L'illusionista

The Illusionist

4/5
Sceneggiatura di Tati, matita di Chomet: tenera e struggente, la magia umana, troppo umana di un prestigiatore e una bambina

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FRANCIA 2010
Nella Francia del 1959, un vecchio Illusionista la cui fama è stata oscurata da quella dei cantanti rock, si esibisce in piccoli teatri, in feste private e nei bar dei paesi. E' proprio durante uno dei suoi spettacoli in un fumoso pub di una cittadina della costa scozzese che l'illusionista incontra la piccola Alice, destinata a cambiargli la vita. La bambina lo elegge a suo eroe personale, si convince del fatto che i suoi trucchi siano reali e decide di seguirlo a Edimburgo. L'illusionista, lusingato dall'entusiasmo di Alice, la accoglie in casa sua e decide di non rivelarle la verità sui suoi trucchi e così comincia a coprirla di costosi regali perché abbia tutto ciò che desidera. Come tutte le altre bambine, però, Alice è destinata a crescere...
SCHEDA FILM

Regia: Sylvain Chomet

Soggetto: Jacques Tati - sceneggiatura

Sceneggiatura: Sylvain Chomet - adattamento

Musiche: Sylvain Chomet

Montaggio: Sylvain Chomet

Altri titoli:

L'illusionniste

Durata: 80

Colore: C

Genere: ANIMAZIONE

Specifiche tecniche: D-CINEMA, (1:1.85)

Tratto da: una sceneggiatura di Jacques Tati

Produzione: BOB LAST, SALLY CHOMET PER DJANGO FILMS, CINEB, PATHÉ PICTURES INTERNATIONAL

Distribuzione: SACHER DISTRIBUZIONE - DVD: FELTRINELLI - LE NUVOLE (2011)

Data uscita: 2010-10-29

TRAILER
NOTE
- PRESENTATO AL FESTIVAL DI BERLINO 2010 NELLA SEZIONE "BERLINALE SPECIAL".

- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE E ALL'OSCAR 2011 COME MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE.
CRITICA
"Premessa: Sylvain Chomet è un genio. E' un grande disegnatore, con un tratto amabilmente 'rétro' che deve qualcosa anche a fonti extra-grafiche come il cinema di Jacques Tati. Ed è anche un grande narratore, con un respiro narrativo degno dei classici dell'animazione. Il pubblico italiano lo conosce per 'Les triplettes de Belleville', gioiello del 2003. 'L'illusionista', uscito in Francia nello scorso mese di giugno, è dello stesso livello e racconta una storia da cinema 'vero'. (...) Distribuisce la Sacher di Nanni Moretti, una garanzia. Vederlo è un'immersione in un cinema poetico che, come l'arte dell'illusionista, si credeva scomparso." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 29 ottobre 2010)

"E' passato troppo tempo. Ma per fortuna Sylvain Chomet è tornato. Il genio dietro 'Appuntamento a Belleville' (2003), uno dei migliori cartoni dell'ultimo decennio, torna a disegnare il suo mondo retrò fatto di cabaret, linguaggi ancestrali che sembrano il gramelot di Dario Fo, solitudini orgogliose e fotogrammi disegnati a mano lievi come acquerelli. Stavolta c'è di più. C'è Tati. Il grande cartoonist francese ha avuto infatti la fortuna di trasformare in film una sceneggiatura di Jacques Tati rimasta inedita per anni. (...) Malinconia, dignità e disillusione dell'illusionista. Geniale come il disegno di Chomet sia fedele allo spirito di Tati. Un grande comico astratto incontra il disegnatore più anacronistico del mondo. Se si fossero conosciuti sarebbero diventati amiconi. Magia per spiriti eletti." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 29 ottobre 2010)

"Arriva dalla Francia un film d'animazione assai particolare, amorevolmente tratto da una sceneggiatura dimenticata nel cassetto dal mitico Jacques Tati. 'L'illusionista' è firmato dal connazionale Sylvain Chomet di 'Appuntamento a Belleville' (2003), pressoché ignorato in Italia nonostante la sua splendida grafica sospesa tra iperbole e humour." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 29 ottobre 2010)

"Ha quel certo fascino la vecchia Parigi dipinta nei film d'animazione, da quella classica d'inizio '900 degli 'Aristogatti' al più recente affresco da guida gastronomica di 'Ratatouille'. Quando poi ci mette mano un'artista sensibile francese come Sylvain Chomet si possono toccare corde più delicate per cogliere note poetiche inusitate. (...) L'inedita e atipica storia melanconica viene animata da Chomet con rispettoso amore, che cambia decisamente registro rispetto al ritmato umorismo del suo 'Appuntamento a Belleville'. 'L'illusionista' è infatti più uno stato d'animo poetico di 90' senza obbligo di lieto fine. E una tranche de vie collettiva con una spiccata attenzione e conoscenza per il mondo artistico umano che fu, osservato e rivissuto in un passaggio d'epoca clou. (...) Morale della fiaba? Forse non c'è, come nemmeno un vero happy end. E una lettera d'amore, 'non da intellettualizzare' - raccomanda Chomet - «semmai è un modo di spiegare la vita in rapporto alle illusioni, ma non è in contrasto con la magia. Basta non essere vittime di moda e pubblicità»." (Thomas Martinelli, 'Il Manifesto', 29 ottobre 2010)

"Il film con attori che Jacques Tati scrisse e non poté realizzare mezzo secolo fa è diventato il film d'animazione di Sylvain Chomet. Presentato fuori concorso a Berlino, s'ispira alla paternità negata da Tati alla figlia avuta da una ballerina tedesca durante l'occupazione della Francia. Negata nella realtà di allora, auspicata nel film, col senno di poi. (...) Il disegno è quello classico, a matita; la bellezza è quella di una volta: la migliore." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 29 ottobre 2010)

"Non fidatevi dell'unica didascalia-biglietto che vedrete ne 'L'illusionista'. I maghi esistono, altroché. E il francese Sylvain Chomet è uno di loro. Regista di personalissimi film d'animazione (ricordate 'Appuntamento a Belleville'?) nei quali si compie il miracolo della settima arte. Come per magia si rimane affascinati, bocca aperta, mento inclinato verso l'alto, a seguire le gesta di un protagonista alto e allampanato, regale e raffinato, come l'illusionista (da cui l'omonimo titolo). (...) Grammelot sonoro alla Jacques Tati, mosaico di trovate visive e tracce musicali (sempre ad opera di Chomet) per un film che si giova di sfondi sfumati come acquerelli di Cezanne e tratti intensificati, china nera nei contorni, per figure centrali fluide e dettagliate, anche solo per lo sventolare d'impermeabili, cinture e grembiuli. 'L'illusionista' è, infine, cinema d'animazione che sfrutta appieno la possibilità di scomposizione e sconvolgimento del profilmico. Nella stessa scena, il quadro si separa sia tra profondità di campo e primo piano (ad esempio all'autolavaggio), tra lato destro e lato sinistro dell'inquadratura (all'entrata della pensione) in una giocosa e attenta ricomposizione continua dello spazio e del visibile." (Davide Turrini, 'Liberazione', 29 ottobre 2010)