Germania, 1957. Il procuratore generale Fritz Bauer, ebreo tedesco, sta cercando di portare in giudizio i criminali del Terzo Reich. Peccato che molti di loro sotto Adenauer si siano ripuliti occupando i buoni uffici della Repubblica Federale, da dove si spalleggiano e coprono gli hitleriani fuggiti. Il più pericoloso è Adolf Eichmann, ex tenente colonnello delle SS, che Bauer vuole stanare dal nascondiglio argentino e processare a Bonn. Non sarà facile.

Il tormento del passato è un fuoco ancora vivo per la giovane generazione di registi tedeschi, chiamati come i loro padri a fare i conti con la Storia. Con quello che sta succedendo in Germania, tra gestione degli immigrati e nostalgie della destra xenofoba, vanno compresi.

Tuttavia Lo stato contro Fritz Bauer di Lars Kraume forma un dittico ideale con Il labirinto del silenzio di Ricciarelli, non solo per uno scrupolo edificante verso gli eroi della Germania “denazificata”, ma anche per la resa visiva, cromaticamente pastosa e di sciagurata piattezza televisiva.

Una “qualità” che finisce per far apparire questi prodotti tutti uguali. Quasi intercambiabili. Con i film dei loro padri non succedeva. Quello era cinema politico. Questo è marketing democratico.