yumi, poiché la loro relazione è arrivata a un punto di stallo. Nella storia ci sarà anche Lisa, un’androide trovata all’interno delle misteriose rovine Infinty. In sostanza il film piacerà sicuramente agli appassionati e ai nostalgici della serie tv (sebbene in Italia il primo robot ad arrivare fu Goldrake), ma tutta la prima parte è fin troppo lenta e sembra quasi di vedere un reperto archeologico.

Qualcosa che, per quanto la sceneggiatura delineando l’evoluzione dei personaggi ci abbia in qualche modo provato, risulta davvero troppo antica e l’eterna lotta tra il bene e il male con la conseguente necessità di salvare il mondo alla lunga rischia di stancare. D’altronde eravamo abituati a puntate che duravano intorno ai 19 minuti (la casa di produzione Toei Dōga trasformò la saga in una serie animata di novantadue puntate, trasmessa dalla Fuji Television.

In Italia andarono in onda su Rai1 a partire dal 1980),  mentre il film dura un’ora abbondante. Insomma difficile trovare il giusto equilibrio tra il vecchio e il nuovo e la nostalgia rimane canaglia. Sentire  di nuovo la sigla originale di Ichiro Mizuchi e rivedere il robot più famoso del mondo sul grande schermo resta comunque una grande emozione.