Tutti coloro che hanno conosciuto Carlo Tagliabue, morto improvvisamente ieri a Roma all’età di 68 anni, non possono fare meno di ricordarne la tranquillità del gesto, la saggezza della parola, la capacità di indurre al ragionamento.

Formatosi  alla solida scuola del cattolicesimo aperto e dialogante, mai invadente o sopra le righe, entrato presto in RAI dove ha avuto modo di lavorare fianco a fianco con nomi quali Ludovico Alessandrini, Andrea Melodia, Francesco Bolzoni, Tagliabue seppe ben presto operare una scelta precisa nella direzione del cinema che divenne l’ambito intorno al quale costruì una solida presenza di spessore e di sostanza culturale. E’ protagonista delle molte fasi che agitano il mondo del cinema nella fase della costruzione di un orizzonte organizzativo e gestionale, attraverso  una partecipazione sempre più aderente alla vita del Centro Studi Cinematografici (CSC), all’interno del quale ricopre incarichi di crescente responsabilità fino alla carica di Presidente nazionale a partire dall’inizio degli anni Novanta. Sotto la sua presidenza l’associazione affronta il difficile periodo della transizione dalla vecchia gestione del circolo del cinema alla necessità di fare i conti con le nuove tecnologie. Un momento che significa cambiamento e riconversione, soprattutto dal cartaceo al web, sistema nel quale transitano testate storiche quali Ragazzo Selvaggio e Film, che Tagliabue dirige con elegante scioltezza.

Compito non facile comunque quello di ridare entusiasmo e motivazione ad una realtà come quella del circolo del cinema, pronto ad una lotta spesso disperata con le televisioni free e pay, internet, link, ipad e tutto ciò su cui corrono ormai i film. Anche qui Tagliabue ha assolto in pieno il suo compito, facendo forza su pazienza, generosità, disponibilità. Il cinema poi era talvolta il punto di partenza dei suoi molteplici interessi. Come Presidente del CSC era responsabile di Scrivere di cinema, i premi che ogni anni vengono assegnati  ad Assisi nell’ambito della rassegna Primo Piano sull’autore e dove il cinema vola a fianco di letteratura, poesia, critica cinematografica.  Una sua divagazione prediletta era per Gioacchino Belli. Chi ha avuto la fortuna di essere con lui, ricorda quando in occasione di incontri conviviali recitava a memoria e interpretava molti sonetti del poeta in perfetto dialetto romanesco. Conferma di un personaggio multiforme e non riconducibile ad una sola dimensione. Tutto infatti è andato di pari passo con una sterminata attività saggistica e pubblicistica, di cinema, di critica, di storia. Una lezione sempre attuale, sempre moderna. Grazie Carlo.